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Sisifo e il settarismo - Il riformismo forte per il nuovo Ulivo Dibattito sul centro sinistra
15 settembre 2001

La sinistra molfettese sembra condannata alle fatiche di Sisifo. Consegue, per brevi periodi il governo della città, per poi ritornare all’opposizione. Incombe stabilmente sulla città l’ipoteca conservatrice-moderata. Non è utile avere memoria corta, dimenticare gli stabili consensi della città alla D.C. (buona parte dei quali, insieme ad un elettorato craxiano è confluito nel centro destra), per apprezzare interamente la svolta del 94, ma comprendere anche le ultime vicende elettorali. Molfetta non è mai stata Bologna. Ma la svolta del 94 ha aperto uno scenario, prima che politico, culturale e civile, di comunanza di azione tra “uomini di buona volontà”. La sconfitta elettorale amministrativa non chiude un incidente di percorso, non normalizza la città e la politica. Sta a noi rinfocolare lo spirito di quella svolta. In questo contesto è utile approfondire, per rimuoverli, i limiti del nostro operato. Uno è il settarismo nella coalizione del centro sinistra.. E’ settarismo, cito Gramsci, quando “si ritiene di poter fare sempre certe cose anche quando la situazione politico-militare è cambiata”. La gente che ha applaudito Tizio e si è entusiasmata, il giorno dopo lo scantona, e poi successivamente lo rintuzza, lo bastona, lo denuncia. E Tizio non sa darsene una ragione. All’interno della società civile del 94, che si propose alla guida del cambiamento della città, sin dalla prima vittoria elettorale ha albergato una cultura della insofferenza verso le ragioni della politica intesa come scenario di rappresentanze di interessi sociali e di bisogni, di composizione e regolazione dei conflitti tra i singoli e le categorie sociali. Quella cultura ha stentato ad adattarsi al governo politico anziché tecnico; ad intendere il rigore come forma innovativa della equità sociale anziché come rigorismo; a contemperare la lungimiranza delle scelte strategiche con le risposte alle urgenze, non clientelari, dei bisogni; a cogliere la sfida della partecipazione democratica intesa non solo come (positivo) momento di informazione e consultazione, ma come delega di funzioni e cogestione dei produttori e degli operatori sociali. L’intransigenza di una parte di quest’area ha fagocitato i suoi stessi leader fino ad esprimere il proprio voto “utile” contro gli stessi candidati del centro sinistra nei collegi della camera e del senato. Ed è così’ che da una parte delle società civile è venuta una rinuncia alla egemonia politica (o forse non è mai stata ricercata). Non minore tasso di settarismo è presente all’interno dei gruppi dirigenti dei partiti della sinistra, culturalmente abbarbicati ai feticci delle rispettive sigle, diffidenti tra di loro per “antiche storie”, indifferenti tanto alla disintegrazione del movimento democratico organizzato nelle forme tradizionali (per alcuni “arcaiche”), quanto al mancato decollo delle nuove forme di aggregazione dei movimenti civili e di tutela dei cittadini. Con la vocazione al distinguo anziché al confronto ed alle proposizioni unitarie. E con l’ossessione della egemonia (ridotta a prevaricazione) e della riduzione subalterna. E con i “compagni autorevoli”, prodighi di indicazioni e consigli, ma refrattari a candidarsi nelle liste dei rispettivi partiti. I recenti risultati elettorali di tutti, sono a livelli di modeste liste civiche. A rischio di fuori giuoco. Delle formazioni della sinistra, alcune si sono assunte il ruolo di mosca cocchiera dell’amministrazione, altre si sono dissociate dalla esperienza amministrativa del centro sinistra e di Guglielmo Minervini, fino alla conseguente disponibilità a candidature, anche a sindaco, distinte da quelle del centro sinistra. A Guglielmo Minervini i settari (della società civile e dei partiti) hanno rimproverato in vario modo il guado dal movimento civile verso la politica organizzata e un partito, ed il suo divenire , da uomo super partes, “professionista” della politica. Non condivido le critiche, anzi ritengo che maggiore decisione nella maturazione di quelle scelte avrebbe aiutato il centro sinistra e la città. Certo Guglielmo ha peccato di leaderismo, così sottovalutando la necessità di una articolazione robusta sul territorio di tutte le forze del centro e della sinistra. Il consenso ad un progetto si vivifica e si verifica, plasmandolo in itinere, se vi sono nella società cellule di elaborazione e di iniziativa sociale. Non si ha riformismo senza popolo. Poi, probabilmente, la sua scelta di candidarsi al senato ha dato alla città la sensazione della incompiutezza del mandato di riconferma, della rinuncia al perseguimento degli obbiettivi prefissati (penso all’art. 51). Ma i meriti di Guglielmo Minervini sono superiori ai suoi limiti. Egli ha curato la fase del riordino amministrativo della città, di ripristino della legalità e capacità amministrativa. Ha restituito dignità alla città ed al suo palazzo. Ed è andato oltre in rispetto al mandato, incentrato sulla legalità e sulla trasparenza, che il suo elettorato gli aveva dato. Si è misurato con i problemi nuovi che la nuova fase imponeva: il governo dello sviluppo della città, della sua nuova identità. E si è confrontato con nuovi pezzi di società estranei alla sua cultura ed al suo elettorato, ed è stato richiesto di nuove risposte. Qui il sindaco, con l’amministrazione, è stato solo, e qui la maturazione collettiva di un rinnovato progetto per la nuova fase si è interrotta, impedita e ritardata dai settari. La causa della sconfitta, a mio parere, sta nel deficit di innovazione condivisa di progetto. E’ sembrato che, in rispetto alle accelerazioni al cambiamento, il centro sinistra fosse incapace di governarne con autorevolezza i processi avviati. Una crisi di crescita sulla quale ha pesato il settarismo diffuso nel centro sinistra. L’effetto conseguente di questa crisi è stato il ricatto e la paralisi amministrativa per interni rigurgiti clientelari e lottizzatori, per ambizioni personali, ai quali ha fatto seguito lo sbandamento a destra dell’elettorato. Da qui, dalla ricostruzione condivisa di un progetto innovato, occorre ricominciare. Non ignorando i meriti del centro sinistra. La sconfitta elettorale non può oscurare il buongoverno di sei anni del centrosinistra ed i meriti degli uomini che hanno gestito la cosa pubblica e dei partiti e movimenti che hanno sostenuto l’amministrazione. Nessuno di loro, uomini, partiti e movimenti, è stato o si è attrezzato come ricettacolo di clientele o snodo di “proposte indecenti”. La città si è dotata, per la prima volta dal dopoguerra, di tutti gli atti amministrativi di pianificazione (tra tutti il PRGC) e di regolamentazione; vi è stata la ripresa sana delle opere pubbliche; la città è capofila del patto territoriale; è nata una capacità di intercettare i flussi finanziari nazionali ed europei secondo gli attuali criteri di competitività qualitativa dei progetti, in concertazione con l’iniziativa privata; si è assicurato un sostegno dinamico agli insediamenti nella zona artigianale ed industriale; si è impostata una ripresa edilizia abitativa legata al deciso contenimento del prezzo finale della casa, per garantirne l’accesso sociale e porre fine alla folle anomalia del mercato molfettese; si sono create finalmente le condizioni del recupero del centro storico; si è prestata attenzione alla qualità della vita; A Molfetta non è caduta una giunta di potere. Non servono quindi capri espiatori, né improvvisati leader, ma riflessioni ed azioni conseguenti per riproporsi con fiducia alla città con una rinnovata cultura di governo e con un riformismo forte. La rigenerazione delle forze del centro e della sinistra, nell’alleanza dell’ulivo, è la condizione per la rinascita duratura. E’ possibile recuperare il consenso, pur dall’opposizione amministrativa. La giunta di destra dovrà misurarsi sui tracciati già posti dal governo di centro sinistra, o piegandosi a quei percorsi, o stravolgendoli in senso liberal-affaristico. Indico alcuni temi relativi al governo del territorio. a) il ruolo di garante dell’Ente Locale nell’assicurare ai cittadini aventi diritto il costo della casa di edilizia agevolata e convenzionata, ai prezzi predeterminati dagli atti amministrativi, tanto nelle zone di espansione (art. 51-167), quanto nel centro storico (isolati alienati a imprese e cooperative); b) la tutela del territorio agricolo (e la sua vocazione agricola - agrituristica ) da un processo di urbanizzazione selvaggia, magari camuffata da finalità agricole; c) La tutela del litorale tra Molfetta e Giovinazzo (D4) da una cementificazione che assecondi il mercato della seconda casa, anziché i previsti insediamenti “a rotazione”, per finalità turistico-ricettive. d) Il controllo di merito degli insediamenti produttivi nelle aree industriali, sotto il profilo delle ricadute sulla città in punto di effetti economici, ambientali, occupazionali e di qualità della vita. Su queste scelte, come su altre, vi è il bivio tra una gestione amministrativa di programmazione e regolazione, ed una di liberalizzazione e di soggezione alle spinte del mercato. Su questi, come su altri temi, l’una o l’altra scelta non è indifferente, ed ha una incidenza sui costi e sui ricavi per la collettività e per i singoli cittadini, sul futuro della città e delle nuove generazioni. La sinistra, anche recuperando le forme possibili di unità organizzativa e politica, svolga nell’ulivo il suo ruolo di protagonista del rinnovamento e della tutela sociale, ed abbia per riferimento, per lo svolgimento del riformismo forte nella città, il proletariato vecchio e nuovo (termine sempre valido per indicare le categorie sociali che vivono solo del proprio lavoro) e la piccola borghesia operosa della città. Lasci ad altri i richiami alla borghesia illuminata e ad egemonie antagoniste. Ed apra alle passioni civili e culturali ed alla pratica non violenta delle nuove generazioni. Con la consapevolezza che il cammino comune va ricercato con le aree moderate della città, aperte per cultura ed interesse, a principi di solidarismo e di sana intraprendenza economica. La strada sarà pur sempre in salita, ma un radicamento sociale più diffuso ed un progetto politico innovato e condiviso renderanno meno probabili le cadute. Franco Cives ____________ Nella foto: Franco Cives
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