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Un vulnus alla scuola italiana
15 settembre 2015

Quest’estate, con la Legge 107/2015, la famigerata “Buona scuola”, sembrava destinato a realizzarsi il sogno di tanti docenti precari italiani che, dopo anni di supplenze annuali o brevi conseguite grazie alle Graduatorie a esaurimento o d’Istituto, avrebbero potuto godere della tanto sospirata stabilizzazione. È stato tuttavia subito chiaro che il piano straordinario di assunzioni decretato dal MIUR nascondeva insidie piuttosto gravi per chi avesse deciso di inoltrare entro il 14 agosto la domanda di assunzione a tempo indeterminato. Se le prime due fasi, denominate zero e A, sostanzialmente riproponevano le usuali procedure di assunzione, con copertura a tempo indeterminato dell’intero organico di diritto, non altrettanto poteva dirsi per le successive fasi, dette B e C. In particolare, è apparsa subito insidiosa la fase B. Poniamo che la docente Maria Rossi, abilitata per le classi A043, materie letterarie nella scuola media, e A050, discipline letterarie negli istituti tecnici e professionali, abbia inoltrato la domanda di assunzione. Se la docente è residente a Bari, avrà inserito nell’ordine di preferenza, tra le province, il capoluogo pugliese e, successivamente, le altre province della stessa regione. Il MIUR costringeva, però, i candidati a richiedere l’assunzione in tutte le province d’Italia. Ciò significa che la signora Rossi, nella sua domanda avrà indicato dopo Bari, Foggia, Brindisi, Lecce e Taranto, anche Potenza, Matera, Napoli, Salerno e via discorrendo, sino ad arrivare a Udine, Pordenone, Gorizia ecc. Ovviamente, la signora Rossi potrebbe essere madre di famiglia, magari con due bambine di tre e cinque anni e un marito impiegato a tempo determinato presso un’azienda nel territorio di Bisceglie. Due saranno state le opzioni per la Signora Rossi. Non presentare la domanda avrebbe comportato la non assunzione nei ruoli e la permanenza nelle Graduatorie a esaurimento, col rischio però di dover attendere ancora molti anni per il contratto a tempo indeterminato e di poter lavorare, con contratti a tempo determinato, al massimo per altri trentasei mesi, anche non consecutivi, perché così stabilisce l’articolo 131 della L. 107/2015. Poniamo che, nel dubbio, la Signora Rossi abbia deciso di far domanda di assunzione a tempo indeterminato. Infatti, la fase B prevedeva che fosse stilata una graduatoria nazionale, in cui ogni docente sarebbe stato inserito con il proprio punteggio di riferimento, della Graduatoria a esaurimento o del concorso. La sig.ra Rossi ha un punteggio di 180 punti, poiché lavora ormai da anni (ovviamente si tratta di un caso che stiamo simulando) e ha tre abilitazioni e un dottorato di ricerca, accanto a una seconda laurea. La sig.ra Rossi, che sarebbe più corretto chiamare prof.ssa Rossi, schizza in alto nella graduatoria nazionale; è decima, il suo caso viene subito esaminato dall’infallibile cervellone elettronico del Miur. Peccato che i posti a tempo indeterminato conferiti alla provincia di Bari siano inferiori a quelli destinati alle province di Milano, Pordenone, Torino e così via. Questi posti di A043 e A050 sono stati esauriti nelle fasi A e B, così come quelli a Brindisi, Lecce, Taranto: si sa, il Sud Italia è sempre la Cenerentola nel reiterarsi di una perenne questione meridionale. Così la prima provincia disponibile per la signora Maria Rossi è quella di Pordenone e nemmeno per l’A043 e l’A050, ma per l’AD00, sostegno nella scuola media, perché dimenticavo di dirvi che la sig.ra - accidenti: prof.ssa - Rossi è anche abilitata per insegnare ai bambini diversamente abili. Nella notte bianca tra il 1° settembre e il 2 settembre - così è stata definita con amara ironia - la sig.ra Rossi viene a scoprire la lieta (???) notizia della sua immissione in ruolo a Pordenone. Panico in famiglia: lasciare il marito e le due bambine a Bari? Sradicare le figlie e trasferirle a Pordenone? A Pordenone chi si occuperà di loro: la madre della sig.ra Rossi, che lascerà l’anziano marito per trasferirsi con la figlia a Pordenone? Ma i costi materiali di questa trasferta familiare saranno ripagati dall’effettivo stipendio della neodocente oppure solo dall’alta consapevolezza di aver raggiunto, come dice il ministro Giannini, il “valore” di un posto nello Stato? “C’è una chance di non andare a Pordenone”, dicono i sindacati alla prof.ssa Rossi. Se destinataria di una supplenza annuale a Bari, la professoressa potrà differire la propria partenza di un anno e, in questo arco di tempo, con la mobilità straordinaria prevista per l’a.s. 2016/2017, qualsiasi cosa potrebbe accadere. Anche che la prof.ssa in questione resti, ahimè, a Pordenone. La prof.ssa Rossi, che non affida ai “se” e ai “ma” il futuro della sua famiglia, non smembra quest’ultima, non costringe la madre anziana a trasferirsi in una terra che non conosce, rinuncia al contratto a tempo indeterminato. La conseguenza è che la prof.ssa Rossi, ma ora torneremo a chiamarla signora, è depennata dalle Graduatorie a esaurimento e forse non potrà più insegnare. E la “Buona scuola” di Renzi, Giannini & company, ma soprattutto gli studenti italiani perdono una docente con un bagaglio esperienziale non indifferente, tre abilitazioni, due lauree, un dottorato di ricerca in Letteratura italiana, la competenza nell’approccio alla diversabilità e, a giudicare dalla difficile scelta compiuta, un senso etico encomiabile. Di lì a poco, nella fase C, magari la signorina Giorgia Russo, trent’anni, 40 punti in graduatoria, esperienza limitata, nessuna abilitazione sul Sostegno, possibilità di trasferirsi al Nord, perché non assiste genitori invalidi né ha ancora famiglia, riceve una proposta di assunzione per l’organico potenziato, di supporto all’offerta formativa degli Istituti, nella provincia di Bari. Dieci giorni dopo, comincia a lavorare nella scuola sotto casa. Una roulette russa che non tiene conto dell’esperienza, della professionalità dei docenti, delle loro storie. Un freddo algoritmo che cancella anni di dedizione alla vera “buona scuola” italiana. Ecco cos’è il piano straordinario di assunzioni della L. 107/2015

Autore: Gianni Antonio Palumbo
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