Teatro, successo della “Scala degli angeli” del Collettivo “La Rocca”
Nel teatro Odeon di Molfetta il Collettivo di teatro popolare molfettese “Dino La Rocca”, con il patrocinio dell'Amministrazione comunale, nei giorni precedenti la Pasqua, ha presentato “La scala degli Angeli”, un'azione scenica bilingue in italiano ed in vernacolo, in due tempi, di Orazio Panunzio. Applauditi interpreti Mauro la Forgia, Isabella la Forgia, Maria Latino, Giovanni Saltarelli, Michele Ruggiero, Mena Pischettola, Isa Scherza, Ciccio lo Basso, Maria Facchini. Regia di Giuseppe Sasso. Il Collettivo di teatro popolare molfettese “Dino La Rocca”, oltre alle varie rappresentazioni in vernacolo a Molfetta e nelle città vicine, molto apprezzate, alcuni anni fa dette degli spettacoli ad Hoboken (U.S.A.) per i numerosi molfettesi dimoranti in America facendo loro rivivere per alcuni giorni usi e costumi della città natia.
“La scala degli Angeli” è un'azione scenica scritta da Orazio Panunzio, insigne scrittore e poeta molfettese, ambientata in un “luogo” non eludibile, giacchè fortemente caratterizzato nella nostra città: il tempietto neogotico del “Calvario”. La storia che vi si svolgeva, per la sua ambiguità ideativa, ha impegnato lo spettatore ad una scelta nei confronti della “proposta” teatrale, la quale si è posta come un bivio, ove si biforcano verità e sogno, realtà e delirio. I personaggi, ombre in attesa di un giudizio definitivo, condannate a tornare sul posto del loro misfatto, nell'autoconfessione espiatoria tentavano un'alterità disgressiva, una negoziazione responsabile. La pietà di sé sopravanzava perfino il pudore, giacchè troppo subdole e scoranti erano le vicende, da loro vissute in una vita già trascorsa. Non tanto truci, però, che, fra tanto squallore, non potesse dischiudersi un varco alla speranza.
L'azione si svolgeva nella notte delle “avemmarie” e le vicende terrene dei personaggi si intrecciavano con la recitazione della “quarantana”, un pio esercizio che si recita durante la quaresima in onore di Maria Vergine Addolorata. Nella “quarantana” un'arancia simboleggiava il cuore della Madonna: sette penne infisse nel frutto raffiguravano i dolori che trafissero il cuore della Vergine. Ogni volta che i personaggi rievocavano la propria storia, liberavano di un dolore il cuore di Maria. E in questo alternarsi di vicende dolorose e di espiazione gli “angeli” salivano la scala della propria liberazione.