Scontro sul futuro della pista di pattinaggio di ponente
Anche nel centro destra sono contrari a destinarla al calcetto
Strana storia quella della pista di pattinaggio di Ponente. Una vita tribolata, la sua, ed un paradosso: per una struttura destinata alle gare ad alta velocità i lavori si sono sempre svolti a rilento. Anzi, a dirla tutta quelli di completamento non sono mai stati fatti. Si sono alternate diverse amministrazioni di diversi colori politici dall'anno in cui fu costruita ma mai, in tutto questo tempo, ai cittadini è stato presentata l'opera compiuta.
Si decise, negli anni '80, di dar slancio al pattinaggio. Nutrita era, fin dal primo pomeriggio, la partecipazione dei ragazzi molfettesi a quello sport minore: le piste del palazzetto “Don Sturzo” erano zeppe di praticanti sulle rotelle; ad essi si affiancava l'hockey che, soprattutto grazie alle donne, mieteva successi nazionali e catturava l'attenzione degli sportivi di casa nostra. Si volle andare oltre: dotare Molfetta di una pista sopraelevata per coltivare talenti nel pattinaggio ad alta velocità. Si costruì, non si completò. Mancavano le balaustre di recinzione che proteggessero gli atleti da fatali capitomboli: la disciplina era pericolosa. In mezzo, un'altra pista per il pattinaggio, per così dire, “lento”, la quale non necessitava di particolari attenzioni e divenne subito usufruibile dagli appassionati.
Poi è passato il tempo ed è passata la moda del pattinaggio in generale: sempre meno ragazzi si avvicinavano a quello sport; qualche società usciva di scena.
La pista sopraelevata di Ponente iniziava a subire l'usura del tempo ed ancora nessuno aveva saggiato la consistenza delle sue mattonelle. Saltuariamente faceva capolino qualche mountain-bike di qualche giovincello incosciente che trasformava quell'ovale in un circuito ciclistico. Nelle ore (tante) di vuoto la pista interna diventava un campo di calcio per chi voleva giocare a pallone senza far lo slalom tra le auto.
Ora che l'attuale amministrazione ha deciso di occuparsi di quello che doveva essere un gioiellino e che invece oggi è, parole dell'assessore ai Lavori Pubblici Visaggio, “un rudere”, si imbocca la strada più comoda (per le ruspe): azzerare una struttura bisognosa solo di ritocchi per far spazio ad un campo di calcetto (alle spalle di altri due privati ed a meno di cento metri da un altro campetto in erba ridotto maluccio) da realizzare ex novo affidandosi alla tecnica della “finanza di progetto”. Distruggendo, più che i mattoni bianchi di quella, la possibilità di rilancio di uno sport in decadenza e creando un altro impianto doppione, essendo stati ultimati da poco altri due campetti in erba nel complesso tennistico di Levante.
La soluzione, all'apparenza folle, tale è sembrata anche ai consiglieri Panunzio (An), Fiorentini (Sdi) e Centrone (Udc), i quali hanno acceso il dibattito con una polemica trasversale durante una seduta del consiglio comunale. “E' un delitto”- ha gridato il primo dei tre - “buttar via centinaia di milioni in questa maniera”. All'obiezione dell'assessore Visaggio secondo cui la domanda di utilizzo sarebbe stata in questi anni carente la risposta è stata pressoché unanime: “Come potrebbe una società chiedere di far uso della pista sopraelevata se la stessa è, in sostanza, inagibile?”.
Dovrebbe essere d'altronde chiaro che per far nascere veloci corridori su rotelle è indispensabile una struttura in cui allenarsi: cancellando il circuito sopraelevato si priverebbe la città di un'altra disciplina sportiva.
E' stato fissato dall'amministrazione un termine di due mesi per proporre altre vie da percorrere, scaduti i quali si batterà la strada inizialmente paventata. Avanzata è stata anche l'ipotesi di destinare a campo di calcetto solo la pista interna “salvando” quella sopraelevata: sarebbe una soluzione bipartisan, spazio permettendo.
Eugenio Tatulli