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Wwf recupera un favo con oltre 60.000 api in località Cola Olidda, a Molfetta
18 settembre 2009

MOLFETTA - Prosegue l'attività di recupero di api da parte dei volontari del Wwf Molfetta che, questa mattina, sono intervenuti all'interno di una villa privata in località Cala Olidda, nel territorio tra Molfetta e Giovinazzo. L'intervento, che si è svolto con la collaborazione del prof. Monaco della Facoltà di Agraria dell'Università di Bari, è stato eseguito a seguito della segnalazione che il proprietario della villa aveva riferito al numero verde del Wwf (800 085 898) indicando la presenza di un grande favo all'interno di un vano tecnico che, per problemi di sicurezza, non era mai stato reso accessibile. I volontari Wwf si sono trovati di fronte uno splendido favo, contenente oltre 60 mila api (apis mellifica), realizzato a metà marzo scorso. In circa cinque mesi di lavoro i piccoli, laboriosi, insetti sono riusciti a realizzare un favo della grandezza di un metro cubo circa; avrebbe potuto ospitare, dunque, un numero ancora maggiore di api se non fossimo ormai a fine estate. Tutti sono rimasti colpiti dalla spettacolarità della creazione, a partire dalla stessa proprietaria della villa, meravigliata da ciò che la natura riesce a fare. Con un pizzico di dispiacere il favo è stato asportato ma verrà costruito in un luogo più idoneo; sono state recuperate anche le api e circa sette chili di miele già pronto, prodotto senza la presenza di fitofarmaci o altre sostanze. Come ha ricordato Pasquale Salvemini, responsabile della sezione Wwf Molfetta, le api rientrano tra la fauna minore protetta dalle leggi dello Stato, che prevedono anche l'arresto per chi distrugge un favo e/o uno sciame di api, costume ancora molto diffuso nei cittadini. Per conoscere meglio questi meravigliosi, piccoli insetti, la sezione Wwf di Molfetta ha organizzato un corso, della durata di 60 ore, sull'apicoltura che dovrebbe partire a fine novembre. Per informazioni e iscrizioni, gli interessati possono rivolgersi, entro la fine di ottobre, presso la sede del Wwf Molfetta, in via Puccini 16, o telefonando al numero 080.9143819
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Dobbiamo imparare a vivere degli interessi senza utilizzare il capitale" Dal 1961, il WWF Svizzera si adopera in favore di uno sfruttamento sostenibile delle risorse del pianeta. A questo scopo, l'organizzazione non governativa richiama al proprio dovere anche l'economia. Per Hans-Peter Fricker, CEO dell'organizzazione, è necessario innanzitutto integrare gli attori economici nei vari processi: "Il nostro compito è fare delle proposte e cercare di convincere l'economia a sviluppare metodi, meccanismi e materiali per promuovere approvvigionamento, produzione e distribuzione sostenibili". Qual è la funzione del WWF nei confronti dell'economia? Hans-Peter Fricker: Il nostro obiettivo principale è cercare di stimolare l'economia ad avvalersi delle risorse naturali del pianeta in modo sostenibile. In quanto esseri viventi, dipendiamo dalle risorse disponibili sul nostro pianeta. Ciò vale anche per l'economia. Tuttavia, non possiamo consumare più risorse di quanto la natura è un grado di produrne. A livello tecnico-finanziario significa: imparare a vivere degli interessi senza utilizzare il capitale. Come deve reagire l'economia? Fricker: Siamo noi a dover fare delle proposte all'economia e cercare di convincerla a sviluppare metodi, meccanismi e materiali per promuovere approvvigionamento, produzione e distribuzione sostenibili. Cosa significa concretamente? Fricker: Per esempio, per quanto riguarda i generi alimentari, evitare di procurarsi assolutamente frutta e verdura da Paesi lontani e proporre invece i prodotti autoctoni. O per quanto concerne la fauna ittica, non conviene a nessuno consumare pesce da regioni in cui la pesca non è sostenibile o dove il pesce è ormai praticamente sparito. Che atteggiamento dovrebbe assumere il consumatore allora? Fricker: Auspichiamo che il consumatore si informi sui prodotti offerti dal mercato. Per raggiungere questo scopo promuoviamo costantemente grandi campagne d'informazione, per esempio sotto forma di piccoli opuscoli informativi che aiutano a prendere la decisione giusta quando si fa la spesa al supermercato. Cosa rappresenta il WWF? Fricker: Il WWF è stato fondato nel 1961 negli Stati Uniti sulla scia della crescente convinzione che, dopo la Seconda guerra mondiale, era venuto il momento di contrastare lo sviluppo incessante - negli Stati Uniti come nel Vecchio continente - a spese della natura. La lotta contro lo sfruttamento selvaggio della natura diede anche origine al nome di allora: World Wild Life Fund. Successivamente, il nome venne "aggiornato" a World Wide Fund for Nature. Quali sono gli obiettivi dell'organizzazione? Fricker: Gli obiettivi dell'organizzazione non governativa WWF possono essere riassunti in tre punti: in primo luogo arginare l'atteggiamento consumistico nocivo in modo da contrastare i danni e l'inquinamento ambientale. In secondo luogo, curare la molteplicità biologica e, terzo, contribuire a sviluppare uno stile di vita che sfrutti le risorse naturali in modo sostenibile. Si tratta quindi di promuovere un modo di vivere in totale armonia con la natura. In che modo si finanzia il WWF? Fricker: Innazitutto grazie alle donazioni da parte della popolazione. Dalla costituzione dell'organizzazione, nel 1961, siamo riusciti ad acquisire 220'000 affiliati. A essi si aggiungono circa 100'000 sostenitori, ovvero persone che non sono esplicitamente membri, ma che ci sostengono tramite donazioni oppure che acquistano articoli da noi. Questo genere di aiuti finanziari da parte della popolazione rappresenta circa i due terzi delle donazioni totali che riceviamo. Un ulteriore terzo delle nostre entrate proviene dalle collaborazioni a vari progetti o da legati e donazioni da parte di grandi mecenati. Si tratta di privati che ci affidano denaro tra i 20'000 e i 2'000'000 di franchi. Inoltre, non bisogna dimenticare ad esempio le fondazioni a scopo ambientale, che ci sostengono nel corso di parecchi anni. Le vostre entrate provengono quindi esclusivamente da donazioni? Fricker: La maggior parte sì. A volte registriamo anche ricavi per prestazioni o servizi svolti. Non siamo un'impresa di consulenza, ma spesso siamo chiamati a collaborare a vari progetti in ragione del nostro know-how. Inoltre, mi capita sovente di tenere delle presentazioni davanti a un pubblico di persone facoltose. Questi fondi sono destinati al WWF Svizzera. Ulteriori forme di ricavo sono i contratti di licenza con le imprese per le quali distribuiamo prodotti. Per utilizzare il nostro nome e il nostro marchio, queste aziende ci versano delle tasse di licenza. A queste entrate si aggiungono i ricavi provenienti da gruppi economici come "Wood Group", costituito alcuni anni fa. Lo scopo di questo gruppo è promuovere il marchio FSC, ovvero la gestione delle foreste ecologica e socialmente compatibile, e incrementare a livello globale la quota di prodotti FSC. Migros e Mobili Pfister fanno riferimento a questo gruppo, ma anche svariati produttori e rivenditori di legname. Queste aziende ci sostengono in occasione di campagne comuni per la promozione pubblica del marchio FSC. La coordinazione di questi progetti è compito nostro. Lo stesso vale per "Climate Group" e altri progetti. Infine, al nostro "indotto" bisogna aggiungere gli interessi derivanti dal nostro patrimonio, che ormai ha raggiunto una certa cifra e ci consente di compensare le oscillazioni del mercato delle donazioni. Anche come organizzazione non governativa (ONG) siete comunque tenuti a orientarvi al profitto. Che percentuale delle vostre entrate confluisce direttamente all'organizzazione? Fricker: Il nostro scopo è cercare di non superare il 35% delle entrate per i costi amministrativi. Si tratta di uno standard riconosciuto dalla fondazione ZEWO, ovvero il servizio svizzero specializzato delle istituzioni di utilità pubblica che raccolgono doni. L'amministrazione comprende voci di bilancio quali l'infrastruttura, l'informatica, la contabilità e l'acquisizione di fondi (fund raising). Per lavorare in modo serio sono necessari strumenti professionali. Durante un anno normale riusciamo generalmente a centrare questo obiettivo. Che ruolo ha la trasparenza nell'utilizzo dei fondi delle donazioni? Fricker: La trasparenza è una condizione irrinunciabile se si vuole essere credibili. La credibilità è infatti l'unico vero capitale di una ONG. Solo così può contare sul sostegno del pubblico. Che valenza hanno i negozi WWF per l'organizzazione? Fricker: Negli anni Novanta, i negozi WWF svolgevano un ruolo molto importante siccome avevano praticamente l'esclusiva sulla vendita dei prodotti ecologici. I consumatori che desideravano acquistare prodotti ecologici potevano rivolgersi ai nostri negozi oppure al nostro servizio di vendita per corrispondenza. Nel frattempo però la situazione sul mercato è diventata più difficile poiché sempre più grandi distributori e altri offerenti vendono merce ecologica. Ai nostri occhi ciò è persino positivo e lo riteniamo un successo. Allo stesso tempo però, i negozi WWF si ritrovano fortemente sotto pressione perché hanno perso la loro condizione d'esclusività. In che modo è possibile gestire un'organizzazione come il WWF non solo secondo principi economici, ma anche etici? Fricker: Se noi stessi non mettessimo in pratica quanto predichiamo non avremmo vita facile. Il nostro operato viene valutato dal nostro proprio sistema di gestione ambientale, secondo la norma ISO 14'001. Inoltre, siamo tenuti a collocare molto in alto l'asticella per quanto riguarda l'utilizzo etico delle donazioni. Per tale motivo operiamo un controllo reciproco interno all'organizzazione. Secono quali parametri retribuite i vostri dipendenti? Fricker: Anche su questo aspetto siamo molto trasparenti. A livello interno, pubblichiamo i salari dei nostri dipendenti e gli stipendi corrispondenti alle varie funzioni. All'esterno, rendiamo note le retribuzioni solo su richiesta. In ogni modo, ogni salario prevede una componente legata alle prestazioni che non viene resa nota. La massa salariale è comunque regolata secondo un sistema molto rigido. I salari che versate ai vostri collaboratori sono concorrenziali a livello generale? Fricker: Il WWF versa salari che in media sono inferiori del 20% rispetto a quelli pagati dall'economia "normale". Per le posizioni dirigenziali, questo disavanzo è ancor più marcato, mentre viceversa la differenza tende ad affievolirsi. Le ONG, generalmente, hanno costi salariali inferiori poiché da un collaboratore ci si attende anche una certo idealismo professionale. Contemporaneamente però ci muoviamo all'interno del libero mercato a livello di risorse umane e non possiamo assolutamente pretendere che i nostri dipendenti lavorino quasi gratuitamente. In caso contrario non saremmo professionali, e di conseguenza nemmeno efficienti. In ambito economico è necessario trovare sempre un certo equilibrio. In che modo il WWF Svizzera cura il rapporto con i propri dipendenti? Fricker: Come ogni altra impresa, abbiamo delle possibilità di imporci sul mercato solo con collaboratori motivati e altamente qualificati. Pertanto diamo molto valore a concetti quali la cultura aziendale. La compartecipazione dei collaboratori nei processi di modifica di carattere strutturale e organizzativo è per noi estremamente importante. Ciò riguarda anche la politica salariale e del personale. Abbiamo istituito una commissione composta da elementi selezionati tra i dipendenti per puntare pienamente sulla trasparenza interna. Constatiamo giorno dopo giorno l'efficacia di questo genere di dialogo con i dipendenti di organizzazioni come la nostra. Per molti, un atteggiamento di questo genere ha lo stesso valore del salario e rende il WWF molto attrattivo sul mercato del lavoro. Quanto conta l'immagine per un'organizzazione come la vostra? Fricker: È il nostro capitale più prezioso, attraverso il quale cerchiamo di convincere la gente a concederci donazioni anche importanti. Inoltre, la nostra reputazione ci rende credibili agli occhi dell'economia. La nostra immagine è allo stesso tempo anche un impegno poiché ci impone di muoverci esclusivamente all'interno di determinati standard. L'89% della popolazione svizzera conosce il WWF e almeno l'80% ci considera un'organizzazione degna di fiducia e anche simpatica. Grazie alle Oasi il WWF da oltre 40 anni protegge più di 30.000 ettari di Natura per un totale di oltre 100 Oasi in tutta Italia.

Cosa fa la natura e cosa fa l'uomo. Da un rapporto di Gaia Book negli anni '60/'75. Ogni anno perdiamo circa 11 milioni di ettari di terra arabile causa l'erosione, la desertificazione, la “tossificazione” e l'utilizzo di aree coltivate per scopi non agrari. Se questa tendenza continuerà incontrollata, entro il Duemila perderemo 275 milioni di ettari, il 18% delle terre arabili, e forse altrettanti entro il 2025: E non sono inclusi nella cifra i 7 milioni di ettari di praterie che scompaiono ogni anno causa la desertificazione. L'attività umana accelera molto i ritmi di erosione naturali. Coltiviamo ripidi pendii senza adeguati terrazzamenti, pratichiamo un'irrigazione poco razionale, usiamo eccessivamente i pascolo. Poi sfruttiamo troppo il suolo, finchè la sua solida struttura cede. Quello che è peggio, eliminiamo la protezione degli alberi. Il suolo portato via dall'acqua o dal vento finisce nell'oceano (e in piccola parte nei laghi). Ed è come se precipitasse in un grande “pozzo”, per non tornare mai più. Il fenomeno è assai grave per la nostra civiltà. Perché si formi uno strato superiore di 2,5 cm. Possono occorrere dai 100 ai 2.500 anni, secondo il tipo di suolo. Purtroppo invertire il processo è facile: si possono distruggere 2,5 cm. di suolo nell'arco di soli 10 anni. Ogni anno l'acqua porta via circa 250.000 tonnellate di suolo dai pendii montuosi e disboscati del Nepal, e altre tonnellate dalle colline pedemontane dell'Himalaya, nel settore indiano del bacino imbrifero del Gange. Così nel Golfo del Bengala si sta formando una gigantesca secca di circa 5 milioni di ettari. India e Bangladesh si contendono la futura isola, che vorrebbero chiamare rispettivamente Isola di New Moore e South Talpatty: Il Nepal, il paese che contribuisce maggiormente al fenomeno, non è nemmeno stato consultato. Ogni anno 12 milioni di ettari di foresta vengono cancellati dalla faccia della terra. In parte il problema nasce dal fatto che, dappertutto, c'è sempre più gente che chiede sempre più legno. Se la domanda continuerà a seguire le tendenze attuali, entro il 2000 potremmo consumare quattro miliardi di tonnellate di legno all'anno. Nel 1950 erano stati disboscati poco più di 100 milioni di ettari di foresta. Nel 1975 questa cifra è stata più che raddoppiata per soddisfare i bisogni di una popolazione sempre più grande. Per soddisfare la richiesta crescente, i boscaioli che commerciano in questo prodotto sono sempre più propensi a sfruttare le foreste tropicali e tagliare una quantità di alberi tropicali, per un totale di circa 4,5 milioni di ettari. Circa 250 milioni di piccoli coltivatori sono responsabili dell'eliminazione definitiva di almeno cinque milioni di ettari di foreste all'anno, e del grave degrado di altri 10 milioni di ettari. Sotto vari profili, tutti quanti noi siamo responsabili del declino delle foreste tropicali. Richiediamo legni duri pregiati come il “meranti”, il mogano, il teak e l'ebano a prezzi assurdamente bassi, e pretendiamo di acquistare a poco prezzo manzi che hanno pascolato in prati dove prima c'erano foreste. Finchè il manto della foresta rimane intatto, i fiumi scorrono con regolarità tutto l'anno. Quando la foresta scompare, a valle si hanno alluvioni seguite da siccità. I sedimenti portati via dall'acqua non solo insabbiano l'alveo fluviale, ma bloccano anche le centrali idroelettriche e danneggiano la pesca costiera. Ci sono molti milioni di persone che abitano nelle foreste tropicali, seguendo antiche tradizioni di vita. Disprezzate in genere dal mondo esterno, sentiamo parlare di loro solo quando scoccano frecce contro i bulldozer. Nell'Amazzonia brasiliana, che solo 500 anni fa ospitava 230 gruppi indigeni per un totale di circa 2 milioni di persone, adesso tali gruppi si sono dimezzati, e il totale è inferiore alle 50.000 persone. I Kapaio, per esempio, sono stati massacrati a migliaia da colonizzatori illegali e sono dovuti fuggire dalle loro terre........................

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