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Quando la Legge si riduce a un consiglio
15 settembre 2008

Per poter avere la patente di guida, bisogna studiare. Non basta avere una buona manualità e saper destreggiare il proprio corpo in armonia tra cambio e frizione, acceleratore e freno, frecce laterali e specchietto retrovisore. Non è un caso se diversi sono i geni della matematica o della letteratura del tutto inetti alla guida. Si tratta di forme di incapacità compensative. Ma non basta. Per aggiudicarsi la licenza di guida, occorre innanzitutto conoscere il Codice Stradale. E in quel libretto, alzi la mano, chi non si è trovato spiazzato davanti a una miriade di cartelli mai visti. Ma l'esame è l'esame, e i bravi discenti studiano e li mandano a memoria, quei segnali mai visti, salvo poi inevitabilmente, con la prassi, dimenticare gli inusuali. Ma una cosa deve restar fissa in testa: il Codice Stradale non è “un'opzione di comportamento responsabile”. E' legge. E come tale va rispettata tout court. Finito lo spauracchio di un nuovo esame di guida in caso di azzeramento dei punti-patente, ecco che i guidatori italiani, in barba alla legge, tornano a usare il cellulare mentre sono alla guida, a percepire la precedenza alla propria destra come una generosa concessione all'altro. A percorrere le strade urbane ed extraurbane come il viale di casa propria. Chiusi in quelle scatole metalliche che regalano la sensazione di non stare fermi, di muoversi insieme con il mondo, viviamo la beata illusione di essere sempre i soli a viaggiare. Che poi si metta a darci una mano, in questa tendenza solipsistica, pure il Gestore della Strada è fatto a metà tra il paradosso e il ridicolo. A Modugno, al chilometro 119 della Strada Statale 96, la strada che collega Bari ai paesi dell'interno (Bitonto, Terlizzi, Ruvo, ecc… ), c'è un cartello luminoso che merita una gita. Dice così: “Adeguare la velocità ai limiti consigliati”. Il gestore, pochi metri prima di una curva pericolosa in cui c'è l'inserimento di una strada vicinale e insieme l'ingresso in una concessionaria di auto, non impone i 60 km orari,… li consiglia. Non è questione di eleganza linguistica applicata alla segnaletica. Questo può esser preso come il simbolo del nostro peggior difetto. Degli italiani in generale, dei meridionali in particolare: il pressappochismo. Quando ce lo toglieremo di dosso, sarà una vittoria non soltanto nei confronti del modo in cui ci giudicano e deridono all'estero, ma soprattutto del modo in cui noi stessi ci percepiamo. Pochi giorni fa, ho ascoltato in un fruttivendolo una conversazione. Una donna dice all'altra: “Sai, ho smesso di fumare?”. “Davvero?”, ribatte sorpresa l'amica. “Sì, il medico me l'aveva detto, ma non ci riuscivo. Dopo quella paura ho smesso da un giorno all'altro. Sono stata una Tedesca!”. Problema di psicosociologia: perché agli abitanti del Bel Paese sapersi Italiani non basta, per rispettare la Legge e la Vita?
Autore: Rosaria Malcangi
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