Se dovessimo dar credito alle voci che circolano in questi giorni negli ambienti della politica, a votare, il prossimo 28 e 29 maggio, nella nostra città non dovrebbero andare meno di 50-60.000 elettori. Una enormità. O meglio, una bufala se si considera che gli aventi diritto al voto sono, a Molfetta, circa 49.000 ma che poi, effettivamente, a recarsi alle urne saranno circa 39.000 cittadini, come già accaduto nel 2001.
Ma questi conti “sballati” rappresentano la logica conseguenza del giochino più diffuso, in queste ore, nelle sezioni di partito e nei comitati elettorali, e cioè quello di cimentarsi nel redigere prospetti e compilare tabelle per cercare di immaginare come si suddivideranno tra i cinque candidati sindaci le preferenze dei molfettesi.
E così, in tempi bui per sondaggi ed exit poll, ognuno si arrangia come può: c'è chi prova a sommare le preferenze ottenute, alle ultime elezioni politiche, dalle liste che sostengono i diversi candidati sindaco; c'è chi prova a considerare gli spostamenti da uno schieramento all'altro, da un partito all'altro, da una “corrente” all'altra, dei soliti portatori di voti che, come sempre alla vigilia delle amministrative, cambiano casacca con una certa facilità; c'è chi, più modestamente, si limita a scrutare, come gli auspici di una volta, il volo degli uccelli per trarre qualche ispirazione, o ad analizzare i residui nelle tazzine da caffè, pratica, questa, molto diffusa specie in alcuni bar del centro.
Il risultato, tuttavia, non cambia: tutti gli aspiranti sindaci si dicono certi della vittoria e qualcuno (come per esempio il sen. Antonio Azzollini) si spinge fino al punto da affermare, in uno slancio di ottimismo, di potercela fare già al primo turno. Prospettiva obiettivamente irrealizzabile specie se si considera la condizione di equilibrio in cui si presentano, ai nastri di partenza, i tre candidati più accreditati alla poltrona più ambita di Palazzo di città: Lillino Di Gioia, Tommaso Minervini ed Antonio Azzollini.
A questo proposito il dato delle recenti elezioni politiche, per quanto difficilmente comparabile con le imminenti consultazioni amministrative, può comunque offrire utili elementi di riflessione. Innanzitutto l'esito delle urne dello scorso 9 e 10 aprile ha sancito anche nella nostra città, come nel resto del Paese, una netta spaccatura in due dell'elettorato: la Casa delle Libertà ha prevalso, infatti, a Molfetta con il 51% dei consensi a fronte del 49% dell'Unione. Dunque le due principali coalizioni politiche sono, in città, sostanzialmente alla pari. Tuttavia non occorre dimenticare che alla competizione per l'elezione del primo cittadino concorrerà anche il sindaco uscente, Tommaso Minervini, che, come noto, ha amministrato negli ultimi cinque anni sostenuto da una amministrazione di centrodestra e che oggi si ricandida a capo di un sedicente “progetto civico” difficilmente collocabile negli schematismi classici della politica.
Ed inevitabilmente questa sua collocazione al di fuori dei poli tradizionali lo pone nella condizione di poter ottenere il consenso da un lato di chi, al di là dei suoi convincimenti politici di carattere generale, gli riconosce il merito di aver comunque ottenuto dei risultati amministrativi nel corso degli ultimi cinque anni e, dall'altro, di chi si identifica in quell'area socialista rappresentata dalle principali forze politiche che lo sostengono (Rosa nel Pugno, Socialisti Autonomisti e Psdi).
Una posizione difficile, indubbiamente, quella in cui si trova l'ex sindaco Tommaso Minervini, “schiacciato” tra le due coalizioni più grosse, ma che comunque gli offre ampi margini di manovra per intercettare consensi sia nell'area politica di centrodestra che in quella di centrosinistra, per una operazione che appare indubbiamente piena di insidie e che costituisce la principale incognita per riuscire a capire quali saranno gli equilibri in vista della imminente competizione elettorale.
LA CASA DELLE LIBERTÀ
Provando a fare due conti, ben consapevoli di poterci esporre a brutte figure dopo l'apertura delle urne, il candidato sindaco del centrodestra, Antonio Azzollini, dovrebbe poter contare su una base di consensi stimabile in circa 14.000 voti, in gran parte rivenienti da Forza Italia e dalla sua costola, “Molfetta prima di tutto”, ed, in misura minore, da An ed Udc, mentre è difficile immaginare un considerevole consenso elettorale per la lista della Democrazia Cristiana e per quella dei post-fascisti del “Movimento Sociale - Fiamma Tricolore”.
Dunque il nocciolo duro della “Casa delle Libertà” dovrebbe essere rappresentato dagli “azzurri” di Forza Italia che, però, ha perso il contributo di alcuni rappresentanti istituzionali di un certo peso: innanzitutto Michele Palmiotti, presidente della Multiservizi, maggior suffragato del partito nel 2001 e tenuto fuori dalla lista, senza troppa cortesia, per espressa volontà del senatore Azzollini in quanto invischiato in una brutta vicenda giudiziaria (ricordiamo che è stato coinvolto nell'operazione antiracket denominata “by-pass”).
Ma dalla lista di Forza Italia mancheranno anche Domenico Rafanelli, consigliere comunale uscente (rinviato a giudizio per uno scandalo “a tinte rosa”) e l'ex assessore all'annona, Pino Amato (anch'egli al centro di una inchiesta della Procura di Trani). Insomma, Forza Italia perde il supporto elettorale diretto di questi suoi esponenti, potendo tuttavia vantare un risultato di tutto rispetto alle recenti elezioni politiche dello scorso aprile che la videro primo partito in città, con circa 11.400 voti. Impossibile pensare che riesca a confermarli tutti, sebbene rappresentino una buona base di partenza per il raggiungimento di un obiettivo più ragionevole che dovrebbe essere attorno ai 6.500/7000 voti.
“Alleanza Nazionale”, invece, persi per strada moltissimi suoi esponenti istituzionali volati verso altri lidi (Pasquale Panunzio, Piero de Nichilo, Giuseppe de Nicolò, Damiano de Palma, Michele di Molfetta, Saverio Tammacco, Pasquale Giancola e chi più ne ha più ne metta) difficilmente potrà ripetere l'ottimo risultato conseguito nel 2001 (quando prese oltre 5.000 voti) e con ogni probabilità vedrà notevolmente diminuiti i suoi consensi, potendo ragionevolmente raggiungere quota 2.800 voti, mentre l'Udc, dopo numerosi “innesti”, si candida a divenire addirittura il secondo partito della coalizione. Dunque, considerando anche la liste civica di De Cosmo, “Molfetta prima di tutto”, la Casa delle Libertà dovrebbe ottenere, come detto, circa 14.000 voti.
L'UNIONE
Sostanzialmente sullo stesso livello dovrebbero attestarsi anche le liste del candidato sindaco dell'Unione, Lillino Di Gioia. Stando alle voci che provengono dal centrosinistra, l'obiettivo dei 13.500 voti di preferenza alle liste è considerato realistico specie se si considera l'alto numero di forze politiche che compongono la coalizione (ben 11). Stando alle stime che circolano, la Margherita si è posta come obiettivo minino il raggiungimento delle 3.000 preferenze; traguardo alla portata della principale forza politica del centrosinistra che alle scorse elezioni politiche, per il Senato, ottenne oltre 4.500 voti.
Anche i Democratici di Sinistra sono determinati a prendersi una netta “rivincita” rispetto al deludentissimo risultato del 2001 (1200 voti, circa) e contano di poter almeno raddoppiare i consensi di cinque anni fa, portandosi a circa 2.500 preferenze.
Accanto a questi due partiti, si collocano le forze politiche più vicine al candidato sindaco (Udeur, Riscatto della Città e Ambientalisti) che, assieme, dovrebbero portare in dote alla coalizione un contributo stimabile in circa 4.500 voti, che rappresenterebbe il valore aggiunto del candidato sindaco Lillino Di Gioia, così come dimostrato già in occasione delle elezioni primarie dello scorso dicembre.
Rifondazione Comunista, dopo un periodo di oggettive difficoltà, ha composto una lista che attinge molto alle sue risorse interne, specie giovanili, e che si pone come obiettivo minimo il conseguimento delle 1000 preferenze, risultato a portata di mano del partito che esprime anche un consigliere provinciale, Antonello Zaza. Il resto della coalizione (Verdi, Comunisti Italiani, Italia dei Valori, Movimento del Buon Governo, Movimento dei Repubblicani Europei) dovrebbe fornire un contributo stimabile complessivamente in 2.500/3000 voti, fondamentali per il raggiungimento dei 13.500 voti utili per garantire alla coalizione il turno di ballottaggio.
IL “TERZO POLO”
La coalizione a sostegno del sindaco uscente, Tommaso Minervini, dovrebbe poter garantire al suo candidato una base di consenso elettorale pari a circa 9.000/10.000 voti che, in massima parte, dovrebbero arrivare dalle due liste della “Rosa nel Pugno” (stimata attorno alle 2.500 preferenze) e dei “Socialisti” (che dovrebbe sfiorare quota 3.000) . Un contributo importante l'ex primo cittadino se lo aspetta anche dalla lista civica “Città per tutti” e da quella composta dal movimento “Molfetta che Vogliamo” e dal Psdi, mentre rappresenta una incognita la lista del “Partito Repubblicani Italiano” che, comunque, può contare sulla presenza significative dei due ex assessori all'urbanistica, Pietro Uva e Immah Gagliardi. Complessivamente, dunque, la coalizione a sostegno di Tommaso Minervini dovrebbe poter raggiungere una quota insufficiente per poter accedere al turno di ballottaggio cui, però, occorrerebbe aggiungere il cosiddetto “valore aggiunto” rappresentato dal sindaco uscente su cui tutta la coalizione ripone molta fiducia.
IL FATTORE “VOTO DISGIUNTO”
E qui i discorsi si fanno più complessi dal momento che, fino ad ora, le nostre stime hanno riguardato i voti di lista e non quelli espressi in favore dei diversi candidati sindaco. Ed allora occorre introdurre un elemento che, in questa campagna elettorale, potrebbe davvero fare la differenze e cioè il cosiddetto “voto disgiunto” che consiste nella possibilità riconosciuta dalla legge elettorale, di esprimere la preferenza per un partito di una coalizione ed il voto per il sindaco di un'altra. Sotto questo profilo il sindaco uscente conta di poter drenare voti sulla sua persona anche dalle altre coalizioni, riuscendo ad intercettare, da un lato, un voto di stima per il suo operato da sindaco e, dall'altro, un voto di protesta che potrebbe determinarsi sia nel centrodestra che ha deciso di candidare a sindaco un parlamentare appena confermato, con il rischio concreto che, se eletto, Azzollini non sia nelle condizioni di svolgere efficacemente il doppio mandato (problema non da poco, al quale il senatore non ha ancora fornito una risposta convincente limitandosi a qualche “difesa d'ufficio”), sia nel centrosinistra viste le note difficoltà che ha dovuto attraversare la candidatura di Lillino Di Gioia in tutta la fase post-primarie.
Peraltro non va dimenticato che in un'area riconducibile al centrosinistra si colloca anche la candidatura di Matteo d'Ingeo, espressione del “Liberatorio Politico” che, sostenuto da una sola lista civica, punta esplicitamente ad erodere consensi al candidato sindaco dell'Unione proprio grazie al meccanismo del voto disgiunto
Ma in quanto può essere quantificato questo fenomeno? Qui si entra davvero nel campo delle previsioni da “sfera di cristallo”. A Tommaso Minervini servirebbero almeno 2.500 voti più delle sue liste per raggiungere il traguardo del ballottaggio, mentre Lillino Di Gioia dovrebbe prendere qualcosa come 2.000 voti in meno dei partiti della sua coalizione per non accedere al secondo turno.
In ambienti vicini all'ex primo cittadino dicono che sia un obiettivo a portata di mano, considerando il quadro politico generale, mentre i dirigenti dei partiti dell'Unione si dicono convinti che i voti alle liste del centrosinistra saranno sostanzialmente gli stessi del candidato sindaco.
Tutti, comunque, riposto l'armamentario retorico tipico della campagna elettorale, convengono su un punto e cioè che la partita è apertissima e che mai come questa volta le sorti della città saranno legate, almeno al primo turno, ad un pugno di voti.