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Teatro, domani all'Odeon "Tartufo ovvero l'impostore"
23 febbraio 2005

MOLFETTA – 22.2.2005 Domani, mercoledì per la stagione teatrale invernale a cura del Comune di Molfetta, all'Odeon sarà rappresentato lo spettacolo "Tartufo ovvero l'impostore". Veri ipocriti in toto che perseguono solo i propri fini opportunisti, e le loro critiche, false e irragionevoli che seminano zizzania e malafede anche nelle famiglie più integerrime. Sono il bersaglio che colpisce Molière in una commedia come questa nella quale raggiunge gli apici della sua poetica e le vetta di quella critica sociale, che tanto bene sapeva inscenare nei suoi capolavori. L'argomento di quest'opera è la denuncia della figura di falso devoto, cioè la denuncia di quei personaggi, arrivisti, come i marchesi, le donne saccenti, i cornuti e i medici che si aggiravano alle corti dei nobili, ostentando un ortodosso e quasi ascetico fervore religioso, nascondendo invece una rara malevolenza e una devozione che, essendo unicamente di facciata, permetteva le più turpi illazioni e i più iniqui soprusi. Seguendo la loro lodevole abitudine, hanno nascosto il loro interesse dietro la causa di Dio, e il Tartufo, stando a quel che dicono, è una commedia che offende la pietà. E' da un capo all'altro abominevole e non c'è in essa particolare che non meriti fuoco. Ogni sillaba è intrisa di pietà, perfino i gesti sono criminali; e la più piccola occhiata, il più piccolo scrollar di capo, il più piccolo passo a destra o a sinistra, nascondono misteri che essi hanno trovato modo di interpretare a danno dello stesso autore. Molière ha avuto molte difficoltà per pubblicare e rappresentare quest'opera: nonostante avesse l'appoggio del re, il gruppo della Sacra Congregazione (di cui facevano parte molti 'veri' Tartuffi) cercò, almeno nei primi cinque anni dalla creazione dell'opera, di osteggiare con tutti i mezzi questo lavoro teatrale, un lavoro che considerava perverso, amorale, abietto. Si arrivò addirittura a minacciare la scomunica per Molière. L'opera è stata quindi rimaneggiata, e l'autore è stato costretto ad eliminare i passi più "perversi" e a concludere la commedia con un recalcitrante quanto inconsciamente raffazzonato finale, dove il deus ex machina, che risolve per il bene tutta la storia, è il re stesso (e non mancano alcuni versi di pura apologia e incensamento della regalità). L'opera rimane comunque di estrema bellezza: intrigante, perfettamente realizzata, maestosa nell'incedere. E' una storia che, pur collocata nel suo ambito storico, è dotata di una modernità che stupisce qualunque lettore, perché Molière critica un tipo di ipocrisia (quella dei "compiacenti lisciatori", tanto per usare un termine moderato) che ha innumerevoli esempi nella nostra società. Il finale non vanifica assolutamente gli sforzi che l'autore ha compiuto per porre nella giusta prospettiva un problema così sentito; a maggior ragione sentito da Molière, che già nel "Misantropo" proponeva una figura simbolo di estrema sincerità come quella del protagonista. Una delle migliori opere di Molière e, probabilmente, una delle più sincere dell'autore. Leonardo de Sanctis
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