Silenzio e parola, due modi per comunicare
Ritengo che sia molto importante educarsi a leggere, perché oggi ci si ritrova a leggere non solo dai giornali, ma anche dalle notizie sparse su Facebook sulla società e sulla politica. Queste notizie sono tantissime, tanto che non si riesce a leggerle tutte. Io ho una responsabilità, nel momento in cui ricevo queste notizie e anche un libero arbitrio: posso scegliere se leggerle o meno. Il messaggio che volevo far passare è che noi lettori abbiamo una responsabilità, oltre a quella che avete voi giornalisti che scrivete, e cioè quella di usare la nostra criticità nel leggere. Del resto se noi non leggessimo, voi giornalisti non avreste fatto niente, nel senso che le vostre sarebbero parole a vuoto. È questa la riflessione di una ragazza, poco più che ventenne, scaturita da un attento ascolto della conferenza “Silenzio e Parola”, organizzata in occasione della festa in onore di San Francesco di Sales, il patrono dei giornalisti e degli scrittori. Sacerdote e poi vescovo, questo uomo di Chiesa prediligeva il dialogo con i suoi fedeli; ma dato che questo non era sempre possibile, per poter meglio interagire con il popolo decise di scrivere una serie di manifesti e di biglietti, che faceva scivolare sotto l’uscio delle case della gente. In questo modo i suoi parrocchiani potevano essere informati in tempo reale di quello che succedeva e avere una certa quantità di notizie senza uscire di casa. E’ questo il principio su cui si fonda oggi il giornale in primis e poi tutti gli altri mezzi di comunicazione di massa che si sono susseguiti nel tempo, in particolare in questi ultimi decenni, che hanno visto una notevole evoluzione in campo tecnologico che ha fatto sì che le notizie arrivino molto più velocemente. La festa di san Francesco di Sales è segnata sul calendario al 24 gennaio, ma l’incontro si è svolto giovedì 26 gennaio all’auditorium San Domenico, presieduto dal vescovo della diocesi di Molfetta, Giovinazzo, Ruvo e Terlizzi, don Luigi Martella e ha visto la partecipazione di quattro illustri giornalisti della stampa locale, ovvero Felice de Santis, il nostro direttore, Rosaria Malcangi, Laura Giovine e Filippo d’Attolico. Costoro si sono cimentati in un commento del messaggio del Papa Benedetto XVI “Silenzio e Parola: un cammino di evangelizzazione”, messaggio che doveva confluire nelle celebrazioni della Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali, che si svolge a Maggio, ma che invece si è deciso di diffondere in occasione di questa festa religiosa molto importante per i credenti che si occupano di scrittura. Chi scrive è in parte d’accordo con l’affermazione di apertura di questo articolo. Infatti i social network, così come i giornali on line, ci offrono una quantità abnorme e ingestibile di informazioni. Da un lato questo risulta essere dispersivo, perché ci si sente piccoli e insignificanti di fronte a quest’enorme mole, che ci schiaccia se non sappiamo usarla bene. Dall’altra parte questi canali ci consentono di avere notizie che spesso vengono censurate dai canali più tradizionali dell’informazione, come i giornali e i tg, certe volte addirittura quasi obbligandoli a liberarsi del bavaglio che si sono autoimposti o a cui sono stati costretti, per evitare scandali. Ma nonostante questo aspetto positivo, bisogna comunque educare i giovani e non a gestire le informazioni, scegliendo accuratamente quelle importanti, da quelle accessorie. Non a caso occorre distinguere la comunicazione dall’informazione. Questo concetto si ricollega al tema della serata, che valuta il rapporto tra parola e silenzio, due termini solo apparentemente ossimorici, ma in realtà compenetrabili. Il silenzio, così come la parola, è infatti uno strumento di comunicazione. Parlare signif i c a t i v ame n - te può soltanto colui che sa tacere, altrimenti sono chiacchiere; tacere significativamente può soltanto colui che sa anche parlare, altrimenti è muto. Il silenzio è molto importante in una società la nostra in cui tutti parlano con tutti, tutti parlano di tutto, e tutti parlano al di sopra di tutti. E’ quello che succede nei talk show, politici e non, dove gli esponenti della nostra politica, della nostra intellighenzia e del nostro spettacolo parlano gli uni sopra agli altri, senza alcun tipo di rispetto per l’altro e le sue opinioni. Oggi non importa il messaggio che si esprime, quanto chi lo dice e, soprattutto, in che trasmissione o su che giornale lo si dice. Non c’è attenzione ai contenuti, ma al personaggio. Tutti parlano su qualunque cosa, anche se si tratta di campi al di fuori della loro competenza e spesso, anche della loro portata. Non c’è più silenzio, e con silenzio non intendo semplicemente la mancanza di parola, ma il silenzio costruttivo, quello che ci permette di ascoltare ciò che gli altri dicono, di analizzarlo, ma soprattutto di metabolizzarlo. Prendersi il proprio tempo per far rimbalzare quelle parole nel cervello, lasciare che il messaggio maturi, prima di far sentire la propria voce, la propria opinione. Perché un dibattito non dovrebbe essere una gara a chi urla di più, a chi parla per più tempo, e neanche a chi ha usa la retorica migliore, ma un modo di confrontarsi civilmente e pacificamente. In altre parole il silenzio e la parola sono due entità opposte, che non possono fondersi in un’unica azione, ma che possono incontrarsi a metà strada in un abbraccio.
Autore: Olimpia Petruzzella