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Value Investing tra economia e filosofia
15 settembre 2009

Sotto l’egida di Cattolica Popolare Spa, Cattolica Partecipazioni ha organizzato in quel di Trani presso l’Hotel San Paolo Al Convento, il 6th Value Investing Seminar. Il successo partecipativo è stato determinato dalla folta presenza di qualificati ospiti italiani e stranieri che hanno sviscerato l’argomento in discussione, ossia il Value Investing, con estrema precisione e puntualità. Ma cos’è il Value Investing? Lo abbiamo chiesto al dott. Ciccio Azzollini della Cattolica Partecipazioni che con il suo staff, coaduviato dalla signora Valeria Paloscia, ha curato l’organizzazione del convegno. Dott. Azzollini di cosa si tratta di una filosofia, di una scuola di pensiero, oppure? «E’ un modus operandi che nasce dell’intersezione tra psicologia ed economia. La prima serve ad individuare i comportamenti eccessivi, tipici dell’emotività propria dell’essere umano, che portano a volte l’investitore a disfarsi delle partecipazioni ignorando i valori fondamentali dell’azienda. Il secondo aspetto, ossia l’economia, serve a saper valutare gli assets e la capacità dell’azienda di produrre free cash flow (flussi di cassa), al fine di determinare il valore reale della stessa». Quali sono le caratteristiche debbano possedere le aziende trattate secondo questa filosofia? Bisogna valutare gli asset, ossia le capacità produttive che un’azienda ha a disposizione, conoscere il cashflow cioè la liquidità di denaro a disposizione di un’impresa, basarsi sulle conoscenze qualitative del management che per essa opera.. Scendendo nei dettagli cosa vuol dire studiare una società? «Analizziamo i bilanci degli ultimi 10 anni cercando di individuare quello che è il valore intrinseco della società, e lo confrontiamo con quello che è la capitalizzazione del mercato». Dove ha imparato questo sistema di investimento? «Dopo la laurea, sono partito per gli USA, frequentando la Columbia University, e, la New York University, culle del Value Investing a livello mondiale». E’ un tipo d’investimento rischioso? «Eccetto quelli a reddito fisso, qualunque investimento incorpora una certa quantità di rischio, ma occorre capire quali sono le situazioni in cui esso stesso sia compensato adeguatamente dall’eventuale ritorno sull’investimento in un orizzonte temporale di cinque anni; tecnicamente ricerchiamo situazioni di rischio/rendimento di uno a tre, e la discrepanza tra l’eventuale valore d’impresa e il valore di mercato sia almeno del 50%. Detto in parole povere si cerca d’intercettare il classico “cinquanta centesimi per un dollaro”». Avete mai preso in considerazione le quote di aziende non rilevate dalla Borsa di Milano? «Sì. Ci è capitato d’investire nel Private Equity. Con qualche eccezione i risultati non sono stati dei migliori, a causa del carattere familiare, e quindi della poca trasparenza delle aziende considerate». La speranza che vogliamo far emergere dalle pagine di Quindici, è che iniziative del genere in città si moltiplichino, riteniamo che indipendentemente dalla merceologia in questione, i giovani con voglia di fare possano trovare lo spazio che Ciccio Azzollini e la sua equipe hanno saputo ritagliarsi.

Autore: Michele Mininno
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