Sospeso misteriosamente il servizio prevenzione tumori all'ospedale di Molfetta
La vera trasgressione è la normalità; è smetterla di vivere di luoghi comuni. Correndo il rischio di apparire controcorrente, appare doveroso sottolineare situazioni di utilità e di efficienza del servizio pubblico. Tale pubblica attività appare maggiormente meritevole di riconoscenza quando si tratta di sanità. La nostra città per anni ha ospitato un servizio che, senza tema di smentita, può essere considerato il fiore all’occhiello della sanità pubblica. Percorso donna ha registrato negli anni una adesione crescente di cittadine e di donne di paesi vicini, che pur potendo sottoporsi presso altre strutture, a check-up tesi alla prevenzione dei tumori femminili, hanno volutamente scelto tale servizio, svolto da medici, tecnici, infermieri e operatori della sanità pubblica del Presidio ospedaliero Mons. Bello di Molfetta. In una sola giornata, generalmente in mattinata, la paziente richiedente veniva sottoposta a mammografia, ecografia e visita senologica oltre a ecografia visita ginecologica e pap-test, pagando direttamente in direzione sanitaria 92,30 euro, l’equivalente del ticket relativo a due prescrizioni sanitarie, senza code agli sportelli CUP, ottenendo la relativa fattura direttamente al proprio domicilio, con relativo “risparmio” dei datori di lavoro in quanto la richiedente lavoratrice si asteneva dal lavoro una sola giornata, o due da quando il reparto di ginecologia era stato trasferito, anziché diverse. Il percorso ha rispettato in pieno, le aspettative di donne, disposte ad accettare di essere inserite in liste di attesa ed aspettare anche mesi pur di essere sottoposte a visita dall’equipe di senologia e ginecologia del nosocomio molfettese. La professionalità, l’umanità, il rispetto per la donna, hanno fatto sì che questo servizio, negli anni, vedesse allargato il bacino di utenza, nonostante la presenza, sul territorio, di validi centri diagnostici pubblici e privati. Dal mese di dicembre 2013, questo servizio è stato soppresso. La presidente della Consulta Comunale Femminile, Alina Gadaleta Caldarola, unitamente alla presidente della locale sezione del Tribunale dei diritti dei malati, Marta Pisani, hanno immediatamente chiesto ed ottenuto un incontro rivelatosi positivo con il Direttore sanitario dell’ospedale di Molfetta il quale ha reso note le rassicurazioni della Direzione generale sanitaria d ASL di Bari circa il ripristino, in tempi brevi del servizio. Medesima piena disponibilità registriamo dal Direttore amministrativo dell’ospedale civile molfettese, dott. Depergola, il quale ci ha ricevuti, ha ascoltato la nostra richiesta, come utente, di immediato ripristino del servizio ma, in ottemperanza ai doveri di rispetto del codice di comportamento dei dipendenti della sanità pubblica, non ha fornito informazioni relative alla sospensione e ripristino, in quanto tale prerogativa spetta alla direzione strategica aziendale. Fonti ufficiose parlano di una reale sospensione del servizio, ma al di là dei rumors, l’utenza chiede risposte. Cosa c’è dietro questa misteriosa sospensione? Nessuno lo dice, bocche cucite che fanno pensare alla presenza di grossi problemi. Molte utenti avevano, nel corso degli anni, instaurato un rapporto di fiducia con gli operatori, capaci di ricordare il nome e l’anamnesi delle pazienti e questo per una donna, che vive con ansia il momento della comunicazione del referto, è fondamentale. Quante donne continueranno a fare prevenzione? Quante desisteranno o si recheranno presso strutture private con costi superiori? Lo chiediamo ai vertici della ASL, invitandoli, altresì, a prodigarsi affinché tale servizio, al di là di motivazioni senza dubbio valide, possa essere ripristinato quanto prima anche in virtù del fatto che per ottenere un check-up senologico presso l’ospedale civile di Molfetta, prenotabile tramite CUP, si dovrà aspettare l’anno 2016, poiché risultano esaurite le prenotazioni 2014 e 2015, mentre sono garantite, in tempi brevi, prestazioni a pazienti colpite da patologia tumorale, oltre a rappresentare un ulteriore passo verso l’eutanasia del nosocomio molfettese, un lento e inesorabile depauperamento delle prestazioni garantite all’utenza, memore di tempi migliori vissuti dall’ospedale cittadino.