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Riforme e rivoluzione nel '700, conversazione storica all'Università popolare molfettese
21 gennaio 2012

MOLFETTA - Imparare dal passato, il leit motiv dell’incontro «Il 1700 tra riforme e rivoluzioni» tenutosi alla Università popolare molfettese. Nu8merosi gli spunti offerti ai presenti dal prof.  Angelantonio Spagnoletti (in una foto di archivio), docente di Storia degli Antichi Stati italiani presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università degli Studi di Bari.
All’inizio del 1700, la Terra di Otranto e la Capitanata erano più sviluppate rispetto alla Terra di Bari che, tuttavia, ha saputo riscattarsi puntando su alcune materie prime, quali le grandi distese di ulivi, le coste e i borghi. Attraverso i porti e all’abilità dei marinai locali (inclusa la marineria molfettese in contatto con Trieste) l’olio era esportato in Francia per produrre il sapone di Marsiglia. «La Terra di Bari era un polmone che si ampliava», l’immagine colorita del prof. Spagnoletti: l’economia aveva raggiunto livelli tali che gli stessi cittadini sentivano la necessità di nuove strutture politiche e religiose rispetto a quelle presenti, avvertite come anacronistiche.
Bisognava ridimensionare il rapporto con la Chiesa che non pagava le tasse ed eliminare il feudalesimo che controllava, regolava e giudicava ogni aspetto della vita degli abitanti della Terra di Bari. Molfetta, invece, aveva raggiunto diversi successi solo nel 1800, mentre Terlizzi già dal 1700 si era liberata dal giogo di queste imposizioni, tanto da essere esaltata dall’Abate Fortis nella «Lettera ad un’amica». Uno sviluppo civico palesato dalla costruzione di strade, scuole, teatri salotti e acquisto di nuove terre da coltivare. L’autorità politica ha cercato di porre un freno a questo sviluppo, partendo proprio dalla cultura e chiudendo seminari con l’allontanamento dei Gesuiti.
Ed è proprio con questa riflessione che si può guardare alla nostra società, in cui la cultura è stata ed è costantemente manovrata dalla televisione: «a illuminare il mondo sembra non esserci altro che la televisione, sappiamo con quali risultati», scrive il filosofo Sergio Givone. Nella nostra società non c’è più rispetto, senso civico e soprattutto educazione. «È, perciò, necessario e irrinunciabile osservare tutto ciò che ci circonda, criticare ciò che non va e cercare essere anche un po’ anticonformisti», il suggerimento del prof. Spagnoletti.
 
© Riproduzione riservata
 
Autore: Rita Cafagna
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I “guai” della televisione rischiano di diventare irreversibili; e qui non si tratta di demonizzare la TV. Il problema televisione si presentava, nel cammino della società aperta verso un mondo migliore, come un terribile inciampo, dal momento che la Tv è figlia, oltre che del progresso tecnologico, anche della libertà. “Abbiamo bisogno della libertà – scriveva Popper meditando sui paradisi della democrazia – per impedire che lo Stato abusi del suo potere e abbiamo bisogno dello Stato per impedire l'abuso della libertà”. La democrazia consiste nel mettere sotto controllo il potere politico. E'questa la sua caratteristica essenziale. Non ci dovrebbe essere alcun potere politico incontrollato in una democrazia. Ora, è accaduto che questa televisione sia diventata un potere politico colossale, potenzialmente si potrebbe dire anche più importante di tutti, come se fosse Dio stesso che parla. E così sarà se continueremo a consentirne l'abuso. Essa è diventata un potere troppo grande per la democrazia. Nessuna democrazia può sopravvivere se l'abuso di questo potere non si mette fine. “Una democrazia non può esistere se non si mette sotto controllo la televisione, più precisamente non può esistere a lungo fino a quando il potere della televisione non sarà pienamente scoperto. I nemici della democrazia non sono ancora del tutto consapevoli del potere della televisione. Ma quando si saranno resi conto fino in fondo di quello che possono fare la useranno in tutti i modi, anche nelle situazioni più pericolose. Ma allora sarà troppo tardi”. Così scrivevano Karl R. Popper e John Condry negli anni '90. E' già troppo tardi?


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