Vertice anticriminalità si scopre il rischio del racket dopo le denunce di Quindici
L’allarme criminalità a Molfetta si sta diffondendo a vista d’occhio. Il 2013 è iniziato con scippi e rapine in pieno centro e nella zona artigianale. Questo ha accresciuto la paura nei cittadini che non si sentono più al sicuro. Non sono casi isolati, visto che nella città sono state tantissime le macchine distrutte dal fuoco nel 2012. Troppi sono stati gli atti criminosi, in particolare nella zona artigianale a danno di alcuni imprenditori. Questo è stato l’argomento principale di un incontro tenutosi di recente alla sede all’Associazione Antiracket Antimafia tra Forze dell’Ordine e imprenditori locali, in cui non solo sono stati elencati alcuni eventi e furti (soprattutto di autovetture) accaduti per alcune imprese alla zona industriale (oltre a sospette aggressioni), ma si è anche palesata la possibilità che proprio questi episodi siano prodromici allo sviluppo del racket a Molfetta, come Quindici aveva già ipotizzato. Il racket è un’attività criminale generalmente volta ad ottenere da un operatore economico il pagamento periodico di una certa somma in cambio dell’offerta di “protezione” da una serie di intimidazioni che, in realtà, è lo stesso proponente a mettere in atto. Pare che proprio questa minacciosa nebbia si stia addensando sul Comune di Molfetta, e in particolare sulle attività imprenditoriali della zona industriale locale: un clima intimidatorio che sembra allargarsi di giorno in giorno. Com’è noto, da anni il racket si concentra nel Sud, dove la criminalità mafiosa e camorristica condiziona storicamente la vita e la sicurezza di molti cittadini. Ormai è un’emergenza provinciale, se non regionale, il costante furto di automobili che colpisce le province della Bat e di Bari. Da più di un anno, com’ è emerso dall’incontro all’Associazione Antiracket, questo fenomeno ha colpito anche la città di Molfetta. Il parco macchine dell’Ipercoop e delle imprese della zona ASI di Molfetta, come anche tutti gli altri parcheggi presso i negozi presenti nella zona industriale, sono diventati ormai un bacino di costanti furti di automobili. Ai criminali occorrono solo 10 minuti per far sparire l’auto. I malviventi per fuggire usano la SS 16bis spingendo o trainando il veicolo rubato. Si portano via il veicolo in direzione nord o sud di Molfetta utilizzando strade molto frequentate, ma di veloce scorrimento. In particolare, il “pizzo” è la più antica attività della mafia: un sicuro strumento economico per mantenere l’organizzazione e per acquisire capitali da reinvestire in altre attività criminali o nell’economia legale; il modo più efficace per esercitare il controllo sul territorio. Pagare il “pizzo” anche una sola volta consuma la propria libertà, non solo imprenditoriale. Di fronte alla minaccia, occorre uscire dall’isolamento: ogni tentativo di estorsione va subito combattuto, segnalandolo alle associazioni antiracket e denunciandolo alle Forze dell’Ordine. In realtà, continuano a susseguirsi a Molfetta atti criminosi che attentano alla sicurezza delle persone e delle cose, senza che iniziative di conoscenza e contrasto siano state coordinate e rafforzate da parte dell’Amministrazione Comunale uscente di centrodestra presieduta dal sen. Antonio Azzollini, che ha sempre negato ottusamente un fenomeno evidente. Anzi, in un Consiglio comunale del maggio 2012 una maggioranza irresponsabile aveva dichiarato che «negli ultimi anni si è andata affermando la tendenza a rappresentare, agli occhi dell’opinione pubblica, episodi di microcriminalità e di vandalismo comune riportati come parte di un grande progetto criminale che aleggerebbe sulla nostra città». Una «rappresentazione catastrofica» dettata dai «media locali» e «spalleggiata anche dalle parti politiche avverse all’amministrazione civica in carica». Dunque, era solo colpa dell’opposizione e di “Quindici”, l’unico diornale a Molfetta a lanciare l’allarme, se i cittadini di Molfetta avvertivano con preoccupazione l’allarme sicurezza e il diffondersi della criminalità. «Si vuol far credere ai cittadini di vivere all’interno di una città lasciata allo sbando, creando artificiosamente un’immagine che poco ha a che fare con la Molfetta nella quale ognuno vive», la netta posizione presa dalla maggioranza di centrodestra. La realtà è ben diversa da queste dichiarazioni di facciata. E, purtroppo, la cronaca ci ha dato ragione, avevamo visto giusto, mentre altri irresponsabili media continuavano a parlare di isola felice. Certo, avremmo preferito avere torto, ma occorreva guardarsi intorno e non ingannare i cittadini per compiacere il potente di turno come ha fatto anche certa stampa regionale. Ora si scopre che Molfetta non è più quell’isola felice: ma il cambiamento non è avvenuto da un giorno all’altro, è stato continuo e l’involuzione dura tuttora. Questa è l’amara verità. La maggior parte dei cittadini oggi si chiede, se denunciare convenga davvero. Ma la denuncia è la via più conveniente: oggi esiste una vasta e solida rete di sostegno nelle istituzioni (Forze dell’Ordine, Magistratura, Enti locali, ecc.) e nella società civile (associazioni antiracket, associazioni di categoria, ecc.), che affianca chi denuncia il racket permettendogli di riprendere, o di continuare, la propria attività in piena sicurezza dopo essere stato integralmente risarcito dei danni subiti. Purtroppo, poco si conosce dei furti di auto o di alcuni episodi criminosi (si parla addirittura di un cacciavite puntato alla gola di un dipendente all’uscita da lavoro), forse perché non si vuole danneggiare l’immagine della zona industriale dal momento che i consumi dei cittadini sono a livelli bassi. Sarebbe opportuno che i centri commerciali si munissero di strumenti utili a proteggere gli interessi dei consumatori e di conseguenza quelli propri. Il Comune dovrebbe, invece, illuminare adeguatamente la zona industriale e pianificare un controllo accurato del territorio che sembra abbandonato da troppo tempo. La microcriminalità non va sottovalutata perché, come è accaduto in passato, c’è il rischio che cresca e si organizzi, divenendo più pericolosa e allora sarà più difficile combatterla.
Autore: Andrea Saverio Teofrasto