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Rivoluzione nella pesca: addio al legno, ecco il primo motopesca in acciaio Farinola (armatori): speriamo di convertire l'intera flotta
15 febbraio 2007

Rivoluzione nella pesca a Molfetta. Dopo secoli di navi in legno, arrivano i pescherecci in acciaio. Il primo motopesca di questo tipo, costruito nei nostri cantieri, è stato varato nei giorni scorsi. «Elena» è lungo 12 metri, largo 5,5 e ha una stazza lorda di 21 tonnellate. Il desiderio degli armatori sarebbe quello di convertire l'intera flotta da scafo in legno a quello in ferro e acciaio. Domenica 28 gennaio, alle ore dieci e trenta, lo scafo dell' “Elena” è scivolato sui binari del suo cantiere per raggiungere il mare. E' la prima imbarcazione in ferro per la pesca costruita a Molfetta. Il nuovo materiale di costruzione permetterà maggiori comfort a bordo e garantirà, soprattutto, migliori standard di sicurezza dell'imbarcazione. Gli alloggi saranno molto meno umidi e quindi molto più salutari, nella nuova imbarcazione, rispetto a vecchi pescherecci; ma è sul piano della sicurezza che la nuova imbarcazione raggiunge standard ottimali, se si considera che il materiale utilizzato permette la sistemazione di paratie stagne antia f f o n d a m e n t o , impossibili da prevedere nelle barche in legno. Per avere un'idea precisa dell'importanza di dette paratie per la sicurezza del natante basta ricordare che esse sono la parte strutturale dello scafo che mancò al “Titanic”, allora, purtroppo, non erano obbligatorie, e proprio la loro assenza costituisce uno dei motivi che ne ha causato l'affondamento. “L'obiettivo raggiunto è, quindi, importante ma non è un traguardo” a sottolinearlo è Mimmo Farinola, direttore dell'Assopesca, l'organizzazione che associa gli armatori dei pescherecci molfettesi. Farinola parla di un rinnovamento ed ammodernamento dei natanti da pesca che va esteso su ampia scala perché vantaggioso oltre che necessario. “La nuova tecnologia dello scafo in metallo è presente in altre marinerie dell'adriatico da oltre un decennio”. “Il gap tecnologico della flotta molfettese – dice Farinola – deve essere necessariamente recuperato altrimenti la crisi che il settore ha dovuto e sta affrontando in quest'ultimo periodo allontanerà sempre di più i giovani dalla pesca, con il rischio di perdere definitivamente un nostro patrimonio culturale, di esperienze, di professionalità e di tradizioni così legato alla storia della nostra Comunità”. Chi è nell'ambiente afferma che è già un miracolo che le cose stiano ancora in piedi. Ci sono un insieme di disposizioni normative e di politiche della pesca, a livello nazionale e soprattutto comunitario, che, in sintesi, invogliano gli armatori a demolire le proprie navi da pesca. “Almeno dal punto di vista puramente economico - dice un marinaio - converrebbe licenziarci e demolire”. Ma Farinola non è dello stesso parere: “La flotta ha attraversato anche in passato crisi cicliche. Ora crediamo nella ripresa grazie alle risorse del FEP (Fondo Europeo per la Pesca) ed alle nuove politiche di sostenibilità, ambientale ed economico sociale della Comunità Europea. Ci saranno nuovi aiuti economici che se ben finalizzati potranno aiutare il settore a recuperare livelli di sviluppo sostenibile, equilibrando le politiche di tutela ambientale con quelle di sostegno socio economico alle imprese”. Farinola insiste sulla necessità di trovare punti di equilibrio e di sintesi tra gli obiettivi di sostenibilità ambientale e quelli socio economici: “La Commissione sembra aver puntato esclusivamente sulla riduzione dello sforzo di pesca e quindi sulla riduzione delle imbarcazioni per raggiungere il massimo rendimento sostenibile e garantire quindi la redditività dell'industria della pesca”. Le nuove costruzioni sono state negate e l'ammodernamento è stato solo parziale e limitato. La flotta, giudicata “vetusta” dagli addetti al settore, ha un'età media di 20-25 anni. Inutile scrivere che la stragrande maggioranza delle imbarcazioni ha scafo composto in legno. Il rinnovamento tecnologico può portare solo vantaggi. La costruzione in ferro consente un evidente approccio di tipo industriale, piuttosto che a quello artigianale che, purtroppo, anche se legato alla nostra storia della cantieristica navale, non trova più maestranze né tanto meno prospettive di nuove generazioni. In una programmazione di tipo industriale dei cantieri da pesca troverebbe facile sinergia il polo industriale ed artigianale del settore meccanico che si sta sviluppando nella nostra città. Una trasformazione in senso industriale della cantieristica, inoltre, potrebbe apportare benefici sia sui tempi che sui costi di realizzazione dei natanti oltre agli indiscutibili vantaggi dell'ammortamento dei natanti, sul piano della sicurezza, dell'igiene e sanità, dell'agibilità e su quello del contenimento dei costi di gestione. I cantieri navali molfettesi sono pronti al passo tecnologico. “L'ingegnere navale Samarelli, esperto anche in costruzioni di imbarcazioni in vetroresina, ha compiuto quasi un miracolo – continua il direttore dell'Assopesca – nella conversione dei cantieri siti nella nostra città e da lui diretti con attenzione e competenza”. Unica richiesta da questo fronte è un maggiore spazio per le nuove strumentazioni tecniche necessarie. Ormai inidonea sul piano funzionale e della sicurezza l'area che ospita attualmente la cantieristica anche perchè troppo vicina ad un fitto tessuto urbano. Farinola, rispondendo a una nostra domanda sul nuovo porto, dice: “La nuova struttura portuale ci porterà grandi vantaggi perché avremo sicuramente più spazio e più servizi per la pesca. Purtroppo anche su questo punto scontiamo dei pesanti ritardi. L'eccessivo traffico ha spinto metà della marineria della città ad utilizzare altri porti limitrofi. Puntiamo a riportare almeno parte di quelle imbarcazioni molfettesi nel nostro porto”. Infine alla nostalgica domanda su “Cosa ne sarà delle tradizioni?”, risponde: “Il lavoro del maestro d'ascia si è ormai perso; il metallo non ha l'anima del legno ma nel terzo millennio bisogna parlare molto più di economia che di anima”. Le parole, realistiche, sottendono la speranza di portare a Molfetta, in tempi relativamente brevi, una tecnologia che sarebbe dovuta giungerci 10-15 anni fa. Con essa si punta ad uscire dal periodo di crisi che si sta vivendo.
Autore: Sergio Spezzacatena
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