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25 Aprile a Molfetta: il sindaco Azzollini per la “riconciliazione”. Ma cosa significa?
25 aprile 2009

MOLFETTA - Il 25 Aprile, nelle parole del sindaco Azzollini questa mattina in Piazza Garibaldi, dovrebbe essere un giorno di “riconciliazione”. Riconciliazione forse con quella parte del popolo italiano che combatté dalla parte dei repubblichini di Salò, e che già due anni fa le forze politiche della destra molfettese rivalutarono, accomunandola a “tutti i caduti” della seconda guerra mondiale. Riconciliazione con quelle persone che continuano ad avversare le libertà, che vivono le conquiste della Resistenza italiana pur condannando il confronto a favore dell'imposizione, della monopolizzazione di privilegi e prerogative politiche. Ma il 25 Aprile non è la festa di tutti. Il 25 Aprile è la festa di quella parte del popolo italiano che lottò contro il nazi-fascismo per riconquistare i diritti di autodeterminazione e partecipazione, per fare della libertà la materia costitutiva della vita di ogni persona. Il 25 Aprile è la festa di quella gente che ancora “resiste” ai tentativi di far rivivere certi atteggiamenti, certi impulsi che spinsero al delirio di onnipotenza o a vivere all'ombra del potere. Per comodità, per il piacere della passività. Il movimento antifascista molfettese ha ricordato al nostro sindaco che la sete fascista di monopolio e intolleranza è sempre alle porte, ed è facile scoprirla pur fra le cornici di parole e discorsi applauditi, populisti. E il sindaco non ha tardato ad etichettare le voci dissonanti come indegne, di “poveracci”. Quei “poveracci” che ogni giorno sono costretti a lottare contro la fissità di condizioni già costituite, di una realtà in cui la produzione di merci determina a priori il numero di persone ammissibile all'esercizio di ogni attività particolare, opprimendo la richiesta umana a favore del bisogno commerciale. Perché gli spazi di quella libertà conquistata col sudore, con il sangue versato, le lacrime ancora cadenti, sembrano essere ormai inscritti in una logica di interesse, di profitto, di disprezzo dell'umanità insita in ogni azione, in ogni ricerca di se stessi. Il 25 Aprile è la festa della Resistenza che ogni giorno uomini e donne conducono contro la mortificazione dell'individualità, contro la reificazione dei valori, la mercificazione delle idee, del pensiero, contro il desiderio mimetico che spinge la gente ad omologarsi, a cercare se stessa nella massa, nei pregiudizi rassicuranti. Perché ogni uomo possa vivere i propri sforzi, il sapore del proprio pensiero, l'applicazione di ogni stimolo, la socialità della libertà.
Autore: Giacomo Pisani
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Osservando la coincidenza temporale con avvenimenti nazionali che ormai ci espongono alla pericolosa deriva di un regime di fatto, oligarchico, con un principe demagogo che di democratico non ha nemmeno più l'invulcro esterno, ci si chiede come tutto questo possa accadere. Se i regimi autoritari sono noti per le manipolazioni della storia, la democrazia di certo crea lo spazio per una elaborazione critica del passato, ma resta vulnerabile ai demagoghi. Cosa ancora più importante, dovunque, anche in contesti democratici, il riconoscere le responsabilità della propria parte, sia essa politica o etica, è difficile. Certamente tale processo rappresenta l'unica prospettiva lungiminante, che può garantire la necessaria stabilità politica e prosperità economica. Tuttavia, la mancanza di una riflessione comune sul passato rimane e molto lavoro deve essere fatto per la sua elaborazione. A partire dal 1989 il vaso di Pandora dell'Europa (e dell'Italia) si è aperto e molte delle memorie della estrema violenza sofferta in questo continente, sono riemerse. L'urgenza di arrivare ad una narrazione condivisa del passato è ormai evidente. Le due riconciliazioni non sono destinate ad essere mutuamente esclusive se vengono ricercate alla luce dei principi democratici e dei valori europei. Devono emergere narrazioni condivise nella sfera pubblica, insieme a nuovi simboli e luoghi della memoria che portini in se l'assunzione delle responsabilità, la compassione per le sofferenze degli altri e una incondizionata condanna della violenza. Riconoscere a tutti pari dignità, e pari interesse a ricostruire la verità, almeno UNA VERITA', quella Storica, se non fosse possibile quella giudiziaria. Questo spazio deve essere possibile, e questa intenzione deve essere condivisa. L'unico modo per fare un passo avanti su questo terreno, è passare dal "conosci te stesso" al "conosci il tuo avversario". Guardando così come va il mondo, dove va il futuro in società sempre più globalizzate, multiculturali e razziali, è il momento di abbassare le palizzate.

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