Caos forconi: scontri, proteste violenze. Una settimana ad alta tensione
Ipermercati della zona industriale costretti alla chiusura, mercato ortofrutticolo serrato, negozianti del centro minacciati e obbligati ad abbassare le serrande, cortei studenteschi non sempre pacifici che bloccano importanti snodi stradali, una ragazza finita in ospedale per danni all’udito in seguito all’esplosione di un botto lanciato dai manifestanti e finito in un’aula del Liceo Classico. E’ il bilancio della settimana di manifestazioni (10-14 dicembre) lanciata dai cosiddetti “forconi”, il nebuloso e inquietante movimento di protesta composto da camionisti, autotrasportatori, agricoltori, disperati vari e tenuto insieme dall’ultradestra neofascista di Casa Pound e Forza Nuova. A colpire della cinque giorni di proteste è stata l’assoluta mancanza di obiettivi, progettualità e cultura rivendicativa. La rivolta vaga, opaca e indistinta ha assunto sin da subito contorni cupi, violenti e inquietanti. Il caos è partito martedì 10 dicembre: un centinaio di manifestanti delle città vicine (nutritissima la “delegazione” di andriesi e barlettani) ha marciato compatto verso la nostra zona industriale assediando i cancelli dell’ Exprivia. Volano minacce e parole grosse, la tensione sale alle stelle. Arriva il vicesindaco Bepi Maralfa (attivissimo durante l’intera settimana di proteste in qualità di Assessore alla sicurezza), i carabinieri, la guardia di finanza e i vigili urbani. Segue un lungo tira e molla tra manifestanti- autoritàdipendenti. Intanto verso le 15 l’Outlet Fashion District, Emporio Amato, Lidl, Decathlon, Eurospin decidono di chiudere. Sui social network le notizie rimbalzano frenetiche e confuse. I manifestanti espongono un tricolore, lanciano slogan astratti e vaghissimi contro la crisi e sembrano non andare per il sottile. Anche al Nord la protesta dilaga, ma nessuno sa ancora chi siano veramente i protagonisti della rivolta. Intanto i lavoratori di Exprivia cedono e abbandonano i propri posti di lavoro. Il corteo si dirige verso il centro cittadino e sfila lungo il Corso Umberto. Ai negozianti viene intimato di abbassare le saracinesche, qualcuno cede. Gli animi si scaldano. Tra i manifestanti è facile riconoscere numerosi esponenti dell’estrema destra, quella che nei fatti, come è stato più tardi accertato, ha fornito “l’impalcatura organizzativa” di tutte le proteste. Parlano di lavoro da ridare agli italiani, di sovranità popolare, di ribellione per riprendersi la dignità. Oltre a operai, camionisti e qualche facinoroso, scendono in campo anche gli studenti preoccupati per il loro futuro. Scioperano, disertando le lezioni, ma si registrano violenze ed episodi incresciosi. Alcuni aggrediscano la piccola autovettura di una anziana signora di ottant’anni, terrorizzandola con insulti e minacce, altri irrompono nelle aule di una scuola del centro, interrompendo l’attività didattica, altri ancora si abbandono a piccoli atti di vandalismo. In città cresce la paura, il sindaco Paola Natalicchio, tranquillizza tutti e scrive una bellissima lettera aperta agli studenti. A questo punto le proteste hanno rischiato di diventare un vero e proprio incubo con il pericolo aggiuntivo che i più giovani potessero essere strumentalizzati. La seconda giornata di protesta (mercoledì 11) si apre con il mercato ortofrutticolo chiuso. Il mercato che costituisce una delle più importanti strutture all’ingrosso della Regione rimane serrato e senza approvvigionamenti, mentre gli studenti scendono ancora in piazza. Verso mezzogiorno ragazzi e manifestanti attraversano Corso Umberto costringendo gli esercizi commerciali a chiudere. Le forze dell’ordine seguono la protesta ma intervengono solo per evitare scontri con chi pacificamente si oppone mentre Bepi Maralfa segue tutte le fasi della protesta. Dopo, seguono ancora ore drammatiche con diversi facinorosi che cercano di bloccare la strada provinciale per Terlizzi e l’accesso alla 16 bis. Intanto la “rivolta dei forconi” è sulla bocca di tutti. Su Internet non mancano i consensi, soprattutto di chi disperato crede che abbandonarsi a una protesta violenta e indefinita, sia la migliore soluzione, ma in moltissimi iniziano a prendere le distanze. L’aria viene definitivamente arroventata da un petardo che il giorno seguente (giovedì 12 dicembre), viene lanciato dai manifestanti all’interno di un’aula del Liceo Classico. I ragazzi del Leonardo da Vinci infatti hanno avuto il coraggio di dire no alla protesta, di prenderne le distanze e di denunciare la dimensione violenta e antidemocratica del movimento. Tre ragazzi e il loro docente, seduti nelle immediate vicinanze della finestra, accusano un forte senso di stordimento causato dalla temporanea perdita dell’udito, conseguente al frastuono dello scoppio. Subito prima tre individui si presentano all’ingresso chiedendo insistentemente il nome del rappresentante d’istituto, sicuramente con intenzioni intimidatorie. Gli studenti resistono esasperati: “Siamo stanchi. Il nostro no al nuovo squadrismo fascista lo stiamo pagando a caro prezzo. Noi studenti del Liceo Classico “L. da Vinci” stiamo diventando vittime di questa vuota protesta per difendere il nostro diritto allo studio”. E’ questo il picco di tensione delle proteste. La situazione è tesa, caotica e potenzialmente esplosiva. Un’utilitaria, grigio metallizzata, scorrazza per le vie del centro provando a creare scompiglio, lanciando petardi tra i piedi dei passanti. I ragazzi delle scuole superiori bloccano il traffico su via Terlizzi e poi tentano di occupare i binari, proposito sventato solo dal tempestivo intervento delle forze dell’ordine. Ma la Molfetta responsabile alza la testa e prende il sopravvento. Già la sera prima in una riunione dei rappresentanti di istituto di liceo classico, scientifico, magistrale, commerciale, gli studenti decidono di entrare regolarmente e approfondire la situazione in assemblee di classe, mentre si pensa concretamente a una contromanifestazione non violenta da tenersi di sabato. Il fronte degli studenti si è spaccato e chi protesta inizia a perdere pezzi. Il mercato ortofrutticolo riprende la sua attività, i negozi del centro aprono regolarmente. I carabinieri discreti, ma efficienti, identificano in poche ore l’autore del lancio del petardo presso il Liceo Classico: è un minorenne di Molfetta che viene denunciato. Il peggio è ormai alle spalle. Seguono due giorni di cortei studenteschi. Venerdì 13 dicembre quasi 2.000 studenti (Alberghiero, Itis, Commerciale, Ipsiam, Professionale, Pedagogico) hanno lasciato perdere zaini e quaderni, disertando ancora le aule cittadine e animando un’altra giornata di proteste. E’ seguita sabato 14 dicembre una contromanifestazione dei Licei cittadini e degli studenti di Linguistico, Pedagogico, Professionale e Industriale che a differenza della maggioranza dei loro compagni è rimasta nei giorni precedenti in aula, e nella quale ci si è dissociati dalle violenze. Esemplare la reazione di carabinieri e polizia municipale, per tutta la durata delle proteste, che invece di eseguire irresponsabili prove di forza ha garantito con efficacia e discrezione la sicurezza dei cittadini.
Autore: Onofrio Bellifemine