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Teatrermitage in scena Il pifferaio magico: gioco, magia e impegno
15 marzo 2012

Una scelta ardita quella di mettere in scena la fiaba del “Pifferaio magico”, in versione rock dal piglio leggero per affrontare alcune tematiche sociali su cui far riflettere i piccoli spettatori, ha dichiarato a Quindici Vito d’Ingeo, regista e direttore artistico del Teatrermitage. Il nuovo spettacolo di teatro ragazzi ha debuttato in febbraio con numerosi matinèe scolastici presso il Teatro don Bosco, cui hanno partecipato migliaia di alunni delle scuole primarie di Molfetta e non solo. Una grande mobilitazione di scolaresche e autobus supportata da una complessa macchina organizzativa. Lo spettacolo inizia ora il suo viaggio per far divertire ancora tanti bambini. Ma non c’è solo divertimento per i più piccoli in questo nuovo lavoro del Teatrermitage. Tra le pieghe di uno spettacolo didatticamente valido, importanti sono i temi sociali trattati. In primis, quello del consumismo smodato che domina la città di Hamelin. Considerato un espediente utile per il benessere e la ricchezza della città, sarà lo stesso sindaco a invitare i cittadini a comprare e consumare a dismisura. Conseguenza immediata di questo comportamento irragionevole, che produce solo spazzatura, l’invasione dei topi: indispensabile quindi l’intervento del giovane pifferaio, che con la sua dolce musica attira i ratti e li conduce al fiume dove annegano. Altro tema è il rapporto con lo straniero (nella figura del pifferaio). Infatti, nelle battute iniziali, il sindaco, descrivendo Hamelin, rimarca più volte e con soddisfazione di voler bandire dalla città tutti gli stranieri. Atteggiamento sociale errato, sottolineato nel corso dello spettacolo dalla maestra Gretel, figlia del sindaco, che ribadisce non solo l’importanza dell’accoglienza, ma anche la necessità di mantenere le promesse e riconoscere diritti e ricompense. Infatti, il sindaco, identificazione del potere, si rifiuta di saldare il debito con il pifferaio, non solo perché esoso, ma sopratutto perché egli è straniero. Gli stessi cittadini di Hamelin prima accolgono benevolmente il pifferaio per liberare la città dai ratti, poi si dimostrano ingrati e irrispettosi della parola data. È già palese quanto il «Pifferaio magico» del Teatrermitage non sia solo uno spettacolo in cui sorridere , ma un libro aperto attraverso cui porgere ai bambini (come anche alle insegnanti e ai genitori presenti) importanti messaggi sociali. Accanto alle tematiche del consumismo smodato, dell’accoglienza, del rispetto reciproco, della necessità di mantenere le promesse fatte e attribuire ad ognuno il “giusto” e “dovuto”, è possibile riconoscere un riferimento alla censura omnis generis operata dalla politica. Nel momento in cui il sindaco di Hamelin convoca il consiglio comunale per assumere le “sue” decisioni amministrative, i consiglieri portano sul volto un velo (una calza) e indossano lo stesso abito: modalità sceniche per raffigurare da un lato l’omologazione politica e l’imposizione coattiva del capo, dall’altro l’impossibilità di esprimere una personale opinione per timore di essere esclusi dai luoghi del potere. Non solo: dalla politica si passa all’importanza della cultura, soggetto scenico dell’ultima parte dello spettacolo. Di fronte all’ingiustizia subita, il pifferaio decide di vendicarsi allontanando i bambini da Hamelin e promettendo loro una vita di non-studio, priva di responsabilità e dominata dal gioco e dalla frenesia. Non è forse in questo modo che la società contemporanea affascina i ragazzi, spesso disattenti ai valori della vita? Il discorso finale della maestra , rivolto ai bambini in teatro, è forse più educativo di qualsiasi altro monito di genitori e insegnanti. La civiltà di un popolo è la cultura dei suoi cittadini: quindi, lo Stato deve mettere al primo posto tra le sue politiche una scuola che offra un’ottima preparazione . Solo così la scuola potrà fornire la capacità critica e la competenza di giudicare e affrontare al meglio i problemi della società e della vita. Letto così, lo spettacolo del Teatrermitage assume un’altra forma, rivela al pubblico la sua intima essenza: quella di uno spettacolo con una struttura scenica e culturale molto complessa e studiata, resa immediata dai linguaggi utilizzati per far arrivare allo spettatore il messaggio nascosto. Ispirati dalla fiaba scritta dai fratelli Grimm, molti sono stati gli autori che ne hanno attualizzato il testo privilegiandone alcuni importanti aspetti. Interessante si rivela la rilettura della fiaba da parte di Bruno Tognolini, che, come ha chiarito Vito d’Ingeo, ha previsto un’alternativa al grigiore e al materialismo della città di Hamelin, incarnata chiaramente da Gretel, la maestra, l’unica che ha a cuore la felicità dei bambini e sogna per loro una città migliore. Molteplici sono i linguaggi teatrali utilizzati nella messa in scena (teatro d’attore con figure, rime, filastrocche, musica rock, ecc.), dibattuti con i bambini alla fine dello spettacolo: perché, oltre alle riflessioni sulle tematiche, è opportuno far capire ai bambini come si organizza uno spettacolo, come si costruisce una scenografia, come s’impostano tempi e movimenti sul palco. «Nell’intento di offrire nuovi stimoli ai giovani spettatori - ha aggiunto d’Ingeo - all’interno di una scenografia molto semplice e duttile al tempo stesso, si è cercato di sfruttare anche le possibilità offerte dalla tecnologia. Uno spettacolo sul solco di una tradizione di lavoro per i ragazzi nella consapevolezza che essi costituiscono un pubblico sensibile sul quale investire per un domani migliore». Coinvolgenti sono gli attori Giordano Cozzoli, Tiziana Gerbino e Francesco Zenzola, che interpretano numerosi personaggi. Le scene sono di Riccardo Mastrapasqua e i costumi di Eugenia Spaccavento, che con Carla Calò cura l’organizzazione e la distribuzione degli spettacoli.

Autore: Loredana Spadavecchia
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