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Rotary e Lions alla scoperta delle orme di dinosauro
15 giugno 2011

Una magica follia, la scoperta delle orme di dinosauri in contrada San Leonardo a Molfetta. Nell’ottobre 2007 l’esclusiva di Quindici rivelò il ritrovamento al pubblico. Sono passati quasi quattro anni, ma l’area non è stata ancora protetta con adeguate strutture e musealizzata. Si rischia l’erosione delle tracce da parte dagli agenti atmosferici: per tamponare il naturale degrado della superfi cie non sono stati eliminati i riempimenti naturali. Necessaria la tutela del sito per la sua val o r i z z a z i o n e turistica, ma soprattutto per salvaguardare una testimonianza così importante della storia bio-geologica della Puglia e dell’agro molfettese. Un elemento che arricchirebbe il patrimonio archeologico di Molfetta, accanto al Pulo. I fi nanziamenti piovono con il contagocce, la spinta maggiore dovrà arrivare dal Comune di Molfetta, dalla Provincia di Bari e dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici della Puglia, ma l’impegno economico dovrà gravare sulle carte del Ministero per i Beni e le Attività Culturali. Da due anni la Soprintendenza sta studiando l’area con metodi classici (come il calco del telone) o laser di scannerizzazione in 3D (fi no a ora scannerizzati i due terzi dell’area). Al termine dello studio, sarà possibile avviare un’attività museale. Perciò, il sito non è ancora aperto al pubblico ed è vietato l’ingresso ai non addetti ai lavori. LA SCOPERTA «Avevo notato la cava perché percorrevo di frequente quella strada di campagna per tornare a casa - ha spiegato a Quindici dott. Cesare Davide Andriani, geologo vulcanologo, che nel giugno del 2005, iscritto da appena un anno alla facoltà di Geologia di Bari, scoprì la prima orma di dinosauro - e, siccome allora stavo preparando l’esame di Geologia, pensai di poter vedere da vicino un affi oramento roccioso». Superfi cie libera molto ridotta, perché ricoperta da detrito e arbusti, ma il dott. Andriani rimase colpito da «forme strane»: «diffi cile immaginare come sia stato possibile fare caso a degli avvallamenti sparsi e colmi di pietrisco - ha aggiunto - ma tutto d’un tratto concentrai la mia attenzione su quelle forme per terra». Osservatele con attenzione, una a una, nella forma, nelle dimensioni, nella disposizione spaziale, «mi rendevo conto che erano simili tra loro». «Pensai a come si erano potute formare, e fu allora che immaginai i dinosauri», l’intuizione del dott. Andriani. «Sapendo che quella superfi cie è del Cretaceo e che i calcari della terra di Bari contengono altre tracce fossili simili, avevo ora in mente tutta una serie d’indizi che costituivano un quadro coerente, un’ipotesi più che probabile». Tra eccitazione, stupore e angoscia, «quei giorni non furono semplici per me, perché non volevo andare all’Università e raccontare sciocchezze». Per avere maggiore sicurezza, «tornai in quella cava molte volte, in varie ore della giornata, per osservare le orme con luce diversa», ma «solo quando mi convinsi di avere un’idea chiara e defi nita accompagnai tre compagni di studi e in quell’occasione scattammo diverse foto, le caricammo su un cd che consegnai al prof. La Perna all’Università». «Quest’ultimo le guardò e mi disse che avrebbe dovuto contattare altri esperti prima di confermare il mio pensiero e mi chiese di lasciargli il mio numero poiché mi avrebbe fatto sapere. Dopo diversi mesi mi contattò Marco Petruzzelli, allora all’ultimo anno e tesista». Sarà il dott. Fabio Dalla Vecchia, riconosciuto studioso di rettili del Mesozoico, a confermare l’ipotesi. IL SITO E LE ORME «Il sito si trova in una cava di proprietà privata che esiste dal 1800», la spiegazione del dott. Marco Petruzzelli, direttore dei lavori e paleontologo, che nel 2002 ha scoperto un sito simile a Giovinazzo, ma in una cava ancora attiva, durante la visita al sito organizzata dai Club di Molfetta Rotary e Lions. Quasi 115milioni di anni, l’età delle impronte collocate a pista (distanza breve e sempre uguale, tipica dell’andatura di un quadrupede di grossa mole) su un piano inclinato a causa dei movimenti tettonici (solo 80milioni di anni per quelle di Altamura). Un centinaio le orme, solo una ventina quelle visibili in modo chiaro. Animali vertebrati del Cretaceo, gli autori, forse di passaggio dall’area molfettese. Purtroppo, non è possibile aff ermarne con certezza la specie (forse dinosauri erbivori, sauropodi e ornitopodi), ma la loro altezza è stata stimata in quasi 10 metri, mentre la lunghezza in 4-5metri. Com’è stato possibile conservare queste impronte? Nel Cretaceo Superiore gran parte delle aree pugliesi dove sono stati rinvenute orme di dinosauri (tra cui Altamura, Ruvo di Puglia, Molfetta, Giovinazzo e il Gargano) erano caratterizzate da ampie spiagge ricoperte da periodiche maree (piane tidali), su cui si sono fossilizzate le impronte. Secondo alcuni studiosi, la piattaforma appula doveva essere un promontorio della penisola africana. Nel 2009 i fi nanziamenti regionali di «Bollenti Spiriti», in base al progetto presentato dal dott. Petruzzelli («Dinosauria Adriatica»), hanno permesso la bonifi ca dell’area, la costruzione di un muretto a secco di contenimento per evitare il ristagno dell’acqua o il suo defl usso e l’installazione di un cancello per chiudere l’ingresso. Ma è ancora troppo poco. Nonostante l’enorme valore storico-turistico, i cittadini di Molfetta non ne conoscono l’esistenza. E se il tempo dovesse scorrere ancora, il rischio è di perdere un tesoro così prezioso. Basti pensare che nel resto della cava è ancora presente un cumulo di detriti edili, il cui smaltimento ammonta a quasi un milione di euro.

Autore: Marcello la Forgia
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