Teatro: A cce' servene le diende?brillante commedia di Felice Altomare
E' proprio la domanda corale “A ccè sèrvene le diende?“ (A cosa servono i denti ?) che si pongono alla fi ne tutti i personaggi, un po' negletti, amari e amabili, di fronte alla parcella esosa del proprio dentista, a dare il titolo all'intera commedia in vernacolo scritta da Felice Altomare e da essi interpretata nell'ambito di un progetto teatrale fi nalizzato al recupero delle loro capacità mnemoniche e cognitive ed alla valorizzazione del patrimonio linguistico e culturale molfettese. Stiamo parlando dei dieci anziani (più due operatori) che il centro comunale di Via Fremantle a Molfetta, gestito dalla Cooperativa Sociale Gea, dietro pressante richiesta di buona parte della cittadinanza, ha mandato in scena, per la seconda volta nel giro di un mese, al teatro Odeon, dopo il grande successo che aveva riscosso la prima rappresentazione avvenuta il 20 aprile. Si tratta di un atto unico che si srotola in una serie di equivoci ed incontri, interamente ambientato nella sala d'attesa di uno studio dentistico, dove, in una sorta di “Aspettando Godot” leggero e farsesco, sfi lano numerosi personaggi, uno diverso dall'altro, che ingannano il tempo spacciandosi per ciò che non sono, millantando titoli e redditi che non possiedono, inventandosi e raccontandosi vite che non vivono. Solo l'arrivo tardivo e liberatorio della dottoressa Rosina Boccadoro, che pretende di essere profumatamente pagata per le sue prestazioni professionali, metterà fi ne a quella pantomima e li porterà a rivelarsi per ciò che realmente sono: uomini e donne dalle esistenze mute e vuote, che cercano riscatto nel sogno e nell'attesa e che, invocando una mutua che paghi e risolva i loro problemi dentali, sembrano chiedere gioia, felicità, ricchezza e prestigio sociale a chi non potrà mai darglieli. Sono chiare le metafore, le caratterizzazioni di personaggi che affollano la nostra quotidianità (l'infermiera, la noblesse, la sedotta e abbandonata, la signora “So tutto”, il sedicente maragià, Angelina in cerca dell'amore, Rita con la passione del canto, ecc.), i riferimenti ad un teatro popolare e diretto che non risparmia velati messaggi sociali pur suscitando buonumore ed ilarità negli spettatori, la ricerca di ambienti ed anime che possono assomigliarci ma che dimentichiamo o tendiamo a cancellare. Lo sottolinea proprio l'autore della commedia Felice Altomare, persona schiva e riservata, apprezzato regista e attore molfettese, esperto di cinema e teatro, che ama defi nirsi uno “storico” del settore e che vanta esperienze con Zeffi relli, Ermanno Olmi e Dario Fo ma anche di sperimentazione nel teatro di ricerca e di avanguardia. “Per me il teatro è un vero e proprio atto d'amore, quindi non posso che amare i personaggi che propongo e che sono magari proprio quelli che incontro tutti i giorni e che vivono nel mio quartiere”. E' stato faticoso lavorare con gli anziani? “Direi che è stata una bellissima esperienza che ha coinvolto tutti, persino due maschi, per natura restii ad esibirsi. L'impegno e la passione profusi da tutti noi nei sei mesi di quello che io defi nisco un percorso comune sono serviti a loro per l'accrescimento della propria autostima o per la scoperta e la valorizzazione di qualità e risorse personali che non pensavano di avere, e a me come esperienza umana che, comunque, avevo già fatto”. Lei ha operato anche nel modo della disabilità. Che valore ha il teatro in contesti del genere? “Ha un valore aggregante, socializzante, stimolante ma richiede impegno, tenacia, dedizione e, soprattutto, passione. I risultati si ottengono e la visibilità dell'esibizione è un momento davvero gratifi cante per coloro che salgono sul palco”. La serata, presentata dall'entusiasta ed instancabile educatrice Fanny Cilli, si è conclusa con uno scroscio di applausi, alla presenza di dirigenti ed operatori del centro nonché delle autorità cittadine, del centro Anziani di Altamura, delle associazioni Auser, Lyons Templari, Don Grittani e dello stesso sindaco sen. Antonio Azzollini che, nonostante il ritardo, è riuscito a salutare gli “attori” e a congratularsi con tutti coloro che hanno reso possibile l'iniziativa auspicandone altre che possano favorire l'integrazione e la valorizzazione degli anziani nella città. Questi i nomi degli interpreti che si sono egregiamente esibiti superando timori, paure e diffi coltà di vario tipo: Teresa Lanza (Eva), Lucia Farinola (Nannina), Maria Giancaspro (Carlotta), Italia Arace (Rita), Nunzia Annese (Maria), Giuseppe Germinario (Frate Colino), Arcangela De Noia (Sabella), Maria De Gennaro (Nocchella), Gioacchino Cantatore (Omar), Elisabetta Cantatore (Terina), Teresa Petruzzella (Lucia), Chiara Spaccavento (Angelina), Marta De Pinto (operatrice), Gianna De Pinto (volontaria del Servizio Civile).
Autore: Beatrice De Gennaro