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Bari, il consiglio regionale alla cerimonia in memoria di Aldo Moro
10 maggio 2011

BARI - Il presidente Onofrio Introna, il Gonfalone della Regione ed una delegazione di capigruppo e consiglieri regionali: il Consiglio regionale della Puglia ha commemorato la tragica scomparsa di Aldo Moro, “uomo di legge e di Stato pugliese”, nella cerimonia commemorativa del 33° anniversario della morte che si è svolta a Bari, in piazza Moro, davanti al monumento allo statista magliese, su iniziativa della Federazione dei Centri Studi "Aldo Moro e Renato Dell'Andro", presieduta dall’ing. Luigi Ferlicchia.

Il presidente della Repubblica Napolitano ha dedicato la giornata del 9 maggio alle vittime del terrorismo ed è al loro ricordo ed a quello di Moro e dei cinque agenti e carabinieri sacrificati in via Fani che ha fatto riferimento il presidente Introna in un breve intervento.
È intatto ha detto, il dolore davanti al “corpo riverso nella Renault” lasciata in via Caetani il 9 maggio 1978. “Era quello dell’uomo di Stato per il quale tutti avevamo trepidato nei 55 giorni della sua prigionia nelle mani delle Brigate Rosse. Un Paese lacerato da tensioni politiche e sociali si era unito in una protesta unitaria, in una lunga serie di dimostrazioni e di cortei, dove le bandiere rosse dei sindacati sfilavano insieme al Tricolore ed ai gonfaloni delle Istituzioni”.
Introna ha ricordato lo sgomento, gli sforzi compiuti da qualcuno per la liberazione di Moro, la posizione intransigente di altri.
“Trentatrè anni dopo – ha concluso - è viva la memoria dello statista pugliese, uno dei protagonisti della nascita della democrazia italiana nel dopoguerra, uno dei padri della svolta repubblicana e della Costituzione”.     
Alla cerimonia sono intervenuti il sindaco di Bari Michele Emiliano, il presidente della Provincia Francesco Schittulli, il vice prefetto vicario Antonella Bellomo, alla presenza del questore Giorgio Manari e delle massime autorità militari.

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L' “assalto allo Stato” di via Fani è opera della cosiddetta “Colonna Romana” delle Brigate Rosse: sulla 128 del Corpo Diplomatico, rubata poche ore prima, vi sono Prospero Gallinari, alla guida, e Valerio Morucci, nel posto accanto, armato con una mitraglietta Skorpion: sono loro due che fulmineamente escono dalla vettura, uccidono i due militi di scorta e subito dopo estraggono dall'auto l'onorevole Moro. Dalla siepe sull'orlo del marciapiede si lanciano intanto sull'Alfetta bianca Mario Moretti, cervello politico e organizzativo della “Colonna Romana”, Lauro Azzollini, Franco Bonisoli e Raffaele Fiore, uno dei killer più spietati di quegli anni di sangue. In posizione di sorveglianza, con le armi alla mano, altri due brigatisti e una donna, Adriana Faranda, già nota alla polizia per il suo attivismo tra i “sessantottini” delle università romane. Sullo sfondo, altri nove uomini e cinque donne, tra cui la temibilissima Barbara Balzerani, e un tipografo Enrico Triaca, ingaggiato dalla “Colonna” per assicurare i “servizi stampa” dai quali i brigatisti si ripromettono un'enorme amplificazione delle loro gesta, di cui il rapimento Moro non è che il colpo di grancassa iniziale: infatti, nel corso dei due durissimi anni successivi, la “Colonna” ucciderà freddamente altre dodici persone, organizzerà decine di attentati clamorosi, rapinerà non meno di otto banche, per procacciarsi i fondi, e collezionerà 122 capi di imputazione. ALDO MORO: nato a Maglie (Lecce) il 23 settembre 1916, si laurea in legge nel 1937 e, nel 1939, è presidente della FUCI. Con le elezioni del 18 aprile 1948 è stato deputato per la Democrazia Cristiana, a Bari, con 70.000 voti. Nel 1959 diviene sefretaqrio politico della DC, promuovendo l'apertura dell'area di governo alle sinistre, che si realizzerà poco dopo: nel 1963, lo stesso Moro presidierà un governo organico di centro-sinistra con la partecipazione diretta dei socialisti. Tale formula durerà, tra alti e bassi, sino al 1975. Da allora, Moro comincia a lavorare per quell' “intesa programmata” con il PCI che sarà troncata dal rapimento e dal suo assassinio.
I 55 giorni più amari e pericolosi della giovane Repubblica italiana cominciano pochi minuti dopo le 9 di giovedì 16 marzo 1978. E' una tranquilla mattina di quasi primavera, e milioni di massaie, intente alle loro faccende domestiche, stanno ascoltando con orecchio distratto la trasmissione “Due voci e un pianoforte”, sulla Rete 2: Con la cantante francese Sheila, si esibisce Peppino Gagliardi; ma, nel bel mezzo di una canzone, la sua voce si interrompe bruscamente, sovrastata da quella affannata di un giornalista della RAI, Cesare Palandri: “Interrompiamo le trasmissioni - egli dice concitatamente -, per una notizia drammatica che ha dell'incredibile e che, se anche non ha avuto conferma ufficiale, purtroppo sembra vera. Il presidente della Democrazia Cristiana, onorevole Aldo Moro, è stato rapito poco fa, a Roma, da un commando di terroristi. L'inaudito episodio è avvenuto quasi davanti all'abitazione del parlamentare, nella zona della Camilluccia”. Come ogni mattina, alle ore 9, Aldo Moro accompagnato dalla sua scorta, si reca al lavoro. Da via del Forte Trionfale dove abitava Moro, verso via Fani………alle 9.15 scoppia il dramma fulmineo. All'angolo tra via Fani e via Stresa dopo un tamponamento con una 128 bianca dalla quale scendono due uomini armati di mitragliette che uccidono all'istante Oreste Leonardi, 51 anni e l'autista Domenico Ricci, di 44 anni. Altri quattro uomini sbucano da dietro la siepe di bosso che delimita il piccolo perimetro dei tavolini di un bar, sul marciapiede di destra. Le armi sussultano all'unisono e segnano la fine dei tre agenti di scorta: il brigadiere Francesco Zizzi, di 30 anni, l'agente Raffaele Iozzino, di 23 anni, e il collega Giulio Rivera, di 23 anni. Aldo Moro viene afferrato e trascinato su una 132 uguale identica a quelle ministeriali: la 132 si allontana a velocità normale. In via Fani, rimangono le cinque povere salme, le tre auto coinvolte nel tamponamento, i bossoli sparati, un mare di sangue. Il 9 maggio il corpo di Aldo Moro viene ritrovato nel bagagliaio di una Renault rossa abbandonata in via Caetani, a metà strada tra via del Gesù, sede della Democrazia Cristiana e via delle Botteghe Oscure, dove sorge la direzione del Partito Comunista. Una delle tante pagine oscure della Storia Repubblicana Italiana.
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