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Un voto difficile
15 maggio 2022

S ì è proprio un voto difficile quello di domenica 12 giugno per le ammini- strative a Molfetta. Un voto ricco di incognite, anche se qualcuno si pro- clama già vincitore al primo turno, per il numero di liste e di candidati e per aver po- tuto gestire la campagna elettorale da palaz- zo di città. E non è poco. E’ vero che ci sono i pacchetti di voti che rendono forti e trasformisti alcuni politici alla Pino Amato che può cambiare casacca come quando vuole, passando con spregiu- dicatezza da uno schieramento a quello op- posto, avendo al seguito i soliti mille e passa pretoriani. Ci sono i soliti pagnottisti che fiutano l’aria e scommettono su uno o l’al- tro candidato, secondo le convenienze. Non mancano i mercenari pronti a vendersi al miglior offerente. E’ questo il risultato delle liste civiche, svincolate dai partiti tradizionali, nate non su un progetto di città migliore, ma di cit- tà più conveniente alle lobby dell’edilizia, del commercio (a proposito, avete notato come si sono spaccati in vista delle elezioni? E poi piangono!), dei professionisti sempre in caccia di un progetto irrealizzabile e irrealizzato, ma che importa: basta aver intascato l’importo. In questa altalena di alleanze, cambi di casacca, voltagabbana storici spicca Saverio Tammacco, eletto consigliere regionale del centrodestra, dopo aver abbandonato Michele Emiliano e il centrosinistra qualche giorno prima saltando sul carro di Raffaele Fitto credendolo vincente e poi ritrovatosi all’opposizione, senza contare nulla. Ma il nostro Saverio, esperto saltafossi politico, ritrovatosi appiedato, ma con un buon numero di voti nel suo carnet, ha deciso di ripercorrere la strada all’indietro come i granchi, per ritornare sotto l’ala di Emiliano nel centrosinistra, sicuro che il governatore, aperto a tutte le soluzioni, non lo avrebbe rifiutato. Ma il capolavoro più grande lo ha compiuto a queste elezioni comunali: a Bari con Emiliano e il centrosinistra, a Molfetta con Minervini e il centrodestra nello schieramento opposto, nel quale si è candidato con la lista “Insieme per la città”. Qual è il problema? A Emiliano questi schieramenti pasticciati piacciono, bisognerà vedere se piaceranno agli elettori. Ma tant’è Tammacco è sicuro del suo pacchetto spendibile dovunque. Chissà perché questo pasticcio non è stato messo in evidenza da nessuno: per non dispiacere Emiliano? Ecco la differenza fra i partiti di un tempo, quando l’ideologia impediva queste confusioni e le liste civiche formate spesso da soldati di ventura, più legati ad interessi personali che a quelli collettivi. E i fatti lo hanno dimostrato, con la vicenda “Appaltopoli”. C’è chi si serve degli ingenui abitanti di un quartiere, mostrandosi paladino dei loro diritti, per crearsi un bacino elettorale da zero (e “Quindici” li aveva smascherati subito certi personaggi) e chi rinnega il proprio passato, dove non lo considera più nessuno per passare sull’altra sponda, accolto a brac- cia aperte: che si fa per qualche voto. E non venuteci a parlare di progetti politici, perché certe alleanze sembrano veramente posticce, come quelle dei 5 Stelle con candidati di bassa qualità. Non mancano percettori di voti acquisiti grazie ai patronati, candidati sindaci trombati, i soliti… Amati che rinnovano la propria generazione politica, i portatori di interessi privati legati al porto, i senatori decaduti e molti altri nomi che si ripetono da 30 anni, mentre i giovani non fanno proprio una bella figura, soprattutto coloro che hanno imparato subito l’arte del saltafossi… “sempre nell’interesse della città”. Poi ci sono le liste civiche che strumentalizzano simboli religiosi e in par- ticolare riferiti al vescovo venerabile. E’ il caso della cosiddetta “Ala democratica” (vi ricorda nulla il sostantivo Ala?) che si è beccato anche una nota di biasimo dall’Uf- ficio diocesano delle comunicazioni sociali: «L’approssimarsi delle elezioni amministra- tive in tre delle quattro città della diocesi impone in questo momento delicato, at- tenzione e rigore per evitare, nella forma e nella sostanza, di utilizzare il nome del Ve- nerabile don Tonino Bello in qualsivoglia modo possa prestarsi anche lontanamente a strumentalizzazioni. È certamente auspicabile – secondo il pensiero della Chiesa locale e del suo pastore Mons. Domenico Cornacchia – che la Politica si ispiri e si nutra del magistero profetico di don Tonino, soprattutto che chi si offre alla Politica si ponga a servizio della comunità, senza servirsene. Ma questo deve essere desunto da stili di vita e programmi politici, non da manifesti o proclami fini a se stessi. Senza alcun intento polemico, invitiamo con forza tutte le formazioni politiche e i singoli candidati, trasversalmente, ad aderire ad un patto morale, fondato sul rispetto, che impedisca a chiunque di far uso di sim- boli sacri, così come del nome o delle im- magini di don Tonino a fini esplicitamente o larvatamente elettorali. La Politica con la P maiuscola lo esige. La sensibilità dei cittadini, credenti e non delle nostre città, anche». Sempre per restare nell’ambito del mon- do cattolico, non dimentichiamo la pesante nota della Consulta diocesana delle Aggre- gazioni Laicali e dell’Ufficio diocesano per la Pastorale Sociale e del Lavoro “Non ci di- suniamo!” che cita la relazione della Dire- zione Investigativa Antimafia (Dia) nella quale la nostra città risulta “febbricitante”, «sotto lo scacco di clan e di famiglie tristemente note che hanno fatto le piazze per i loro illeciti affari». E si tratta di criminalità non occasionale, come ha ricordato anche il Procuratore della Repubblica di Trani dott. Renato Nitti in un convegno del Rotary di Molfetta, parlando della città come “terra di mafia”. Il documento della Consulta ricorda come «si tratta di criminalità non occasionale, ma sistematizzata… Quella logica spesso si infiltra nella gestione economica e amministrativa delle città, generando zone d’ombra. La pratica diffusa del clientelismo e la rete di favori reciproci all’attenzione dalla magistratura indicano che in alcuni casi i tenta- coli della criminalità si allungano nelle zone di competenza delle Istituzioni, seducen- do le stesse, e minando i presidi della lega- lità, che dovrebbero invece rappresentare lo Stato, garantire tutti i cittadini, operare con trasparenza, soprattutto in materia di appal- ti e commesse». Di qui l’invito Non ci disuniamo! mante- nendo questa unità, che ci fa scegliere can- didati e liste in base a ciò che riteniamo, nell’intimo della coscienza, oggettivamen- te più giusto, coerente, in linea con quanto di costruttivo, onesto, libero, possiamo ga- rantire oggi, per domani, alla nostra città in termini amministrativi. Ecco perché questo voto è difficile e la tentazione di astenersi è forte perché come diciamo con la vignetta di Michelangelo Manente, si vorrebbe votare per il “sindaco che non c’è”. Ma rinunciare a un diritto, anche se è comprensibile, non è mai positivo: significa delegare ad altri, a quelli organizzati e irreggimentati, la scelta del nostro futuro. E’ un lusso che non possiamo permetterci! © Riproduzione riservata

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