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Student* In Strada venerdì a Molfetta per i diritti allo studio
15 dicembre 2011

MOLFETTA - Studenti pronti a scendere in piazza venerdì 16 dicembre noi, per manifestare ed  esprimere il "totale e netto dissenso in merito alle politiche economiche portate avanti dal nostro paese, per rivendicare i nostri diritti ad uno studio più equo e solidale e per avanzare delle proposte serie e chiare anche all'amministrazione locale - dice un comunicato.
Sveglieremo la città di prima mattina con cori, musica e vera informazione! Un città che a nostro avviso versa da troppi anni in uno stato comatoso, di lassismo generale, che ha bisogno di risvegliarsi... A che ora? L'ora è arrivata, è oggi!
Il corteo avrà come "concentramento" Piazza Aldo Moro alle ore 9:00 per poi snodarsi lungo via Baccarini e via Tenente Fiorino ed arrivare a Piazza Garibaldi e a via Tattoli, dove sono presenti gli uffici comunali, terminando con un'assemblea pubblica sulla scalinata del Calvario.
Ci abbiamo tenuto particolarmente a passare nei pressi degli uffici comunali (sperando che non siano vuoti), per poter presentare noi stessi delle proposte chiare e concrete all'amministrazione comunale, che ascolta troppo poco la voce di noi studenti.
Ristrutturare le scuole malandate, aumentare i fondi per le borse di studio e i sovvenzionamenti per gli alunni meno abbienti, aumentare il numero di corse di autobus a servizio scolastico rendendole gratuite, abolire le tasse scolastiche.
Proposte ragionevoli e ragionate, nulla di eccezionale. E' quello che prevedono la costituzione e gli statuti studenteschi.
Passando ad un livello nazionale a ministro della pubblica istruzione, dopo Mariastella Gelmini è asceso (nel caso si parla di un "incoronazione" dall'alto, mica di un elezione popolare) grazie ai favori dei mercati, tale Francesco Profumo, noto ai più come presidente del Consiglio Nazionale delle Ricerche.
Di lui si potrà dire "è un professorone, è il rettore del Politecnico di Torino, chi meglio di lui per un ministero"...
Ma tale "Carneade" non è altro che un uomo d'affari, consigliere di Pirelli e della rivista della Confindustria (che non è assolutamente in sintonia con l'istruzione pubblica) Il Sole 24 Ore, membro di consigli di amministrazioni di s.p.a. quotate in borsa quali Reply, Fidia, Telecom, nonché (udite udite) membro del consiglio di amministrazione di Unicredit Private Bank.
Cosa c'entra un uomo di Confindustria, di aziende quotate in borsa e banche, tra l'altro "private" al dicastero dell'Istruzione Pubblica?!?
Se due indizi fanno una prova (e a rigor di logica ne abbiamo più di due), a noi questo Profumo già "ci puzza un po'", per cui pensiamo sia meglio prevenire la cura e scendere per le strade ribadendo la volontà unica di poter avere accesso ad una scuola e ad una università pubblica, laica e solidale!".
 

Autore: Adelaide Altamura
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"Cosa c'entra un uomo di Confindustria, di aziende quotate in borsa e banche, tra l'altro "private" al dicastero dell'Istruzione Pubblica?!?" - Avocado Manson|martedì 6 dic 2011 16:03:52 La politica è stata sostanzialmente inventata da Platone ed è quindi una cosa tutto sommato recente. Prima della politica c'era la tirannide. Oggi, come scrive Giacomo Marramao, “la politica appare come un sovrano spodestato che si aggira tra le antiche mappe dello Stato e della società, rese inservibili perché più non rimandano alla legittimazione della sovranità”. Utile per le rappresentazioni, per la raccolta e l'organizzazione delle identità, delle appartenenze, delle passioni, oggi la politica non sembra essere più il luogo della “DECISIONE”, perché, per decidere, deve guardare all'economia, e l'economia, a sua volta, per decidere i suoi investimenti guarda alle disponibilità e alle risorse tecnologiche. Quando si sostiene che potremo difenderci dall'invasione dei prodotti cinesi solo migliorando la nostra tecnologia, e dunque investendo nella ricerca, è come se si riconoscesse il primato della tecnica sull'economia, a sua volta fondato sul primato dell'economia sulla politica. In questo senso, la politica diventa la “rappresentazione” della decisione, non più il “luogo” della decisione. Tutto ciò che non è esente da rischi perché, come ci ricorda Platone, le tecniche sanno come si devono fare le cose ma non sanno se quelle devono essere fatte e perché devono essere fatte. Di qui la necessità, sempre secondo Platone, di quella “tecnica regia”, che è la politica capace di assegnare alle tecniche le finalità delle loro procedure. Oggi il rapporto tra tecnica e politica, che per Platone doveva sovraintendere le tecniche, si è completamente capovolto. La tecnica conferisce potere a tutti coloro che operano in un apparato. Per cui, ad esempio, bastano dieci controllori di volo per fermare tutto il complesso della navigazione aerea, quando un tempo, uno sciopero tradizionale, per avere successo, doveva coinvolgere l'ottanta per cento dei lavoratori di un certo settore. Siamo quindi di fronte a un potere nuovo. A questo punto, invocare politici decisionisti nell'età della tecnica è quanto di meno efficace possa esistere, perché se basta una piccola astensione per bloccare tutto l'apparato, il lavoro del politico dovrà essere di “mediazione”, più che di “decisione”. La decisione non è compatibile con la funzionalità della tecnica. Inoltre la tecnica potrebbe determinare la “fine della democrazia” (il condizionale è motivato dal fatto che siamo tutti affezionati alla democrazia, ma in realtà si potrebbe anche dire che essa è già venuta meno). La tecnica ci mette di fronte a problemi sui quali siamo chiamati a pronunciarci senza alcuna competenza. Basti pensare, a titolo esemplificativo, al referendum sulla fecondazione assistita, o al dibattito sulle centrali nucleari, o a quello sugli organismi geneticamente modificati. In tutti questi casi si possono giudicare con competenza i termini dei problemi solo se si è rispettivamente un biologo, un fisico nucleare o un genetista. Le persone prive di queste specifiche qualifiche prenderanno posizione su basi “irrazionali”, quali sono l'appartenenza a un partito, la fascinazione per chi è maggiormente persuasivo in televisione, la simpatia per un politico. Platone avrebbe definito questo sistema, che oggi potremmo chiamare “telecrazia”, in termini di “retorica” o “sofistica”. Che cos'era la retorica all'epoca di Platone? Dei trentacinque dialoghi che il filosofo ateniese ci ha lasciato, una decina sono indirizzati contro i retori e i sofisti, cioè contro coloro che ottengono il consenso non con argomenti razionali, non insegnando come vanno le cose, non distribuendo competenza, non argomentando le loro tesi, ma sulla base della mozione degli effetti, della sofisticazione dei paralogismi, dell'appello all'autorità, della persuasione emotiva. Secondo Platone costoro devono essere espulsi dalla città perché non può nascere un sistema democratico finchè ci sono tali mistificatori del linguaggio e del consenso. La “telecrazia” rischia di cancellare la democrazia, riproponendo il problema sollevato da Platone a proposito della “retorica” e della democrazia. Noi oggi ci troviamo nella stessa situazione, perché la tecnica mette sul tavolo problemi che richiedono una competenza di gran lunga maggiore rispetto a quella di cui disponiamo. (Tratto da: I miti del nostro tempo – Umberto Galimberti)
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