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Ultima chiamata per il centrosinistra a Molfetta. L'ex sindaco Paola Natalicchio lancia un disperato appello all'unità del centrosinistra «L'incubo di un ballottaggio tra la destra peggiore e il trasformismo becero». Impresentabili sia Tommaso Minervini candidato deludente di una coalizione-accozzaglia, sia Isa de Bari «faccia pulita della squadra azzolliniana pronta a rimettersi in sella agli affari della città»
28 marzo 2017

MOLFETTA – Ultima chiamata per il centrosinistra. A farla è l’ex sindaco Paola Natalicchio (nella foto con Bepi Maralfa e Gianni Porta in occasione della vittoria del centrosinistra nel 2013) che lancia un appello contro le divisioni interne, i trasformismi, i ciambotti, fritti misti e quant’altro sta producendo la politica a Molfetta.

E ne ha per tutti per il supertrasformista Tommaso Minervini, «candidato deludente e che stia tradendo le aspettative che molti avevano sul suo conto. Attorno a sé, di nuovo, quindici anni dopo, una coalizione-accozzaglia, che terrà in pancia pezzi di centrodestra come Saverio Tammacco, Giacomo Rossiello, Mariano Caputo e Ninnì Camporeale».

«E per Isa De Bari, sorella di Giusy, braccio destro storico del Senatore, è pronta a riproporre un modello di sviluppo basato sull'esaltazione delle grandi opere e dell'urbanistica espansionista. Faccia pulita della squadra azzolliniana pronta a rimettersi in sella agli affari della città».

Ma questo è colpa anche del “milleinfranti” del centrosinistra, provocato soprattutto dalla distruzione del Pd, operata dall’ex segretario Piero de Nicolo, campione di trasformismo, da meritarsi l’oscar per la sua abilità politica a cambiare giacche.

«La gente non capirebbe se Gianni Porta e Bepi Maralfa giocassero divisi la partita, con l'incubo di un ballottaggio tra la destra peggiore e il trasformismo becero».

Di qui l’appello a rompere gli indugi: «Basta con le divisioni interne. Umiltà e unità. Possiamo farcela. Dobbiamo».

Ecco la nota integrale dell’ex sindaco Paola Natalicchio:

«DOVE E' FINITO IL CENTROSINISTRA A MOLFETTA?
Il dovere di umiltà e unità. La gente è stanca, basta con le divisioni interne.
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Per mesi ho tentato l'esercizio del silenzio sul "caso Molfetta". Ma le elezioni amministrative si avvicinano e anche se non voglio essere di ingombro e fastidio per nessuno - perché questo mi sembra, alle volte: che dopo tre anni di servizio onesto e appassionato a Molfetta io abbia anche qualcosa di gravissimo da espiare e qualche pena seria da scontare - credo sia giunto il momento di dire come la penso.

Penso che Tommaso Minervini sia un candidato deludente e che stia tradendo le aspettative che molti avevano sul suo conto. Attorno a sé, di nuovo, quindici anni dopo, una coalizione-accozzaglia, che terrà in pancia pezzi di centrodestra come Saverio Tammacco, Giacomo Rossiello, Mariano Caputo e Ninnì Camporeale. La più grande operazione di trasformismo politico degli ultimi due decenni, vestita del marketing di "Molfetta Positiva" e della generica "Smart City". Patrocinata molto probabilmente da quel Pd che ha avuto il coraggio di proclamarsi innocente sulla fine della esperienza amministrativa del 2013.

Penso che Isa De Bari sia una candidata pienamente rispondente al modello di sviluppo di città proposto da Antonio Azzollini. Sorella di Giusy, braccio destro storico del Senatore, è pronta a riproporre un modello di sviluppo basato sull'esaltazione delle grandi opere e dell'urbanistica espansionista. Faccia pulita della squadra azzolliniana pronta a rimettersi in sella agli affari della città.

Penso che né Tommaso Minervini né Isa De Bari vinceranno le elezioni al primo turno: la partita si giocherà al ballottaggio e Minervini e De Bari rappresentano il peggio delle forze conservatrici e reazionarie della città.

Penso che però noi non ci stiamo mostrando all'altezza di questa nuova sfida. E penso che in queste ore la città si chieda due cose: dov'è il polo dell'alternativa? dov'è finita l'unità delle forze di sinistra, progressiste, democratiche, ambientaliste, civiche?

Per ragioni chiarissime che sono evidentemente ormai sotto gli occhi di tutti - una divisione patologica insopportabile delle forze politiche locali - non ho continuato l'esperienza di sindaco di Molfetta. E per ragioni personali non mi ricandiderò alla carica di sindaco. Penso però che il centrosinistra locale debba fare un bagno di umiltà e debba smetterla di dividersi tra candidature diverse. Bisogna provare a mettere in campo una proposta politica che vada da Rifondazione Comunista a tutte le migliori energie che in queste ore, dinanzi all'evidenza di un Pd allo sfascio, stanno lasciando il partito e stanno cercando di mettere in piedi un nuovo progetto di cambiamento. Non abbiamo bisogno di una sinistra "milleinfranti", divisa tra diversi candidati, tutti rispettabilissimi. Abbiamo bisogno di un polo dell'alternativa, di una coalizione larga e competitiva, che riparta dalla nostra rivoluzione interrotta, ne corregga gli errori, ne rilanci le grandi sfide. Se le migliori forze partitiche (Rifondazione Comunista e Sinistra Italiana) e le migliori forze civiche (Linea Diritta e Dep, insieme ai fuoriusciti del Pd) si uniscono al posto di sfinirsi in interminabili tavoli "chiusi al pubblico" e scelgono un candidato unico noi possiamo di nuovo battere la destra, azzolliniana o trasformista che sia. Lo dico anche agli "autoconvocati" in assemblea del 1 aprile: si lavori in queste ore perché, pur nelle differenze, si arrivi ad un candidato unico che rappresenti al meglio la Molfetta pulita, perbene, progressista, coraggiosa e democratica.

Sinistra Italiana, il partito con cui sono convintamente schierata, aveva proposto il nome di una persona specchiata, competente e appassionata come Gano Cataldo. Si è ritenuto che questo nome fosse "divisivo", per ragioni francamente ancora non troppo chiare. E Gano ha fatto subito un passo indietro. Chiedendo due cose: umiltà e unità. Restano in campo i nomi di Gianni Porta e Bepi Maralfa, due compagni di strada con cui nel 2013 abbiamo provato a dare un volto e un'anima a un progetto di alternativa radicale dopo i 10 anni di centrodestra al potere. Per 1000 giorni, insieme, abbiamo assicurato alla città impegno e buongoverno. Non senza sbagli. Non senza difetti. E' giunta l'ora di riprovarci. E' inaccettabile dire che "il tavolo del centrosinistra si è rotto". La gente non capirebbe se Gianni e Bepi giocassero divisi la partita, con l'incubo di un ballottaggio tra la destra peggiore e il trasformismo becero.

Forse avremmo dovuto avere il coraggio di fare delle primarie e delegare alla nostra comunità la scelta del candidato unitario. Ma non è tempo di autoanalisi, è di nuovo tempo di azione. Vanno bene le autoconvocazioni, ma se c'è una classe dirigente a sinistra, come ho sentito ripetere per mesi e come credo fermamente, che adesso batta un colpo e ci dica chi è il candidato sindaco a cui consegnare il futuro di Molfetta. E lo dico con passione: se ci sono personalità pronte a rappresentare una nuova stagione di rilancio che si facciano avanti. Troviamo un candidato all'altezza, costruiamo liste pulite e popolate delle energie vitali della società cittadina. Fermiamo le corse solitarie, utili solo alla scissione dell'atomo e a deludere i già delusi, e rompiamo gli indugi.

Basta con le divisioni interne. Umiltà e unità. Possiamo farcela. Dobbiamo».

Una sferzata che rappresenta un’ultima chiamata al tavolo dell’unità, per rispondere alle richieste e alle esigenze non solo degli elettori di centrosinistra oggi sconcertati e disorientati, ma anche dei cittadini onesti che non vogliono un ritorno indietro e temono di assistere come un incubo a nuovi scandali, ad altri arresti, allo spreco di denaro pubblico per progetti faraonici e megalomani quanto inutili e improduttivi, che hanno caratterizzato la stagione azzolliniana, utili più a soddisfare l’ego politico individuale che i bisogni della gente.

Servirà quest’ultimo disperato tentativo di rimettere insieme i cocci del centrosinistra? Provarci è necessario e urgente. Per il bene della città e il futuro dei giovani generazioni disorientate e abbandonate a se stesse per colpa di politiche sbagliate e di scelte irresponsabili dettate più dalla ricerca del consenso a tutti i costi che dell’interesse generale e del bene comune.

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