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Rifondazione Comunista: Rifondare la città, “Molfetta Bene Comune” “Vogliamo una città il cui destino non sia imposto dai soliti pochi padroni. Le nostre idee e proposte programmatiche per le elezioni amministrative e il futuro di Molfetta”
02 marzo 2013

MOLFETTA – Domenica 3 marzo, ore 11,30 Corso Umberto altezza Liceo Classico [in caso di maltempo Sala Stampa Comunale], manifestazione del Parito della Rifondazione Comunista con gli interventi di Beppe Zanna, Segretario cittadino Rifondazione Comunista, Gianni Porta, Consigliere comunale uscente, Antonello Zaza, Direttivo cittadino Rifondazione Comunista.

 “Il fallimento di 11 anni di centrodestra è sotto gli occhi di tutti” – Così Beppe Zanna Segretario della locale sezione del Partito della Rifondazione Comunista per il quale – “è arrivato il momento di cambiare strada. È arrivata l'ora per la sinistra molfettese di mettersi in gioco contro l'arroganza azzolliniana. Vogliamo smetterla di inseguire uno sviluppo edilizio con larghe concessioni alla grande distribuzione commerciale oppure una grande opera attorno a cui fare girare tutto il resto, né lo sfregio ambientale e clientelare perpetrato con la politica di “privatizzazione” dei poteri e delle ricchezze pubbliche. Vogliamo la centralità delle istituzioni pubbliche in modo da renderle capaci di risolvere i problemi reali e restituire a Molfetta “sovranità” economica e politica sul presente e sul futuro. Vogliamo un'alternativa fatta di programmi e persone che rappresentino le lotte di questi anni, le capacità e l'impegno profusi ogni giorno.”
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- I russi affollano ancora, oggi giorno, in uno spirito quasi di venerazione religiosa, davanti alla tomba di Lenin sulla Piazza Rossa. Quando ripudiarono Stalin ed espulsero la sua mummia dal mausoleo, non lo fecero a pezzi come gli inglesi avevano fatto dei resti di Cromwell e i francesi di quelli di Marat; seppellirono di nuovo Stalin senza chiasso sotto il muro degli Eroi al Cremlino. E quando i suoi successori decisero di ripudiare una parte del suo testamento, essi decisero di tornare alla sorgente spirituale della rivoluzione, ai princìpi e alle idee di Lenin. Senza dubbio tutto questo fa parte di un bizzarro ritualismo orientale, ma sotto di esso c'è una forte corrente di continuità storica. L'eredità della rivoluzione sopravvive in una forma o nell'altra nella struttura della società e nello spirito della nazione. Il tempo è, naturalmente, relativo perfino nella storia: mezzo secolo può significare molto o può significare poco. Ha i suoi grandi vantaggi, ma anche le sue maledizioni. Nessuno storico serio può disfarsene alla leggera o non esserne influenzato quando affronta il tema della rivoluzione. Egli non può considerare gli avvenimenti di questo mezzo secolo come una aberrazione della storia, come il prodotto del sinistro disegno di alcuni uomini perversi. Siamo di fronte a un blocco massiccio e pulsante di realtà storica, oggettiva, a una crescita organica dell'esperienza sociale dell'uomo, a un vasto allargarsi degli orizzonti del nostro tempo. La rivoluzione del febbraio 1917 ha il suo posto nella storia solo come il preludio di quella d'ottobre. Ma chi parlerebbe oggi della rivoluzione tedesca del 1918 come un avvenimento di principale importanza formativa in questo secolo? Essa lasciò intatto il vecchio ordine sociale e fu soltanto un preludio all'ascesa del nazismo. Che ragione c'è di supporre che se in Russia la rivoluzione di febbraio si fosse arrestata in un modo analogo e avesse prodotto, nel 1917 o nel 1918, una varietà russa di repubbliche di Weimar, che ragione c'è di supporre che oggi ricorderemmo ancora la rivoluzione russa? Nondimeno numerosi teorici e storici considerano ancora la Rivoluzione d'Ottobre come un avvenimento quasi fortuito. Alcuni sostengono che la Russia avrebbe potuto risparmiarsi la rivoluzione se soltanto lo zar fosse stato meno ostinato nel voler mantenere le sue prerogative assolutiste e se fosse venuto a patti con l'opposizione liberale realista. Altri dicono che i bolscevichi non avrebbero mai avuto la loro chance se la Russia non fosse stato coinvolta nella prima guerra mondiale o se si fosse ritirata in tempo da essa, prima che la disfatta la riducesse al caos e alla rovina. Che lo zar e i suoi consiglieri abbiano commesso sciocchi errori e naturalmente vero. Ma essi li commisero sotto la pressione della burocrazia zarista e di quegli elementi delle classi abbienti che avevano interesse a mantenere la monarchia. La crisi sociale era così profonda e così grave che il partito bolscevico probabilmente avrebbe vinto lo stesso, se non nel 1917, certo qualche tempo dopo. Questa è un'ipotesi, ma la sua plausibilità è avvalorata che in Cina il partito di Mao Tse-tung prese il potere nel 1949, quattro anni dopo la fine della seconda guerra mondiale. Mutatis mutandis, si può dire della Rivoluzione d'Ottobre. “GLI UOMINI AGIRONO COME AGIRONO PERCHE' NON POTEVANO AGIRE ALTRIMENTI” ( tratto da: La Rivoluzione incompiuta 1917-1967 – Isaac Deutscher) - Non credo, oggi, si possa ripetere il “mutatis mutandis”. Ogni rivoluzione lavora nell'ambiente sociale che l'ha prodotta e sul materiale che trova nell'ambiente. “Noi costruiamo un nuovo ordine – amava dire Lenin – con i mattoni che il vecchio ordine ci ha lasciati.”
Circa un secolo fa Rosa Luxemburg profetò che un giorno il militarismo sarebbe diventato la forza propulsiva dell'economia capitalista; ma perfino la sua profezia i8mpallidisce davanti ai fatti. Ecco perchè il messaggio del 1917 rimane valido per il mondo in generale. Il presente punto morto ideologico e lo status quo sociale non possono davvero servire come basi per la soluzione dei problemi della nostra epoca, e nemmeno per la sopravvivenza dell'umanità. Naturalmente, sarebbe il supremo disastro se le superpotenze nucleari dovessero trattare lo status quo sociale come un loro giocattolo, e se l'una o l'altra cercasse di alterarlo con la forza delle armi. In questo senso la coesistenza pacifica fra Oriente e Occidente è una necessità storica assoluta. Ma lo status quo sociale non può venire perpetuato. Carlo Max, parlando dei ristagni che si ebbero nelle lotti di classe del passato, dice che di solito finirono “con la rovina comune delle classi contendenti”. E' certo che un ristagno prolungato indefinitamente e garantito da un perpetuo equilibrio dei deterrenti nucleari, condurrebbe le classi e le nazioni contendenti alla loro comune e finale rovina. L'umanità ha bisogno di essere unita per la sua pura e semplice sopravvivenza. E dove mai possono trovare quest'unità se non nel socialismo? Per quanto grandi appaiono nel nostro secolo le rivoluzioni russe e cinesi, l'iniziativa dell'Occidente è ancora essenziale per l'ulteriore progresso del socialismo. Hegel ha detto una volta che “la storia del mondo muove da oriente a occidente” e che “l'Europa rappresenta la conclusione della storia mondiale” mentre l'Asia ne è stata soltanto il principio. Questa concezione arrogante era ispirata al fatto che Hegel vedeva nella Riforma e nello stato prussiano il culmine dello sviluppo spirituale dell'umanità; tuttavia molte persone in Occidente, che non adorano né lo Stato né la Chiesa, hanno creduto fino ai tempi recenti che la storia del mondo avesse davvero trovato la sua sede definitiva in Occidente e che l'Oriente, non potendo dare un contributo significativo, potesse esserne soltanto l'oggetto. Noi la sappiamo più lunga. Abbiamo visto come la storia si sia mossa decisamente verso l'Oriente. Tuttavia non dobbiamo dare per dimostrato che essa finirà laggiù e che l'Occidente continuerà sempre a parlare con la sua attuale voce e a contribuire agli annali del socialismo soltanto con qualche altra pagina bianca. Il socialismo ha ancora qualche atto rivoluzionario decisivo da compiere in Occidente non meno che in Oriente; e la storia dell'umanità non si concluderà in nessun luogo. La Rivoluzione francese così come la Rivoluzione russa anche se incompiuta, suggeriscono quali orizzonti illimitati che la società occidentale può aprire a se stessa e al mondo, purchè si liberi dai suoi feticci conservatori. In questo senso le due Rivoluzioni si ergono ancora di fronte all'Occidente con un grave e stimolante monito: TUA RES AGITUR.

Quest'epoca è la più densa di cataclismi della storiamoderna. La rivoluzione russa ha sollevato problemi di gran lunga più profondi, ha agitato conflitti più violenti e ha scatenato forze molto più grandi di quelle che erano state coinvolte nei più vasti sommovimenti sociali del passato. Eppure questa rivoluzione non si è conclusa. E' ancora in movimento. Ci può ancora sorprendere con svolte secche e improvvise. Ha ancora la capacità di ridisegnare le proprie prospettive. Non solo i partiti dell'encien regime, ma perfino i menscevichi e i rivoluzionari sociali, che dominarono la scena politica tra il febbraio e l'ottobre 1917, da lungo tempo non esistono più nemmeno in esilio, nemmeno come ombre di se stessi. Soltanto il partito che ha conquistato la vittoria nell'insurrezione di ottobre è ancora là in tutto il suo potere proteiforme, al governo del paese, e tiene alti la bandiera e i simboli del 1917. Ma è ancora lo stesso partito? Possiamo veramente parlare di continuità della rivoluzione? Una rivoluzione incompiuta! Per l'Europa è tempo di revisioni più che di rivoluzioni. E' tempo di smantellamenti, di correzioni,più che di gratuite esplosioni eversive. Chiunque si ponga al di fuori di questo clima riflessivo è condannato a perpetuare in astratto velleità, anche oneste ma futili, che conservano il marchio dei grandi ricatti subiti da tutti gli europei in anni umilianti e ancora recenti: la guerra fredda, la malafede staliniana, il neocapitalismo puramente economicistico e privo di una coscienza politica europea, "IL VITELLO D'ORO DEL BENESSERE DI MASSA QUALE ALTERNATIVA AL FALLIMENTO DELLE FEDI DI MASSA".


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