Abbiamo chiesto a ragazzi coetanei della vittima dello stupro e anche un po’ più grandi di esprimere delle opinioni diverse, spontanee e immediate, a caldo, sulla vicenda e delle considerazioni sulla violenza sulle donne. Hanno espresso le loro opinioni anche i giovani redattori e collaboratori di “Quindici”. Per tutelare la privacy di tutti ed evitare di esporre i giovani a possibili reazioni, abbiamo deciso di rendere anonimi gli scritti, tutti autentici, che danno voce a questi ragazzi e offrono una visione di una cultura diversa da quella del branco, che va condannata sempre e comunque come fattore negativo nell’educazione dei giovani.
Non c’è dubbio siamo in una società completamente fuori controllo, la crisi dei valori sta portando risultati nefasti per la collettività intera. I casi di violenza sessuale sulle donne sono ordinaria amministrazione sulle pagine dei giornali e prime notizie nei telegiornali. Spesso i protagonisti sono giovanissimi: una gioventù di prematuri che da libero sfogo agli impulsi sessuali. Ma, ci si dovrebbe chiedere prima di tutto, come e perché i giovani arrivino a consumare eventi di simile portata. Si sa gli uomini non stanno troppo a pensare i sentimenti o alle conseguenze delle loro azioni quando l’impulso è irrefrenabile, ma le donne, loro quanto ci mettono di proprio. Mi spiego. Grandi studiosi continuano a sprecare fiumi di inchiostro nel sostenere quanto le donne a differenza degli uomini siano più riflessive e mature, e ne hanno consapevolezza sin da subito. Una domanda sorge spontanea allora: è possibile che le giovani donne non siano quantomeno mai corresponsabili delle violenze di cui poi sono le vittime? Il vittimismo è spesso una caratteristica del gentil sesso. Le donne sin da subito imparano a far “sentire il proprio odore”, spesso per il semplice motivo di sentirsi adulate e fomentare il proprio ego. E’ un comportamento molto irrazionale, ma che contestualizzato nei rapporti interpersonali, potrebbe portare a ripercussioni che possono degenerare in eventi spiacevoli. Ebbene, i casi di violenza andrebbero giudicati caso per caso, spesso una donna sa provocare e indurre gli uomini ai gesti indesiderati. Salvo poi trincerarsi dietro il vittimismo tipico del sesso debole che subisce le violenze dei bruti. Non è sempre così, certo, ma forse bisogna iniziare a pensare che la “colpa” non è solo ed esclusivamente del carnefice, ma talvolta che la vittima ci mette del suo. La sconvolgente notizia della ragazza violentata ha strappato Molfetta dalla sua apparente tranquillità. Sì, violentata, diciamolo pure. Non è una parolaccia. Ma quello che più dovrebbe sconvolgere è l’estenuante attenzione mediatica su questo caso. La violenza sembra spianare la strada non ad una maggiore sensibilizzazione ma ad un culto del “caso mediatico” popolarizzato da tv e giornali. Se a sfatare questo mito sono necessarie le parole di un giornale, ben venga che se ne faccia buon uso. Il problema nasce quando il culto del caso mediatico accentua il carattere romanzesco e drammatico del caso, piuttosto che quello etico pragmatico. E stavolta bisogna fare ancora più attenzione se è una quindicenne ad esser sulla bocca di tutta Molfetta. Forse nessun molfettese responsabile si è mai reso conto che quando il caso mediatico sfumerà insieme all’inverno, gli effetti psicologici e sociali inizieranno a farsi sentire pesantemente. Ciò non significa che il caso debba essere nascosto. Assolutamente no. Piuttosto è preferibile, per l’incolumità della ragazza, un’azione più responsabile e meno appariscente. Un’azione che curi le ferite nel tempo, fortificandone le cicatrici, e non popolarizzi la figura di una fragile ragazza indifesa vittima delle calamità di una società tanto cattiva. Molfetta ci sarà per questa ragazza quando tv e giornali se ne dimenticheranno? La giustizia interverrà a proteggerne l’incolumità quando non avrà i riflettori puntati contro? E i mass media, dopo aver buttato lo scoop in prima pagina in occasione del 25 novembre, sapranno col tempo rimanere vicini alla ragazza o sarà stato sufficiente vendere qualche copia in più del giornale? Spero che la cittadinanza molfettese non scada ancora nel pettegolezzo e talvolta, in un falso pietismo o crudele e infondato giudizio. Spero che ogni donna ed ogni uomo possano immedesimarsi in lei, guardarsi allo specchio ogni mattina e chiedersi “E se fossi io?”. Se davvero vogliamo eliminare la violenza, che si elimino prima gli schemi mentali che ci ingabbiano. Il femminicidio è un termine che rimanda a un fenomeno radicato nella storia dell’uomo che sembra non avere confini, né tantomeno esclude le nazioni sviluppate e occidentali dalle altre. La violenza maschile sulle donne interessa, vergognosamente, anche la nostra Italia! Anzi, considerando gli ultimi avvenimenti, il fenomeno ha coinvolto anche la nostra realtà locale: la nostra Molfetta (la città della pace). Per chi non avesse inteso ci riferiamo allo stupro della ragazza minorenne da parte di un gruppo di ragazzi, ripetutasi frequentemente in diversi luoghi della città. Personalmente dico che è una notizia delicata, triste, ma soprattutto terribile. Non oso immaginare che una mia coetanea abbia subito atti di violenza in luoghi, come il parco di ponente, frequentati da molti di noi giovani. La domanda che sorge spontanea è la seguente: “Come e cosa si può fare per combattere i ripetuti e terribili fenomeni di violenza?” Un noto slogan femminile recita: “Per ogni donna stuprata o offesa siamo tutte parte lesa”. Da controparte maschile si potrebbe riformulare la frase: “Per ogni donna stuprata o offesa siamo tutti meno uomini”. Eppure quotidianamente balza agli onori della cronaca la notizia di mogli, fidanzate, o semplici conoscenti barbaramente mutilate o tristemente violate da coloro che pensavano avessero il compito di proteggerle. E proprio qualche settimana fa, precisamente il 25 novembre, si inaugurava la “Giornata Mondiale contro la violenza sulle donne”, per muoversi compatti e porre fine a tale abominio. Quale modo migliore di sensibilizzazione, se non la notizia di uno stupro di una quattordicenne ad opera di un branco, termine quanto mai consono considerato i protagonisti di un simile misfatto. Sarcasmo a parte, patria dell’accaduto è la città di Molfetta, ultimamente nota alla cronaca nazionale per altri eventi che etichettare come “poco edificanti” sarebbe un eufemismo. Non ancora messi in luce tutti i particolari della vicenda, sulla quale sta indagando la Procura di Trani, una simile notizia, come si può facilmente immaginare, ha scatenato un acceso dibattito cittadino sull’assoluzione o crocifissione dei ragazzi in questione. Alcuni, infatti, fanno leva sulla natura non angelicata della giovane che parrebbe aver creato su Facebook un profilo falso, sul quale si sarebbe detta “disposta a tutto”, legittimando implicitamente l’accaduto, premessa di un impianto difensivo per i colpevoli, paragonabile ad un “colosso dai piedi d’argilla”. L’adolescente, infatti, che abbia intenzionalmente o meno provocato i ragazzi, francamente poco importa, un simile gesto non può essere lontanamente giustificato. Scontato direte voi. A quanto pare, no. Da coetaneo, basito, di molti di quei ragazzi, mi pongo un quesito: “Di chi è la colpa?” Potrebbe sembrare banale come interrogativo, in realtà, però, non credo lo sia. Molti puntano il dito contro un’educazione sbagliata o addirittura assente. Socrate sosteneva che il compito dell’educatore, scolastico o genitoriale che sia, risiede nel saper risvegliare nel discente quel sistema di valori e principi che sono già insiti in lui. Perciò, sarebbe molto riduttivo e certamente poco appagante per il genere umano che tutti i nostri insuccessi o i nostri sbagli dipendano dai genitori. Credo, piuttosto, che il vero problema sia la fragilità che contraddistingue il genere maschile. Lungi da me il voler fare di tutt’erba un fascio, ma con il tempo, con il progressivo inserimento della donna all’interno della società, l’uomo ha parimente perso il suo ruolo di “maschio alpha”, vedendo nella donna un possibile pericolo, piuttosto che una valida fonte di arricchimento. Questo atteggiamento, ahimè, si è riversato anche nelle relazioni di coppia, all’interno delle quali l’uomo non accetta l’idea di poter essere abbandonato dalla sua dolce metà, preferendo eliminare o sfregiare in maniera permanente la consorte piuttosto che lasciare loro un qualsivoglia dominio decisionale. Come diceva la scrittrice italiana Carmen Covito su “Il Giorno”,1994, “lo stupro è proprio di un’idea maschile di vendetta. Una donna che si vuole vendicare, ti ignora”. Più chiaro di così. “Ragazza di Molfetta stuprata ai soli 14 anniconcessa più volte. Anche se fosse così, non si puo’ punire una ragazza di solo 14 anni emarginandola dalla “società”, ma bisognerebbe accoglierla non insultarla spudoratamente. Purtroppo così non è, la “colpa” dovrebbe essere attribuita ad entrambi le parti; Certo i ragazzi hanno sbagliato, hanno commesso un reato in quanto hanno attuato lo stupro. Mentre la ragazza essendo una 14enne innocente e ingenua si è “lasciata andare”. La verità non si saprà mai, ma se vogliamo migliorare il mondo, la società, la mentalità, dobbiamo aver rispetto prima di noi stessi e in seguito degli altri. La famiglia, i genitori sono fondamentali per la crescita di un ragazzo dovrebbero insegnato dei valori e dei sani principi. Lottiamo insieme per una società diversa perdonando soprattutto ragazzi/e con personalità fragili. Considerando ciò che è stato detto e le notizie già pervenute in merito allo stupro di gruppo compiuto sulla ragazzina di 14 anni, da ragazza maggiorenne e convinta donna nella vera accezione della sua parola, sono convinta che ciò di cui si stia parlando e la pietà che si dà a quest’ultima sia assolutamente inutile e in certi sensi anche riprovevole. Cercando di far luce su tutta la faccenda è emerso che gli stupratori sono cinque, tutti maggiorenni e quindi capaci di intendere e di volere davanti alla legge, e altri e tanti ragazzi e ragazze minorenni coinvolti, e lei l’unica ragazza vittima. Personalmente io non giustifico lei, e ora darò tutte le spiegazioni del caso, per coloro che volessero accusare me di essere contro le donne, quando io le difendo a spada tratta e sia ovviamente contro gli uomini in quanto esseri viventi e pensanti, ma difendo le donne vere, coloro capaci di auto gestirsi in piena autonomia, che non dipendono da nessuno, orgogliose, e coscienti della loro dignità in quanto portatrici di vita. Tutti sappiamo come alcuni ragazzi accusati fossero già noti alle forze dell’ordine, e tutti siamo a conoscenza di ciò che facevano e di chi erano. A dire dei giornali, la ragazzina si spostava con loro sui motori di quest’ultimi, ed è possibile che la obbligassero a salire? Non era una macchina sulla quale era possibile caricarla, era lei che poteva decidere di salire o no. E poi anche se per farla salire la minacciavano a parole e con i fatti, nessuno li fermava? Nessun adulto sentiva? Nessuno interveniva? La risposta a questo punto è molto semplice, lei sapeva tutto, era consenziente e lei stessa in primis ha voluto stare con loro e conoscerli. Come tutti sanno nessuno va nella tana del lupo se non vuole, quindi potrebbe essere stata lei a cercarli sapendo chi fossero, e se vogliamo aggiungere, anche quale ambiente frequentassero, avrebbe saputo che uno di loro era sposato con figli, dove i ragazzi abitavano. Le sue foto ormai sono in giro su tutti i telefoni di tutti i ragazzini, si sa con la tecnologia tutto gira e tutto arriva in pochissimi secondi e tutti sapevano. Chiedendo in giro, anche a gente molto più grande, chi era e cercando di avere informazioni, le uniche cose che è possibile cogliere e la definiscono così “era una facile, non si vede dalle foto” oppure “sapeva quello che faceva, se l’è cercata”. I giudizi sono questi, non sono belli, certo non è l’ideale condannare un’adolescente, ma se quest’adolescente è capace di intendere e sapeva quello che faceva, perché difenderla? Per via dell’età? Non credo bisogna difenderla, per chi la pensa come me, la legge è l’unica che può tutelarla poiché minorenne, ma la morale non difende né lei, né la famiglia che non ha saputo darle un freno. Nessuno difende neanche coloro che hanno abusato di lei perché sapevano quanti anni aveva, sapevano che potevano passare brutti guai, ma hanno continuato, e questo ci deve fare riflettere molto, poiché è gente molto più grande, che ha abusato di una ragazzina appena uscita dalle scuole medie, quindi una bambinetta, questo deve farci riflettere su un grande pericolo. Da ragazza maggiorenne e grande, vedo certe ragazzine sui questi social network, con foto molto provocanti, con atteggiamenti non adatti alla loro età, per attirare ragazzi più grandi che nella loro testa sono più belli, perché se glielo chiedi rispondono così “il ragazzo più grande dà più sicurezze, è bono, è figo poi ha la macchina, mi porta in giro, mi fa fare la bella vita, poi paga lui ovunque andiamo ed è meglio”: queste frasi sono inconcepibili per ragazzine di 13 o 14 anni che attirano ragazzi che hanno più di vent’anni. La verità e che ormai l’età per approcciare a certe cose si è di molto abbassata, vediamo certe ragazzine fumare a 12 anni e perché ci dobbiamo meravigliare di ciò che fanno a 14 anni?! Basta fare un giro per le strade di Molfetta e l’argomento del quale tutti parlano è quello dello stupro della minorenne, tra l’altro argomento di punta anche per molte trasmissioni nazionali. I cittadini la pensano in due modalità diverse ed evidenti: c’è chi appoggia i ragazzi per essere stati accusati di rapporti avvenuti con il consenso della giovane, c’è chi invece si schiera dalla parte della giovane che nonostante sarebbe stata consenziente numerose volte, non sarebbe stata costretta a tal punto da dover denunciare l’accaduto. La domanda viene spontanea chi ha ragione? Quale opinione è la più veritiera? In realtà nessuna delle due, il vero colpevole dell’accaduto è la società, in cui purtroppo entrambe le parti sono cresciute. Prima di tutto la società è colpevole per aver osato parlare senza essere stata informata dalle persone che davvero avrebbero potuto dissipare ogni dubbio, secondo è colpevole per i valori e l’educazione che non ha impartito ai giovani, non solo ai diretti interessati, ma a tutti i giovani. Ormai è un’abitudine in città prendere locali o sottani in fitto da parte di ragazzi, non sempre con l’autorizzazione di adulti, meglio se genitori, e nessuno sa cosa realmente accade in quegli spazi e senza l’occhio indiscreto di qualcuno. Lo sa la società che in molti di questi locali le ragazze vengono fatte spogliare o si esibiscono spontaneamente in spogliarelli per divertimento? Sicuramente l’episodio accaduto a Molfetta non sarà l’unico e non tutti troveranno il coraggio di denunciare, ma molte altre ragazze seguiranno l’esempio della stuprata. Da parte di genitori o comunque dalle persone che avevano un rapporto stretto con gli interessati sarebbe stata richiesta una maggiore attenzione per evitare che la situazione arrivasse dove purtroppo è arrivata. Certamente c’era chi sapeva e non ha parlato al momento giusto, avrebbe anch’egli potuto evitare che l’episodio accadesse. Come cittadini, ma soprattutto come cittadine dovremmo chiedere maggior sicurezza nella nostra città, magari creando dei corsi di autodifesa o strade più illuminate per consentire di tenere la situazione sotto un controllo migliore, ma soprattutto una responsabilità e una salvaguardia maggiore da parte degli adulti. Ecco quello che pensano i maschietti coetanei della ragazza Parliamo ora di un argomento tanto scottante quanto conosciuto. Impossibile rimanerne impassibili al confronto o fingere di non averne sentito parlare, dato il bombardamento mediatico che si è innalzato a seguito di questo avvenimento, che ha sconvolto l’ambiente già di per sé poco “tranquillo” della nostra città. Stiamo parlando, con profonda amarezza, dell’ormai conosciutissimo stupro di gruppo verificatosi a Molfetta tempo addietro, che solo nei giorni passati è venuto allo scoperto. Come una vera e propria bomba, tale episodio ha sollevato intorno ai personaggi coinvolti, un polverone non indifferente, che, tanto velocemente quanto si è innalzato, altrettanto velocemente si è diradato, venendo ben presto dimenticato dai media nazionali, preferendo questi concentrarsi su argomenti “più importanti”. Ad occuparsene sono rimasti soltanto programmi di approfondimento, mezzi di informazione locali e, infine, programmi di intrattenimento pomeridiani per casalinghe curiose. Ma prescindendo da ciò, proveremo ad occuparci dell’argomento approfondendo i pareri suscitati dall’accaduto fra coloro che non sono stati toccati dallo scandalo, in particolare fra i coetanei dei coinvolti. I pareri dei ragazzi maschi molfettesi, seppur contrastanti in alcuni particolari poco importanti, rasentanti il pettegolezzo, convergono principalmente verso un’idea più o meno da tutti condivisa: che la colpa del crimine sia certamente ricoperta nella maggior parte dal gruppo, o branco, se si voglia usare una terminologia più appropriata, ma non si esclude, a detta di molti, la iniziale disposizione della ragazza verso alcuni membri del branco. La situazione, evidentemente sotto controllo agli inizi della vicenda, è degenerata probabilmente dopo la creazione su Facebook di un falso profilo della ragazza, il quale ha evidentemente aperto la strada all’orribile conclusione di questa assurda storia. Innanzitutto si coglie ora l’opportunità di ribadire la pericolosità e l’inadeguatezza del social network blu in termini di tutela della privacy, in special modo di quella dei minori; in secondo luogo bisogna concentrarsi su un dettaglio particolarmente rilevante: la ragazza avrebbe conosciuto i suoi aggressori. Da qui scaturisce la tendenza da parte dei giovani ragazzi molfettesi a non vittimizzare in toto la ragazza in questione, dato che alcuni dei ragazzi coinvolti nella vicenda, oltre a essere già noti alle forze dell’ordine, erano ben conosciuti dalla popolazione di fascia adolescenziale, essendosi questi stessi soggetti, più volte resi protagonisti di aggressioni, furti, violenze e relative minacce per non incorrere in obbligatorie denunce, discostandosi dalle dichiarazioni e dalle ottime parole rilasciate verso i propri figli da parenti in vari talk show televisivi. Pertanto il fatto stesso che la ragazza potesse frequentare certe compagnie, secondo questi ragazzi che abbiamo intervistato, non la classifica certo molto bene, anzi, e per molti il suo coinvolgimento in una storia del genere non costituisce una sorpresa. Il gesto perpetrato dai ragazzi a danno della vittima resta comunque condannato duramente e in maniera unanime, provocando disgusto e indignazione in chiunque fosse dotato di un minimo di civiltà, ma ciò senza escludere che, per molti, vi fosse stata una iniziale disposizione della ragazza verso uno o più fra gli “amici”, degenerata successivamente a seguito della perdita del controllo della situazione. da 10 ragazzi” questa è la frase che sentiamo sul Tg5, TG1 e in tutti i programmi televisivi. Questa notizia ha devastato la cittadinanza Molfetta e al resto d’Italia. Lo stupro è avvenuto nell’aprile di due anni fa, la ragazza era uscita con lo scooter di uno dei dieci il quale l’ha portata in un luogo isolato dove c’erano altri 9 ragazzi ad aspettarli. Questa è la versione della ragazza, ormai “segregata in casa” per paura e vergogna. I suoi coetanei non fanno altro che ritenere la ragazza “colpevole” dell’accaduto, in quanto essa si sarebbe