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Successo per Un mandarino per Teo
15 maggio 2010

Tra divertite cineserie pantomimiche e semiserie apparizioni diaboliche, nell’ambito della decima edizione della “Giornata dell’arte e della creatività studentesca” (2010), il Laboratorio di arti sceniche dell’IPSSAR (vivacissimo istituto diretto dal prof. Pellegrino de Pietro) ha colto un altro straordinario successo con il libero adattamento della commedia musicale di Garinei e Giovannini Un mandarino per Teo. Il gioco scenico trae spunto da un dilemma di ordine morale. Al giovane Teofi lo Brosci (Gaetano Pisicchio), attorucolo che vive di espedienti, è off erta da due misteriosi signori la possibilità di ereditare l’intero patrimonio di un ricchissimo mandarino “agli estremi confi ni della Cina”. Basterà provocarne la dipartita (senza che nessuno “ne sappia mai niente”) premendo all’istante il campanello che viene gentilmente fornito all’incredulo ragazzo. Tra lo scettico e il possibilista, dopo essersi incautamente confi dato con l’amico Ignazio (Antonio Di Pinto), Teo sperimenterà la veridicità dell’insana proposta. Giungeranno i “beneamati soldi”, che gli regaleranno la possibilità di vivere un’esistenza inimitabile, ma cominceranno a serpeggiare insopprimibili rimorsi di coscienza, nel momento in cui l’attore, dapprima ebbro della nuova condizione, realizzerà di essere un assassino, seppure a distanza. Tra incubi che prospettano atroci (e improbabili) vendette cinesi e misteriosi copioni che registrano fatti che puntualmente accadono, il Brosci, più grazie all’aiuto dell’amata Rosanella (Valeria Baldini) che in virtù del proprio claudicante buon senso, riuscirà a salvare l’anima insidiata da un notaiodemonio. Sarà proprio quest’ultimo, con l’unico dono sincero al termine di una catena di solidarietà tutt’altro che disinteressata, a off rirgli la salvazione, tradendo la natura di “buon diavolo” che alle volte può celarsi anche nel profondo di chi diviene strumento del male. Una bellissima messinscena, supportata da una squadra di regia e coordinamento artistico (Adelaide Altamura, Teresa De Leo, Carla Calò, Rosita Napolitano, Annamaria Russo, Ida Porcelli) ogni anno più solida e capace di stupire con scelte di estrema raffi natezza. Di notevole suggestione la scenografi a e i costumi di Antonietta Travaglini; fresche e d’impatto visivo le coreografi e di Antonio Roselli, con l’ausilio del coordinamento musicale di Antonio Allegretta e Massimo Sciannamea. Importante soff ermarci sugli interpreti, tutti bravi e motivati. Spicca Gaetano Pisicchio, che bissa la già effi cace performance dell’anno passato, e dona una verve e una simpatia irresistibili al personaggio di Brosci, un tira- a-campare dall’animo sensibile, sentimentalmente legato alla “diversità pudica” della ragazza acqua e sapone della porta accanto (Valeria Baldini), ma fatalmente attratto da sensuali vamp (la bella e brava Angela Habachi, “Nyta Chevrolet”). Un plauso dunque al protagonista, ma anche al suo contraltare, la sua coscienza, il cantuccio più puro della sua anima, la Rosanella di Valeria Baldini; la studentessa esordisce nella compagnia con una sicurezza d’interpretazione e una buona dizione che ci inducono a ben sperare in una sua partecipazione anche ai laboratori futuri. Molto spiritosa anche Erika Scaringella, nei panni di Zia Gaspara (come la poetessa Stampa), matrona veneta arguta e piuttosto saggia, irresistibile nel fi nale, dove si profonde in popolari adagi sui poteri di Satanasso; compìto e allo stesso tempo divertito il notaio di Luca Parisi; molto bravo Antonio Di Pinto nel ruolo dell’inaffi dabile Ignazio, ma anche nei panni della macchietta di un regista omosessuale. In generale, comunque, il collettivo funziona: piacciono lo stagnaro disturbatore e fi locomunista interpretato da Francesco Ventura; il produttore compassato dell’ex cantastorie Michele Febbrile; il primo signore di Gaetano D’Ambrosio. Ad arricchire il cast le comparse (Angela Zaza, Paola Rossoni, Angela Carbonara, Carmela Mena, Simona Leuci, Grazia Giannella, Mirko Petrone, Valerio Giancaspro, Fabio Labianca, Saverio Andreula, Leonardo Palazzo). Al di là degli innumerevoli sorrisi, la commedia fa germogliare profonde rifl essioni. Vorremmo adagiarci sull’ingenua convinzione di Rosanella che non sia suffi ciente ‘premere un campanello’ per uccidere un uomo. Purtroppo la storia ci ha insegnato il contrario, forse perché a pigiare quei pulsanti che hanno dispensato e dispensano la morte sono i ‘potenti della terra’ e non i Teofi li e le Rosanelle di turno…

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