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Salgono a 4 gli indagati per la morte dei due operai nel pozzo-cisterna di Molfetta. Il vertice in Prefettura
22 aprile 2014

MOLFETTA – Sono saliti da 2 a 4 gli indagati con l’accusa di omicidio colposo per l’incidente del pozzo-cisterna della ditta di trasformazione di prodotti ittici “Di Dio” di Molfetta nel quale l’8 aprile scorso Nicola e Vincenzo Rizzi padre e figlio, che lavoravano nell’omonima azienda di autospurgo, persero la vita per salvare l’altro figlio Alessio caduto nel pozzo.

La notizia è emersa nel corso del vertice in Prefettura al quale hanno partecipato oltre al prefetto Antonio Nunziante, il procuratore capo del Tribunale di Trani Carlo Maria Capristo, i responsabili della sicurezza e rappresentanti legali della “Di Dio”, i rappresentanti dei Comuni di Molfetta (c’erano il vice sindaco Bepi Maralfa , l’assessore alle attività produttive Francesco Bellifemine e l’assessore all’Urbanistica e Ambiente Rosalba Gadaleta) e Bitonto (il vice sindaco Rosa Calò), i vertici delle forze dell’ordine e il pm inquirente, Antonio Savasta. Il magistrato ha finora accertato la mancanza di autorizzazioni igienico-sanitarie nella gestione dei liquami  della azienda ittica che resta sotto sequestro.
E proprio sulla questione della sicurezza ha insistito Capristo (nella foto, a conclusione della riunione, accanto al prefetto Nunziante) al termine del vertice, che ha definito molto proficuo, insistendo molto sulla necessità di cambiare la cultura della sicurezza: “Il problema delle morti sul lavoro si è ripresentato perché si è trascurata molto la questione  della sicurezza e perché in questi tempi di grande crisi gli imprenditori, non tutti ma una buona parte, tagliano i costi della sicurezza perché non ce la fanno ad andare avanti. Il problema degli incidenti sul lavoro rischia di diventare davvero molto serio nei prossimi mesi, nei prossimi anni se non cambia l’aspetto della cultura della sicurezza sulla quale sia io sia il prefetto abbiamo molto insistito. Con le forze di polizia che si occupano di sicurezza e di lavoro nero ci sarà un coordinamento a livello regionale da parte della prefettura di Bari con la collaborazione della magistratura, in questo caso della procura di Trani: vogliamo evitare di piangere altri morti”.
Capristo, che non ha rivelato particolari sull’inchiesta in corso, ha tenuto a sottolineare di aver ricevuto “grande collaborazione dai sindaci di Molfetta e Bitonto che si stanno attivando per un controllo sul territorio: ricordate che su Molfetta ci sono 5.000 aziende.
“Speriamo di non dover piangere altri morti, come ha detto il procuratore - ha concluso il prefetto Nunziante - su questo c'è una forte volontà perché la vita è una cosa sacra. Faremo controlli mirati».
Ricordiamo che proprio a Molfetta, il 3 marzo 2008, ci fu un altro grave incidente sul lavoro: morirono 5 operai nella cisterna che stavano pulendo.
Dai controlli fatti dalla Guardia di Finanza in provincia di Bari emerge che nel 2013 sono stati scovati 510 lavoratori “in nero”, 101 irregolari e sanzionati 251 datori di lavoro. Nel primo trimestre del 2014 i lavoratori in nero sono stati 109, gli irregolari 11, i datori di lavori sanzionati 31.
Dal vertice in Prefettura è emerso anche un altro dato preoccupante:  soprattutto per le aziende che operano nelle zone artigianali, le autorizzazioni rilasciate non sono conformi con l'attività effettivamente svolta, oppure capita che l'impresa avvii la propria attività sulla base di autorizzazioni parziali. Criticità sarebbero state riscontrate negli sportelli delle attività produttive dei Comuni in cui si trovano le aziende interessate dalle indagini penali. Questi uffici non farebbero controlli per accertare se l'attività svolta dalle imprese è compatibile con le autorizzazioni rilasciate. Per questo la prefettura potrebbe chiedere ai Comuni di riqualificare il personale addetto agli sportelli delle attività produttive e chiedere verifiche ai vigili urbani. Infine, a breve sarà avviata una moral suasion, che terminerà probabilmente con la sigla di un protocollo, con la quale le aziende saranno invitate a mettersi in regola secondo un crono-programma per evitare la chiusura.
Insomma, un giro di vite necessari a salvaguardare altre vite umane che non possono essere sacrificate per risparmiare denaro in tempo di crisi: meglio chiudere un’azienda che veder morire altri operai.
L’avvio di un osservatorio intercomunale per monitorare da vicino i dati sulla sicurezza del lavoro, è stato confermato anche dal vice sindaco di Molfetta Bepi Maralfa: “Siamo stanchi di essere teatro di così gravi tragedie, spesso dettate da errori e disattenzioni così banali. Bisogna ripartire controllando i controllori e saranno i Comuni a fare da sentinella sul territorio”.

Per l’assessore alle attività produttive Francesco Bellifemine “sarà avviato un coordinamento anche per la verifica dei dati, attraverso un lavoro di squadra che permetterà di realizzare specifici interventi di prevenzione. Sul territorio cittadino sono registrate quasi 5 mila aziende di vario tipo: dal commercio alle industrie, senza calcolare i cantieri aperti in città, nell'agro e le partite IVA. Il controllo di tutte queste realtà sarebbe immane. Per questo bisogna agire sul piano della prevenzione partendo da una mappa delle attività più a rischio. Sarà tra i compiti dell’Osservatorio. Abbiamo colto l’occasione per chiedere la collaborazione dell’Ispettorato del lavoro e del Prefetto perché al momento l'INAIL non ha ancora reso note le statistiche ufficiali del 2013. Fondamentale sarà poi il coinvolgimento delle aziende, dei sindacati e dei lavoratori. Una buona cultura del lavoro si costruisce non considerando la sicurezza un costo, ma una garanzia".


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