Una pietra d’inciampo per le vittime del bombardamento tedesco del 6 novembre 1943
Mentre l’Italia è divisa fra Repubblica Sociale Italiana e Regno del Sud occupato dagli Alleati anglo-americani, il 5 novembre 1943 la Fifth Army (5a Armata statunitense) inizia una serie di attacchi sulla Linea Bernhardt difesa dal XIV Panzerkorps dell’esercito tedesco. Nel pomeriggio del 6 novembre dalla base aerea di Bergamo si alzano in volo i bombardieri Junkers JU 88A della 5a squadriglia del II Gruppo del Kampfgeschwader 54 “Totenkopf” della Luftwaffe, cioè dello Squadrone da combattimento 54 “Teschio” dell’aeronautica militare germanica. Per il lugubre stemma dipinto sugli aerei anche gli Alleati lo chiamano Skull Squadron, Squadrone del Teschio. I bombardieri tedeschi devono compiere una serie di attacchi di disturbo fra la Campania e la Puglia. Infatti fra le 18 e le 18.40 bombardano l’area di Napoli fra Secondigliano e Albanova, poi Termoli e Foggia. Fra le 20.30 e le 22.45 fanno incursioni sul porto di Bari, su Canosa, Molfetta e Santo Spirito. Dalla mezzanotte all’una sorvolano il porto di Bari, difeso dalla contraerea, e dalle 4.30 del 7 novembre riprendono l’assalto sulla rada barese fino alle 5.15 circa. È solo un’avvisaglia del catastrofico bombardamento del porto di Bari del 2 dicembre 1943, in cui un centinaio di Junkers JU 88 affonderanno 19 navi e uccideranno un migliaio di persone. Nei bombardamenti di sabato 6 novembre i lutti maggiori in Puglia li subiscono Canosa e Molfetta per una negligenza dei rispettivi comandi inglesi, che violano le norme di sicurezza dell’oscuramento. Infatti per le feste da ballo organizzate dai militari di occupazione nel salone della GIL (Gioventù Italiana del Littorio) di Canosa e nella scuola elementare “Cesare Battisti” di Molfetta le finestre non sono schermate e gli edifici risultano perciò illuminati. Un aereo nemico, attratto dall’alone luminoso, verso le 21.15 fa cadere su Canosa una decina di bombe, provocando una strage: 52 o 53 morti e 26 feriti. La tragica scena si ripete per Molfetta pochi minuti dopo. Avvicinandosi alla luminescenza dell’edificio scolastico molfettese, un bombardiere tedesco romba a bassa quota e sgancia una bomba, che cade non molto lontano dal bersaglio individuato. L’ordigno colpisce il caseggiato sul bordo della vicina campagna, all’angolo tra Via Capitano De Gennaro e Via Capitano De Candia, provocandone il crollo rovinoso. Nella mattina domenicale del 7 novembre, rimuovendo le macerie nei pressi di Via Capitano De Gennaro n. 17, si estraggono i cadaveri di una mamma e dei suoi tre figlioletti: Margherita Palumbo, di 25 anni, moglie di Saverio Amato, rimasto incolume perché lontano dall’abitazione durante il bombardamento; Angela Amato, di 6 anni; Francesco Amato, di 4 anni, e Nicolò Amato, di 1 anno. Nella sua abitazione allo stesso numero civico trova pure la morte Cosimo Caputi, di 35 anni, colpito da una scheggia della bomba. Si contano anche sedici feriti, se non di più. I funerali delle cinque vittime cominciano alle ore 13 dell’8 novembre, officiati dal vescovo Achille Salvucci, alla presenza delle autorità militari, civili e religiose, con la partecipazione commossa di moltissimi cittadini. Purtroppo, per le ferite riportate, il 9 novembre 1943 muore in ospedale anche un altro bambino, Antonio De Candia, di 2 anni. Affinché non vada perduta la memoria di questi sei morti innocenti, la sezione di Molfetta “Giovanni e Tiberio Pansini” dell’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia invita l’Amministrazione comunale a farsi promotrice della collocazione di una pietra d’inciampo in Via Cap. De Gennaro n. 17 con i nomi delle sei vittime della violenza nazista.