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Puglia crescita in frenata. Valorizzare le risorse umane in una architettura organizzativa competitiva e di qualità: istruite, formate, motivate e… ben retribuite Osservazioni sul rapporto congiunturale 2024 regione Puglia della Banca d’Italia – Sede di Bari
21 luglio 2025

 BARI - Venerdì 27 giugno, nell’aula magna Attilio Alto del POLIBA, alle ore 16,30 (circa), è stato presentato il rapporto congiunturale dell’economia della regione Puglia per il 2024. A tenerla, un parterre di relatori di tutto rilievo, di fronte ad una platea attenta e molto interessata.

La relazione, insieme con un quadro molto dettagliato di statistiche e di elaborazioni delle informazioni a supporto, fornisce utilissimi e proficui spunti per ulteriori riflessioni, non solo accademiche né, si confida, riservate alla pur importantissima lettura di studiosi ed esperti; invero, è sincero auspicio che fornisca anche utile strumentario ai centri decisionali, sia pubblici che privati, nell’ottica del “conoscere per deliberare” di Einaudiana memoria.

A sottolineare le osservazioni, sono seguiti gli approfondimenti, con la originale lettura del prof. Antonio Messeni Petruzzelli, uno degli elementi di punta della ricerca del Poliba e la sottolineatura finale, proposta con molto savoir fare ma senza indulgenze, dalla Vice Direttrice Generale della Banca d’Italia, dott.ssa Chiara Scotti, che, con la sua presenza, ha onorato il lavoro dei colleghi di Bari e i partecipanti alla presentazione.

Ca va sans dire, la relazione, accurata e molto ampia, è importantissima e quasi unica nel suo genere nella regione, per precisione e densità di informazioni, analisi, osservazioni, approfondimenti e per originalità e confrontabilità (territoriale e temporale) delle modalità di elaborazione; sono stati presi in considerazione gli aspetti peculiari del contesto territoriale, valorizzandone le interrelazioni con il quadro nazionale, europeo ed internazionale.

Il rapporto si presenta con un incipit di tutto rispetto: Nel 2024 l’espansione dell’economia pugliese ha continuato a perdere d’intensità. Lapidario e concentrato. Negativo? Ad un primo approccio… probabilmente sì. Le “citazioni”, soprattutto se fatte come estrapolazioni, raramente sono veritiere ed affidabili.

Invero, gli esegeti più o meno professionali di un lavoro così accorsato sono numerosi e talvolta ciarlieri.  Quindi utilizzeremo un approccio del tutto atecnico e personale (ma non superficiale).

Preliminarmente mi sembra utile osservare come, sin dall’inizio di questo secolo, il ritmo di crescita del PIL pugliese si sia appiattito (come quello italiano e, più di recente, anche quello europeo) tanto da far pensare, nel confronto con i paesi a più alta crescita nel mondo (in pole position, gli USA), ad una enorme bocca di serpente spalancata.

Peraltro, nel rimbalzo post – covid, che ha interessato un pochino tutte le economie progredite, la Puglia ha registrato una delle capacità di recupero e di crescita più alte al mondo (!); certo, complice attiva la quantità inaudita di risorse pubbliche messe in campo a favore dell’economia, ma questo non ha riguardato di certo solo la Puglia (forse ha contribuito la qualità dell’azione?)

Nell’ultimo biennio (2023, 2024), nel generale e diffuso rallentamento, la regione ha perso alcuni decimi di punto percentuale nella crescita, rispetto al Mezzogiorno e rispetto al Paese (nel 2024, rispettivamente, 0,4 e 0,2 p.p.). Ora, il PIL della regione è di circa 90 mld di euro; 1/10 di punto è pari a circa 90 mln. La distanza, quindi, potrebbe essere colmata … anche con qualche “contratto di esportazione” ben fatto (per inciso, l’export regionale, circoscritto intorno al 10% del PIL, nella attuale, non positiva congiuntura del commercio mondiale si è ridotto del 3%, ovvero di circa 300 milioni).

Azzarderei, quindi, a considerare il problema della crescita in un’ottica di medio / lungo periodo, formulando una catena, non sequenziale ma interdipendente,  di considerazioni, oggi più che mai cruciali per la qualità del domani, sostenibile ed inclusivo, delle future generazioni; riflessioni tutte presenti, peraltro, nella immancabile finestra intelligente sul futuro del rapporto Banca d'Italia: contesto globale, demografia, occupazione, divari, luoghi economici, istruzione, innovazione,  digitalizzazione, tecnologia avanzata, risorse umane, produttività, competitività, progresso.

Provo a costruire una riflessione, prendendo le mosse da quella dovizia di argomenti, senza nessuna pretesa di armonicità, continuità, né completezza (per queste, rinvio al rapporto).

Una delle precipue finalità degli esseri umani è la ricerca della felicità del singolo, che non può essere del tutto disgiunta da quella della sua comunità di riferimento. A questo obiettivo è strumentale la diffusione del benessere percepito al livello più elevato raggiungibile e per il più grande numero di persone possibile; questo si ottiene (non solo, ma non se ne può prescindere) con lo sviluppo economico e con la crescita sociale, ovvero con il progresso: sicuro, pacifico, duraturo.

La possibilità di godere in numero crescente di quel benessere sta anche nel farlo crescere più rapidamente della popolazione, in modo che non debbano esserne strappate quote dall’uno all’altro e che ce ne sia sicuramente anche per le future generazioni… insomma un pane che lievita, piuttosto che una torta da dividere.

Potrebbe non bastare affatto allo scopo, raggiungere solo la piena occupazione sostanziale perché, nella sostanza, si perpetuerebbe, tuttalpiù, grossomodo lo stesso livello medio di reddito, moltiplicato per più persone: avremmo la diffusione del benessere, ma non la crescita. Non vorrei essere frainteso: questo allargamento della platea di beneficiari e dei “soldi portati a casa” non può che ritenersi positivo; sinceramente, mi augurerei di dover affrontare ogni problematica con un livello prossimo alla piena occupazione, come alcune (poche) regioni del Nord del Paese. Purtroppo, nonostante tutto, qui, ne siamo ben lontani, soprattutto per giovani e donne!

Per questo, si deve conseguire la massimizzazione, efficiente e sostenibile, della produttività di tutti i fattori impiegati per la produzione: ogni risorsa (in primis, quella umana) utilizzata deve essere messa nelle condizioni di valorizzare la propria partecipazione e conseguire il miglioramento del proprio stato, nonché di ottimizzare il contributo al progresso della comunità (si sente l’eco degli artt. 3 e 4 della nostra Costituzione?).

Scendiamo nello specifico; il capitale e gli strumenti avanzati o avveniristici possono essere realizzati e comprati con le risorse finanziarie investite (dall’Intelligenza Artificiale ai Computer Quantistici, dalle nanotecnologie ai nuovi materiali…), in un mix ottimale di pubblico e privato; è di assoluta valenza strategica la selezione dei  posti (ovvero, i luoghi economici: città, porti, aeroporti, nodi ferroviari e stradali, centri di formazione e d’istruzione, poli culturali e del territorio…) dove queste risorse vanno ad allocarsi, nonchè i collegamenti infrastrutturali e immateriali che le uniscono e ne favoriscono le sinergie;  tutto questo deve essere utilizzato, reso funzionante ed efficiente dalle risorse umane utilizzate, messe insieme, coordinate in una architettura organizzativa competitiva, meglio  se di qualità, ovvero istruite, formate, motivate e … ben retribuite.

Di talchè, laddove la quantità e qualità di popolazione in età lavorativa  diminuisca per qualunque ragione - ed è questa la situazione di inverno demografico del nostro Paese, aggravato dall’ulteriore degiovanilimento del Mezzogiorno e della Puglia -  i “restanti” occupati possano controbilanciare producendo “di più e meglio, in meno”, fronteggiando altresì la probabile perdita di competitività (e di reddito), imminente per l’incremento delle barriere doganali ai commerci, più duratura e rischiosa per la non appieno governata e partecipata avanzata tumultuosa dell’innovazione tecnologica.

E’ per vero che le congiunture demografiche si scrivono nei decenni; peraltro, visti i livelli degli indicatori regionali di occupazione - 51% - e, soprattutto, di quella femminile – 38% vs 65% maschile - ancora si può erodere un largo margine di inattivi; il che, a ben vedere, può trasformarsi, specie se ben curata, in risorsa preziosa, sempre più rara e attrattiva (anche se d’importazione…).

L’andamento demografico, invero, non è lo stesso per tutti i Paesi del mondo, né per tutte le regioni di un Paese; infatti, del tutto opposta è la situazione dove gli ospedali e le scuole siano percorsi da vagiti e risa e l’aumento della popolazione sia reso ancor più vivace dalla riduzione delle cause di mortalità infantile; in quei territori, sovente la criticità è consentire – attesi i diffusi livelli di indigenza - alle giovani vite un avvenire dove l’unica prospettiva di miglioramento non sia la fuga.

In ogni caso, dovizie di risorse umane a produttività crescente possono far sì che “ce ne sia per tutti ovunque”, nella migliore delle visioni inclusive e progredite.

Nessuna comunità (o elite della stessa) può pensare di godere a lungo in misura esageratamente superiore agli altri di situazioni di welfare in via esclusiva o privilegiata, per quanto possa essere giustificata (difficilmente), anche difendendo con la forza i privilegi acquisiti; la potenziata produttività di un tessuto economico può (deve?) servire ad accrescere il benessere globale.

Anche perché la commistione di intenti e di interessi è uno dei principali motori e creatori di innovazione produttiva e se ne ottiene la ottimizzazione soprattutto con la libera circolazione di idee, di saperi, di culture, di tradizioni.

La Cosa appare ben fattibile e avviata anche nella nostra regione,   anche se sembra condizionata dall’orientarsi dell’ordine mondiale - nell’ambito della salvaguardia d’interessi e peculiarità dei territori - verso un sistema di relazioni globali dove gli equilibri sono misurati dagli attuali rapporti di forza, invece che armonizzati in modo equo e lungimirante, dove pace e progresso siano stella polare di tutti i leader delle comunità mondiali e dove convenienza ed equità siano connesse in una indissolubile, duratura, intelligente unione.

La capacità di innovare, insomma, per quanto scientificamente accorsata nel Paese e nella nostra regione, diventa massimamente utile se rende adottabile, in modo proficuo e significativo,  l’avanzamento / trasferimento tecnologico, conseguendo un efficace, diffuso, duraturo innalzamento della produttività; l’obiettivo è realizzare un contesto sostenibile ed inclusivo, che sia favorevole alla impresa e al consolidamento di iniziative produttive, competitive ed efficienti e di occasioni di lavoro innovative e di qualità.

Sergio Magarelli

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