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Soldi nostri
15 gennaio 2003

Un vecchio proverbio dice che il buon giorno si vede dal mattino. Trasferendo questo detto alla nostra città dal punto di vista politico-amministrativo, c'è da dire che non è proprio cominciato bene il 2003. Premesso che non ci fa piacere che gli avvenimenti negativi siano maggiori di quelli positivi, dobbiamo registrare, per dovere di cronaca, una serie di notizie poco piacevoli. Quella più eclatante riguarda gli avvisi di garanzia al direttore dell'Asm, Silvio Binetti, al presidente Giovanni Annese e ai consiglieri Luigi Corrieri, Giacomo Germinario, Giuseppe De Cesare e Pasquale Mancini, per una presunta vicenda di raccomandazioni che avrebbe portato all'assunzione di fratelli, cognati e parenti di politici, sindacalisti e dipendenti dell'azienda municipalizzata. La storia dell'Asm ci riporta indietro di vent'anni, quando per una vicenda di questo genere, tutti si sarebbero scandalizzati. Oggi, invece, la cosa sembra passare fra l'assoluta indifferenza. La città assiste nella più completa ignavia a ciò che avviene nel Palazzo? Dov'è la cosiddetta “società civile”? E la vicenda della piscina? Siamo stati i primi e gli unici con un'inchiesta completa e articolata, ad esprime perplessità sulla gestione del Coni, sull'assunzione del fratello della consigliera Minuto fra gli istruttori, sulle tariffe alte, sulla stessa realizzazione della struttura. Con questo numero torniamo sull'argomento, alla vigilia del rinnovo della convenzione col Coni o dell'assegnazione ad altri (chi?) della gestione in un impianto dal quale il Comune non ricava nulla, pur avendo investito centinaia di milioni di soldi dei cittadini. Ma la struttura non è improduttiva. Anzi! E' una gallina dalle uova d'oro, da 50mila euro al mese, affidata a una “scatola vuota” (definita così dal quotidiano “Il Sole 24 Ore”) come il Coni. Eppure il Comune dovrebbe rivedere quella convenzione anche in virtù di un ordine del giorno (delibera n. 147 del 14.11.2002) proposto dalla minoranza e approvato all'unanimità dal Consiglio comunale: è la prima volta che avviene. Ma sono già trascorsi i 30 giorni previsti per la verifica della “legittimità del regime tributario relativamente alla Tarsu e alle imposte sulla pubblicità a cui è soggetto il concessionario ed eventuali sub concessionari”, della “legittimità dei servizi sub-concessi” e della “possibilità di integrare la convenzione prevedendo la destinazione di eventuali avanzi (“utili”) da reinvestire in impianti e attrezzature sportive nel territorio di Molfetta”. Come mai tutto tace? Perché il sindaco non attiva quella richiesta di tutto il consiglio comunale, al quale lui non era presente? E' una conferma della spaccatura della maggioranza. Ma i cittadini hanno il diritto di sapere che fine fanno i propri soldi, di fronte a un business com'è quello della piscina. Occorre più controllo e trasparenza, come chiediamo col nostro articolo e come chiedono le società sportive di Molfetta, tutte sul piede di guerra. E sempre in tema di soldi nostri, come si giustifica il regalo della Befana fatto agli operatori del mercato ortofrutticolo, eliminando la Tosap (tassa occupazione area pubblica) per quest'anno, mentre probabilmente ci si appresta a condonare le tasse degli anni precedenti, che i concessionari hanno sempre rifiutato di versare e per le quali il Comune ha in corso alcune cause? Perché i cittadini devono pagare di tasca propria le promesse elettorali, come sostiene il consigliere comunale Sallustio dell'Ulivo, fatte a una decina di grossisti del mercato? I 50 milioni di euro che il sen. Azzollini ha fatto provvidamente pervenire alla città per il porto, rappresentano un grosso risultato, ma non devono essere un paravento a tutto il resto. Non si può parlare solo di questo finanziamento e dell'altra notizia positiva, quella della concessione ai suoli delle cooperative, che, secondo il sindaco, dovrebbe avvenire a fine mese, avviando la costruzione delle prime palazzine. Occorre capire anche cosa avviene in tutte le altre situazioni: la trasparenza del Palazzo deve essere totale. Anche sulla gestione, ad esempio, della “Multiservizi”. Altro argomento che suscita perplessità e sul quale c'è una sorta di “omertà” (dall'ufficio tecnico si riesce a sapere poco: nascondono qualcosa?, coprono eventuali errori politici e tecnici?, è legittimo chiedersi) è quello di Piazza delle Erbe, passata dalla ristrutturazione all'abbandono e al degrado, col rischio di crolli, alcuni dei quali si sarebbero già verificati. Perché l'impresa vincitrice dell'appalto ha lasciato l'incarico? Perché il Comune ha accettato questa situazione senza chiedere i danni? Cosa c'è sotto, insomma. Anche qui spreco di soldi pubblici? Ultimo discorso quello dell'impianto di compostaggio, dove si è chiusa un'annosa vicenda, ma dove, crediamo, che sul piano economico il Comune ci abbia rimesso, soprattutto avendo contrattato la gestione dell'impianto con la ditta Mazzitelli, in cambio della proprietà di una struttura che fra 10 anni sarà obsoleta e tecnicamente superata: un rottame da buttar via, insomma. Anche qui soldi nostri. Oggi la vicenda dell'Asm dovrebbe farci riflettere. Non si vuole criminalizzare nessuno, l'indagine è in corso e ci auguriamo che tutti vengano prosciolti. Ma la storia è sintomatica di una certa situazione dove, per ammissione dello stesso direttore generale dell'azienda al quotidiano “Repubblica” di Bari, si dice: “Sì, è vero. Le parentele ci sono. Diciamo che nei primi cinquanta selezionati, venti sono raccomandati”, anche se l'indagine a suo parere non sta in piedi perché sarebbe stato applicato il contratto di Federambiente che prevede l'assunzione diretta. Di parenti? Un replay della piscina? In tutto questo scenario poco consolante resta l'amarezza dell'assenza della politica relegata in qualche soffitta tra vecchi arnesi abbandonati e inutili, come ha riconosciuto lo stesso sindaco nell'intervista a “Quindici” pubblicata a dicembre e che in questo numero viene ripresa con un'utile riflessione sulla riduzione degli spazi democratici. Tutto in nome di una fantomatica “città a rete” e di una cultura del “fare”: ma la “rete” ci avvolge ormai tutti (e fra poco con le telecamere in città non sfuggirà più nessuno al Grande Fratello) e la cultura del “fare” non può essere avulsa dal “chi”, “che cosa”, “dove”, “quando”, “perché”, le fatidiche domande del giornalismo anglosassone, le “5 W” alle quali ogni buon cronista deve rispondere quando scrive un articolo. E alle quali anche un'amministrazione pubblica dovrebbe rispondere, soprattutto quando è sottoposta al giudizio della gente e degli elettori: il Comune non è una società privata e deve dar conto della propria gestione ai cittadini, dimostrando oculatezza di scelte economiche nell'impiego delle risorse pubbliche. Ma alle precedenti va sempre aggiunta, per completezza, una sesta domanda: “how”? come? Di tasca nostra? Con soldi nostri? Non ci stiamo.
Autore: Felice de Sanctis
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