MOLFETTA - Secondo l’art. 34 della Costituzione Italiana l’istruzione è obbligatoria e gratuita, ma, come i cicloni atlantici sulla East Coast, alcune catastrofi si abbattono periodicamente sulla scuola pubblica italiana, attanagliata dai tentacoli del business. La catastrofe in questione è la proposta di Legge Aprea che prende il nome dall’omonima deputata, esponente del Pdl che recentemente ha assunto il ruolo di assessore alle Politiche Scolastiche della Regione Lombardia nella giunta Formigoni.
Con una non minore forza catastrofica dei passati decreti e progetti di legge formulati dall’allora ministro dell’Istruzione Maria Stella Gelmini, in realtà questo decreto ha visto la luce nel lontano 2008 (sotto il governo dell’ex premier Berlusconi) e da allora la sostanza è rimasta quasi del tutto invariata. Ed è per questo che gli studenti hanno deciso di scendere in piazza già nei giorni scorsi in Italia e anche a Molfetta e di alzare la voce per fare in modo che il 30 novembre il Governo decida in modo razionale e coerente il futuro della scuola pubblica. Infatti, alla fine del mese sarà chiesta l’approvazione del DDL 953, ovvero l’ex legge Aprea (norma per l’autogoverno delle istituzioni scolastiche e statali).
A lottare per i propri diritti gli studenti delle scuole superiori di Molfetta si faranno sentire questa sera dalle ore 18.30 (raduno in stazione) in un corteo che invaderà per l’intera serata il centro della città e non solo. La manifestazione è organizzata dagli alunni del Liceo Scientifico "Albert Einstein", particolarmente attivo. Gli studenti dicono no al taglio dei fondi per la scuola pubblica, all’eliminazione del diritto di assemblea e al blocco degli scatti di anzianità per gli insegnanti. E rifiutano nettamente la possibilità per le scuole pubbliche di ricevere finanziamenti da enti privati.
«Siamo di fronte ad uno Stato che ci ha deluso per l’ennesima volta pugnalando alle spalle la scuola pubblica e provocando conseguenze negative nei confronti degli studenti. Vogliamo protestare senza provocare disagi ai docenti impedendogli di fare lezione, ma manifestare in maniera pacifica e civile - hanno spiegato a Quindici Eugenio De Benedictis e Marcello Del Rosso, entrambi rappresentanti d’istituto del Liceo Scientifico -. Il nostro obiettivo primario è quello di farci sentire attraverso una lettera al Ministro dell’Istruzione».
Anche l’ITIS “Galileo Ferraris” si è dichiarato contrario al testo della legge e ha deciso di opporsi. «Nella giornata di ieri gli studenti hanno posto in essere un SIT-IN pacifico nei corridoi della scuola e chiedendo l’ausilio dei docenti a scendere in piazza per protestare», ha affermato De Palma Cristoforo Davide, rappresentante d’istituto dell’I.T.I.S. con Claudia Castriotta e Daniele Mastandrea.
La verità nel caso in questione sta nel mezzo. In Italia ci vuole più bastone che carota. Il Ministro Profumo non ha fatto altro che varare una serie di articoli nella legge di stabilità che cambieranno ancora la scuola e la ricerca, alimentando un pacchetto di polemiche di alta intensità in una scuola italiana già carica di esplosivo da tempo.
Innanzitutto, il ministro dell'Istruzione chiede agli insegnanti delle scuole di ogni grado (dalle elementari alle secondarie) di aumentare il numero di ore lavorate a parità di stipendio, portandole da 18 a 24 ore a settimana (alle elementari questo è già l'orario di fatto). Un aumento consistente, pari a un terzo dell'orario oggi in vigore. Per il ministro è opportuno portare il livello di impegno dei docenti sugli standard dell'Europa occidentale: la scelta di governo toglierà spazio a molte supplenze (sia quelle brevi che i cosiddetti spezzoni) e con il risparmio ottenuto si gireranno risorse sull'edilizia scolastica e sulla formazione dei docenti. Secondo il ministro, la scuola italiana dovrebbe essere «meno chiusa e più europea» ed è già per una dichiarazione del genere che ci vorrebbe più bastone che carota.
Inoltre, la contropartita offerta dal ministro ai sindacati e ai docenti, è quella di aumentare il periodo di ferie estive, 15 giorni in più. Oggi la classe insegnante ha a disposizione un mese di riposo in media, ma spesso nel periodo estivo l'attività lavorativa è ridotta (se non nulla) e quindi i docenti risultano in lavoro anche se di fatto non sono impegnati. Profumo offre uno scambio: 45 giorni di ferie certe da una parte e un aumento di 75 minuti di lavoro al giorno nei mesi del calendario scolastico. La novità oraria è legata, se pur indirettamente, all'ultimo taglio richiesto dalla legge di stabilità al ministero dell'Istruzione (-184 milioni di euro).
Da non sottovalutare è anche il meccanismo di autovalutazione introdotto tramite le prove Invalsi, funzionali a creare una gerarchia di istituto, non tenendo conto del lavoro svolto dai singoli docenti. Il fatto che il funzionamento dell’istituto sia affidato a questa prova non costituisce una base certa anche perché, ancora una volta, affida il compito di controllo a una figura esterna che non vive la scuola, né ha un contatto diretto.
Infine, si assiste a una vera e propria rivoluzione nel mondo della ricerca pubblica. I dodici enti di ricerca sono stati di fatto soppressi e riorganizzati in un Centro nazionale di ricerche. Il tutto senza togliere posti di lavoro, assicura sempre Profumo. Sarà vero? Il modello di ricerca ispiratore è sicuramente quello tedesco e consentirà una razionalizzazione anche delle sedi.
La legge afferma anche che le scuole possono «costituirsi in reti e associazioni per ricevere contributi da fondazioni finalizzate al sostegno economico dell’attività». Da ciò si evince come una progressiva apertura delle scuole ai finanziamenti privati possa produrre un conflitto d’interessi. Se consideriamo che il potere decisionale nell’ambiente scolastico, come purtroppo in molti altri, dipende dal denaro, è abbastanza semplice intuire chi avrà il coltello dalla parte del manico. Ed è per tutta questa serie di motivi che gli allievi delle scuole superiori di Molfetta hanno le idee chiare e assicurano che la protesta continuerà almeno finché le loro richieste non saranno ascoltate. E ormai noto come sulla scuola italiana soffia il vento della protesta.
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