Quel sapore diverso di caffè gustato in quarantena Sara Mitoli
Ci è voluta una quarantena per fermare la mia vita, per rendermi conto che nella libreria di casa c’è un libro che ancora non ho letto; per rendermi conto che nel ripostiglio c’è quel gioco da tavolo, che ancora non avevo condiviso con le mie sorelle; che accanto alla tv c’è un cd che non avevo mai ascoltato, ma soprattutto, per scoprire che il caffè, alle quattro del pomeriggio, ha tutto un altro sapore se lo bevo guardando il bellissimo panorama che il balcone della mia casa offre e di cui avevo dimenticato di disporre. Del resto, se ci penso, non è poi così semplice fermare e collocare la vita delle persone, in un precario equilibrio, su un filo sottile di telegiornali che, ogni giorno, con appuntamenti fissi, ansiogeni e carichi di novità, scandiscono la nostra nuova routine, quella che sembra ruotare intorno a un’unica domanda: il così tanto spaventoso “picco” è arrivato? Quegli stessi telegiornali, nelle ultime settimane hanno pubblicizzato alcuni volti di personaggi che vengono definiti “famosi” i quali, al solito hashtag “iorestoacasa” accompagnano la presentazione di un libro o di una raccolta di poesie che ci consigliano di leggere. È una cosa positiva, penso, che la tv trasmetta un messaggio di speranza che esorti la gente a non sprecare vanamente ore preziose di otium che un mese fa non avremmo mai immaginato di avere a disposizione. Tuttavia, non credo che bisognerebbe mai cadere nel tranello di pensare alla nostra cattività come a un fatto positivo, malgrado, certamente, possa rappresentare un’opportunità di arricchimento vivere costruttivamente la crisi, senza capricciose isterie. Credo che questa differenza sia ormai stata compresa da tutti, specialmente ora, a distanza di più di venti giorni dalla nostra clausura forzata. All’inizio, almeno tra i miei coetanei, l’ilarità ingenua, generata dalla chiusura delle scuole, mi ha reso profondamente triste, perché non potevo credere che a qualcuno potesse piacere l’idea di restare in casa, non per delle feste, ma perché un nemico viscido e invisibile si apprestava a insinuarsi nelle nostre vite... soprattutto non pensavo che l’idea della Scuola chiusa avrebbe potuto dare felicità. All’inizio, mi sono sentita un po’ amareggiata poiché, per l’ennesima volta, mi ritrovavo ad essere in disaccordo con i miei amici. Successivamente, mi sono resa conto che non potevo nascondere il mio disappunto sulla chiusura delle scuole solo per compiacere un pubblico di persone che ritiene il mio modo di pensare inadeguato alla mia giovane età. È per questo motivo, che, a volte, posso essere giudicata arrogante o presuntuosa, ma la mia autenticità può anche volgere a mio favore, aiutandomi a comprendere chi davvero sia mio amico, nel rispetto reciproco delle proprie rispettive personalità, perché, come diceva Virginia Woolf, “uno dei segni che cominciamo a maturare, è il nascere di un senso di solidarietà con gli altri esseri umani mentre prendiamo il nostro posto tra loro”. Ci sono in realtà molti modi per comprendere se una persona sia davvero gratuita e sincera e, accanto all’accettazione del carattere altrui, si può procedere con il “metodo quarantena”: chi davvero tiene all’amicizia, in questo caso, condivide il distanziamento sociale e “resiste”. Il verbo “resistere” custodisce in sé milioni di grandi o piccole, tenere o fredde, razionali o inconsapevoli dimostrazioni d’amore, sempre piene di significato: una chiamata per chiedere semplicemente come si stia impegnando il proprio tempo; una chiacchierata via videochat su una qualsiasi sciocchezza; un semplice messaggio per “farsi sentire”, per dire, implicitamente “io ci sono per te, sono qui e questa lontananza non ci dividerà”. Questi piccoli gesti regalano una grande certezza: non essere soli. Con questa consapevolezza, è molto più semplice attendere che la libertà scivoli di nuovo nelle nostre mani. Sicuramente saremo più felici mentre cerchiamo di arricchire questo periodo con la lettura di un libro o con la preparazione di una torta. Personalmente, credo di star impiegando il mio tempo in maniera consapevole: sto studiando come sempre, cercando di non apprendere mnemonicamente nozioni sterili, ma di trarre ogni messaggio e insegnamento che la letteratura italiana, la filosofia e tutte le altre materie mi comunicano; sto leggendo tantissimi libri (al momento il più illustre è “Un Uomo” di Oriana Fallaci, che mi ha portato via molto tempo, ma di cui non credo di dimenticare nemmeno una parola). Sono felice anche di essermi posta degli obiettivi, come studiare la geografia, imparare gli articoli più importanti della Costituzione italiana (nella vita, sapere la Costituzione mi aiuterà a non essere presa in giro da quei politici demagoghi di cui la Fallaci parla nel suo libro), avviare lo studio di un’altra lingua, imparare a cucinare con le mie sorelle e con mia madre. Ah, per la cronaca, non riesco in tutto! Ho già bruciato due torte! © Riproduzione riservata