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U ricche cu vressidde, li proviedde cu cereviedde, in scena il vernacolo di Molfetta Protagonista dello spettacolo il Collettivo di Teatro Popolare “Dino la Rocca”
08 marzo 2011

MOLFETTA – Un ritorno atteso e applaudito quello della commedia “U ricche cu vressidde, li proviedde cu cereviedde”, voluto dal bravo Giorgio Latino, regista attento e bravo caratterista del Collettivo di Teatro Popolare molfettese “Dino La Rocca”. La commedia in tre atti di Mauro Zaza rappresentata all’Odeon ha riproposto i quadretti di vita familiare molfettese dei tempi andati, coloriti da un vernacolo ricco di sfumature e da una gradevole musicalità che ricorda il linguaggio dei nonni, oggi in parte dimenticato.

Una storia semplice, ambientata a cavallo della guerra d’Africa (1936) in una casa povera, ha fatto da sfondo alla rappresentazione della vita paesana della Molfetta del borgo antico, dove tutti si conoscono e si raccontano, dalla padrona di casa, la bravissima Mena Pischettola (Carmenodde), autentica popolana che fa del pragmatismo la sua regola di vita e lo strumento per garantire alla famiglia di sopravvivere alla miseria anche attraverso l’artificio della chiromanzia, all’onesto ciabattino Carlucce, ottimamente interpretato da Giovanni Saltarelli, che rende credibile il suo personaggio con la sua incrollabile dignità e la sua rassegnata fierezza agli ideali di un comunista che preferisce la fame a un posto comodo di bidello, ma con l’obbligo di deferenza al fascismo. Subisce, però, le piccole illegalità della moglie, giustificate dallo stato di necessità.
 
I due figli, uno un po’ scemo, eterno ragazzo (il simpaticissimo Franco Todisco) che odia la scuola, ripetente a vita e l’altro che sopravvive con lavori saltuari (Vito la Rocca), ruotano attorno alla figura della madre che ne determina vita e destini.
 
Fanno da cornice ai personaggi principali, l’immancabile nonno incontinente, le comari del quartiere, il maresciallo dei carabinieri, il macellaio truffato, il servo sciocco, l’insegnante e la proprietaria terriera da sfruttare. Non poteva mancare il personaggio di Piripicchio (Michele Ruggiero), autentico protagonista dell’epoca, maschera della commedia dell’arte di strada, dalla comicità e dalla mimica irresistibile.
Fra questi emerge la figura del cav. Caltengo, mediatore mitomane dall’altisonante nome settentrionale, con le classiche pezze al sedere, che fa dell’imbroglio la sua regola di sopravvivenza, ben raffigurato da Giorgio Latino, un veterano della commedia in vernacolo, che mostra il meglio della sua esperienza pluriennale nel tentare di raggirare l’onesto ciabattino, per ottenere la riparazione gratuita delle sue scarpe.
 
Insomma, momenti di grande ilarità, ma anche di amara riflessione sul come eravamo e su come rischiamo di tornare ad essere in un’Italia delle nuove povertà non più del popolo, ma di quella che era la classe media, che va scomparendo.
Applausi meritati dai 19 interpreti che, con grande umiltà, hanno riproposto al pubblico un lavoro di Zaza, che, fra una battuta e l’altra, è ricco anche di poesia.
 
Questi gli altri attori: Corrado de Gennaro; Caterina Tattoli; Francesca Lamacchia; Vito de Trizio; Franco la Rocca; Ilenia Ronca; Maria Latino; Isa Sgherza; Michele Ruggiero; Mariella Facchini; Nicolò Lucivero; Laura Tartarello; Daniela de Pinto; Rossella de Bari.
Allestimento scenico di A. Ragno, coordinamento tecncico-organizzativo di D. De Bari e F. Lo Basso, Luci e fonia di A. Di Fidio regia di Giorgio Latino.
 
© Riproduzione riservata
Autore: F. de S.
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