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Scontro treni tra Andria e Corato. Il dolore e la solidarietà dei “terroni doc”
13 luglio 2016

Vorrei conoscere il nome di quell’eroe che non ha mai pensato che un giorno avrebbe dovuto comunicare a due genitori che il proprio figlio non sarebbe più tornato da scuola, che il rimprovero del mattino perché non perdesse il treno e il bacio di saluto, sarebbero stati  gli ultimi.

Vorrei vedere i l volto di quell’angelo che ha cinto con le ali le spalle di quell’uomo  che non giocherà mai più con la sua donna e la loro figlioletta e vivrà nel rammarico di non essere stato anche lui stretto in quell’abbraccio su quel treno.
Vorrei guardare negli occhi i volontari che sono stati vicini al bimbo che ha perso la nonna, nell’attesa che i suoi genitori lo raggiungessero.
Vorrei avere almeno un briciolo della grandezza di quell’anima che ha comunicato alla giovane donna che il giorno dopo, il suo papà non l’avrebbe accompagnata all’altare perché era su quel treno tra Andria e Corato (immagine di Alberto Ficele).
Ma non ho niente di tutto questo. Solo dolore, disperazione, rammarico per come sono andate le cose.
Quante volte spingiamo i nostri figli ad andare a scuola anche se non vogliono… e che colpa ha l’agricoltore rimasto schiacciato dalle lamiere mentre lavorava nei propri campi.
Quanto dolore per queste tragedie annunciate, quante domande che rimarranno senza risposte… Come si può sopravvivere? Come? Beato chi potrà trovare consolazione nella fede o nella ragione.
Uniti nel dolore, chiunque può identificarsi nel genitore, nel figlio, nel nipote di un passeggero di quei treni. Per questo la risposta dei cittadini è stata unita, silenziosa ed efficiente. Migliaia di persone stanno donando il sangue, una parte importante di loro stessi, senza clamore, senza enfasi, così in maniera naturale, fisiologica, come avviene nella “terronia” dove alle tragedie si risponde unendosi ancora di più, dove i figli sono figli di tutti, dove i dolori e le gioie sono i dolori e le gioie di tutti, dove si divide quello che si ha, come il sangue. Senza annunci, senza conferenze stampa. Perché i cittadini del Sud non perdono tempo a “ragionare”; quando c’è bisogno, si donano, senza gli stereotipi che TV e giornali confezionano ad hoc. Molfetta, Andria, Barletta, Bari e altre città ancora hanno centri trasfusionali saturi di gente che aspetta composta, con queste temperature, di poter dare il proprio contributo, di poter donare ciò che ha, perché non può dare altro, altrimenti lo darebbe (foto di Corrado Bufi, un donatore).
E allora grazie, grazie, grazie a chi rinuncia ad un giorno di vacanza, ad un giorno di lavoro. La migliore risposta la diamo noi TERRONI DOC.

© Riproduzione riservata

Autore: Beatrice Trogu
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Un certo Nicola Salinaro, uno dei soccorritori risponde al tipo che esultava dell'incidente: Caro "uomo del Nord", Sono italiano, meridionale, pugliese e barese. Ho letto ciò che hai scritto e, credimi, per scelta non ho scritto bestemmie. Per scelta non ho incitato all'odio. Per scelta non vengo lì a "dirtene quattro". A Bari si dice che "tiri le mazzate dalle mani" significa, che ti stai attirando fiumi di persone che hanno voglia di gonfiarti la faccia. Bèh, ti consiglio di chiedere scusa! Non ti crederemo, non le accetteremo, ma noi siamo pugliesi, meridionali. Arriveremmo a millimetri dal tuo viso, carichi di odio e con la voglia di sfogare la rabbia ma, tranquillo, non ti sfioreremmo. Perché sappiamo cosa è la dignità, il rispetto, l'onore. La tentazione di sarebbe tanta, ma, arrivati ad un millimetro dal tuo viso, dopo averti fatto solo provare il terrore di "accarezzarti" ci gireremmo per andare ad abbracciare, con ancor più forza, chi piange per quelle vittime. Andremmo a sudare e rimboccarci le mani come solo i meridionali sanno fare. Caro uomo del Nord le vittime aumentano e ti verranno a cercare nei tuoi incubi, noi uomini del terzo mondo nel frattempo andiamo avanti, cerchiamo di capire come fingere normalità e, tra mille cose da fare, affolliamo gli ospedali per donare il sangue. Se vuoi te ne offriamo un po del nostro per una trasfusione, così magari inizi a diventare un uomo vero! Ah, non aver paura di venire al Sud, in questo "terzo mondo" sappiamo amare, onorare ed integrare. Non ti faremo sentire un turista, tranquillo. Chiunque viene al Sud, ed ancor più in PUGLIA, si sente a casa e quando capirai che splendide persone stanno vivendo questa tragedia piangerai. Si piangerai e ti sentirai morire dentro per quelle parole scritte. Solo in quel momento, forse, ti perdoneremo e, da pugliesi, ti abbracceremo. Buona Vita. Un saluto cordiale a tutta l'Italia che ci è vicina! Perché noi non coltiviamo rancore, siamo abituati al sole!

E' UNA TRAGEDIA IMMANE". Così si commenta quanto successo. Un dolore inconsolabile per chi improvvisamente e inconsapevolmente, direttamente e indirettamente, è stato coinvolto in questo tragico, dolorosissimo avvenimento. Viviamo in una società in cui la morte è considerata ancora un tabù di cui è difficile parlare. Eppure giornalmente viviamo a contatto con quello che, nonostante tutto, rimane un evento che fa parte direttamente o indirettamente della vita di ciascuno. Per qualcuno servono anni prima che le profonde ferite lasciate si cicatrizzano, per altri invece avviene spesso un collegamento del dolore e della tristezza o della sintomatologia depressiva a tutti i campi della vita della persona. Dove trovare consolazione? Nella fede? Nella ragione? Come non ricordare le terribili parole di Papa Wojtyla: "DIO NON SI RIVELA PIU', SEMBRA NASCONDERSI NEL SUO CIELO, IN SILENZIO, QUASI DISGUSTATO DALLE AZIONI DELL'UMANITA'". Per farlo, deve credere di una fede paradossale ed estrema. Deve credere come credevano in Dio i maestri hassadici quando nel mezzo delle più atroci persecuzioni danzavano, quasi a consolare Dio delle stragi che subivano. Oppure essere persone convinte che pensare a Dio e porsi il problema di Dio, sia uno dei compiti fondamentali, se non il massimo compito, come dicevano Platone e Aristotele, del pensiero. - "Quando una disgrazia è accaduta e non si può più mutare, non ci si dovrebbe permettere neanche il pensiero che le cose potevano andare diversamente o addirittura essere evitate: esso infatti aumenta il dolore fino a renderlo intollerabile. (Arthur Schopenhauer)

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