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Tragedia del Truck Center iniziato il processo
15 giugno 2009

Parte con un’ammissione di carenza di misure di sicurezza il processo per la tragedia dell’autolavaggio Truck Center (morirono 5 operai) nella sezione staccata di Molfetta del tribunale di Trani, davanti al giudice dott. Lorenzo Gadaleta (poi la sede delle udienze per carenza di spazi è stata trasferita a Trani). “Non ho mai usato mascherine con autorespiratore”, ha dichiarato Cosimo Ventrella, 57 anni, unico sopravvissuto alla tragedia “Usavamo solo le normali mascherine con normale boccale o filtro” ha aggiunto Ventrella che oggi è responsabile della sicurezza per la stessa azienda e ha anche ammesso di non aver seguito alcun corso sulla sicurezza sul lavoro e di non sapere se anche gli altri suoi compagni di lavoro li avessero frequentati. Una testimonianza, quella del sopravvissuto con molti “non so” e “non ricordo”. Su questo argomento dell’uso delle maschere sono stati sentiti anche Felice Tridente, autotrasportatore cliente dell’autolavaggio, che ha detto di aver lasciato l’azienda qualche giorno prima dell’incidente e di aver visto Mangano, una delle vittime, indossare solo tuta da lavoro e stivali mentre i figli del titolare dell’azienda Vincenzo Altomare, morto anch’egli nella cisterna, hanno dichiarato che le procedure di sicurezza erano di competenza del padre. Cosimo Ventrella ha ricostruito le varie fasi dell’incidente, sostenendo che è avvenuto tutto rapidamente: ad un tratto non ha visto più i suoi compagni di lavoro Michele Tasca e Luigi Farinola con i quali aveva appena finito di lavare una Fiat Tipo, scomparso anche Guglielmo Mangano che aveva visto in piedi sulla cisterna, e ha pensato che si fossero fermati per fumare una sigaretta. Poi la drammatica constatazione: si è girato verso la cisterna e ha intuito la tragedia. Ha gridato, è salito in cima, ha guardato dentro e ha visto i tre compagni supini nel fondo; ha provato a smuovere i corpi con la scaletta e, una volta constatata la loro immobilità, è stato investito da una puzza di uova marce che lo hanno stordito, perciò ha deciso di scendere da quel maledetto contenitore. Una decisione che gli ha salvato la vita. Ma non è stato così per Biagio Sciancalepore e Vincenzo Altomare, che arrivati poco dopo, non gli hanno dato il tempo di parlare e si sono precipitati verso la cisterna, senza tornare più indietro. Testimoni presenti anche uno dei vigili del fuoco, l’ex comandante dei carabinieri cap. Pierluigi Buonomo, Fabio Colasante, apprendista nella Truck Center. Nella tragedia del Truck Center, il 3 marzo dello scorso anno, morirono 5 persone il giovane Biagio Sciancalepore (24 anni), Vincenzo Altomare (di 64 anni, di Molfetta), Guglielmo Mangano (44 anni, di Andria), Luigi Farinola (37 anni, di Molfetta) e un altro giovane di 20 anni, Michele Tasca. Le accuse, formulate dal Pm, Giuseppe Maralfa, a carico degli indagati accusati, a vario titolo a seconda delle presunte rispettive responsabilità, sono di omicidio colposo, lesioni colpose e violazione della normativa in materia di sicurezza sula lavoro. Secondo il Pm la morte dei 5 operai fu provocata da intossicazione acuta da acido solforico. Questi gli indagati: Alessandro Buonaparte e Mario Castaldo, entrambi responsabili della Fs Logistica, proprietaria della cisterna, Pasquale Campanile, rappresentante della “Cinque Biotrans snc”, ditta incaricata del trasporto della cisterna e di Filippo Abbinante, l’autista che portò la cisterna alla Truck Center. Imputate anche tre persone giuridiche, le società Sas Truck Center, Fs Logistica e Cinque Biotrans. Nella seconda udienza è spuntato fuori un fax che potrebbe cambiare parte del processo: si tratta di una scheda di 16 punti che Alessandro Buonapane, uno degli imputati, responsabile della Fs Logistica Spa, proprietaria della cisterna avrebbe trasmesso al Pm Giuseppe Maralfa il 5 marzo del 2008, cioè due giorni dopo la tragedia. La scheda indica prescrizioni e avvertenze per la gestione del container, tra cui quella del rischio di gravi esalazioni. Questa scheda, che non fu trovata dagli inquirenti durante le indagini, potrebbe scagionare la ditta produttrice Agip Petroli. Ma dal processo è venuto fuori un altro elemento interessante: il cosiddetto “esposimetro”, apparecchio che collegato ad un sondino può essere calato nelle cisterne dall’esterno, per misurare la quantità di gas nocivi. Questo apparecchio non è previsto come obbligatorio nelle norme di sicurezza attuali, ma, se adottato dall’azienda Truck Center, avrebbe potuto salvare cinque vite umane. Uno dei difensori di parte civile, l’avv. Marcello Magarelli, ha parlato di un volantino dell’Agip che non prevede l’immediata asfissia e riferendosi al fax ha sostenuto che il rischio di vita non era contemplato dalle istruzioni per il conducente (quella scheda che dovrebbe accompagnare ogni trasportatore). Ultima annotazione misteriosa evidenziata al processo è stata la registrazione postuma del trasporto della cisterna da Bari a Molfetta: dai registri Cemat risulta che il 3 marzo la cisterna uscì dallo scalo alle 8.10 e la registrazione avvenne alle 17, quando la tragedia era ormai compiuta.

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