Prove tecniche del riformismo renziano la città metropolitana
È stata chiamata “campagna d’autunno”, il dinamismo delle forze politiche e relative coalizioni in vista dell’appuntamento elettorale per il rinnovo dei consigli provinciali, secondo le nuove modalità previste dalla legge “Delrio”. Per la prima volta gli elettori non saranno i cittadini, ma sindaci e consiglieri comunali in carica. Non si tratta della troppe volte invocata “abolizione delle Provincie”, che è Ente di rango costituzionale e quindi sopprimibile con legge dello stesso valore. In attesa che ciò avvenga il governo Renzi, con legge ordinaria ne ha modificato la natura, nell’ambito di un nuovo riassetto degli Enti locali. La legge prevede due livelli per il governo del territorio ad elezione diretta: Regioni e Comuni. Tra queste realtà sono state riconosciute: Città Metropolitane e Unione dei Comuni, che sostituiranno le attuali province. Gli organi collegiali di questi nuovi enti, saranno eletti da sindaci e consiglieri comunali dei Comuni comprendenti il territorio provinciale. Mentre per le Province si eleggeranno Presidente e Consiglio, per le dieci Città Metropolitane, tra cui Bari, si eleggeranno i componenti del Consiglio, perché la legge attribuisce al Sindaco della città capoluogo anche il ruolo di Sindaco Metropolitano. Altra novità è il numero ridotto dei seggi consiliari e non sono previsti emolumenti. Per quanto ci riguarda la nostra provincia, gli attuali presidente, 12 assessori e 32 consiglieri, saranno sostituiti dal Sindaco Metropolitano (Antonio Decaro sindaco di Bari) e 18 consiglieri. I votanti saranno 736 tra sindaci e consiglieri in carica dei 41 comuni ricadenti nell’area della Città Metropolitana, un sola preferenza e proporzionale puro. SISTEMA ELETTORALE COMPLICATO Il meccanismo è molto articolato. Ogni collegio elettorale, quindi tutta la Provincia è suddivisa in nove aree, ad ogni area è attribuito un moltiplicatore. Quindi più grande è il Comune più alto è il moltiplicatore, realizzando così detto “voto ponderato<2. Per esempio un voto a Bari vale di più di uno a Poggiorsini. Sono previsti dei correttivi per evitare che le città più popolose possano fare incetta di seggi e dall’altro permettere una più ampia rappresentanza. In pratica ogni fascia non può superare il 35% della popolazione complessiva ed in ogni fascia un Comune non può superare il 45% della popolazione. È chiaro che tale meccanismo non consente di fare nessuna previsione. VERSO LA CITTÀ METROPOLITANA Questo passaggio segnerà un avanzamento del processo di riordino delle istituzioni territoriali, che oltre al nuovo sistema di elezione dei presidenti e consiglieri, presenta la novità della Città Metropolitana di Bari. Eletto il Consiglio Metropolitano si passerà alla fase statutaria, nel senso che gli organi collegiali (Sindaco, Consiglio e Conferenza metropolitana dei sindaci) entro il 31 dicembre dovranno elaborare uno Statuto, che potrà prevedere anche le elezioni dirette per Sindaco e Consiglio Metropolitano) e solo successivamente entreranno nel pieno dei loro poteri. Se ciò non sarà possibile il Governo nominerà un commissario “ad acta”. Fino ad allora resteranno in carica per la normale amministrazione Presidente e Giunta. Per ora il passaggio da provincia a città metropolitana non cambierà nulla, nel senso che i nuovi enti faranno in tutto e per tutto ciò che facevano le Province (soprattutto manutenzione strade ed edifici scolastici) e per i dipendenti cambierò solo il nome dell’ente di riferimento. Sarà il primo tassello del complicato rinnovamento e ricostituzione dell’impianto costituzionale in discussione a Roma, le così dette “Riforme costituzionali”, su cui il premier Matteo Renzi punta, non senza polemiche e resistenze. CANDIDATURE E TIMORI Molfetta, terza città più popolosa dopo il capoluogo e Altamura, ha sempre espresso una rappresentanza provinciale. Con il nuovo meccanismo elettorale, la nostra città rischia di rimanere a bocca asciutta. Le variabili sono tante. Da una lato la capacità della coalizioni di presentarsi unite, dall’altro dalla qualità dei candidati che devono avere una visibilità riconosciuta oltre la propria città. Mentre nel centrodestra sarà il primo banco di prova di alleanza tra Forza Italia e Nuovo Centro Destra, per il centrosinistra non è scontato che si presenti unito. Sullo sfondo, le elezioni regionali dell’anno prossimo. E’ chiaro che ogni candidatura deve rientrare in un gioco di equilibri tra partiti e rappresentanza territoriale. Un gioco, le cui carte sono nelle mani delle segreterie regionali. Rifondazione comunista sembra tirarsi fuori da questa contesa. Una presa di posizione in linea con il giudizio negativo sul riformismo renziano. Secondo loro, il nuovo sistema di scelta della rappresentanza politica delle province, saranno le prove generali d per il nuovo Senato. Una casta politica che sceglie se stessa secondo logiche di spartizione di potere. Il concetto è chiaro: quando si toglie il diritto di voto al popolo, si arreca un danno alla rappresentanza e quindi alla Democrazia. Per quanto riguarda i possibili candidati locali, non mancano i rumors. Per il centrodestra si parla di una probabile candidatura del consigliere uscente di Fi Saverio Tammacco, in tal caso il sen. Antonio Azzollini di NCD dovrebbe rinunciare ad un proprio candidato vincente. Sul fronte del centrosinistra (Pd, SeL e Centro Democratico) si invoca una candidatura unitaria che probabilmente arriverà, come al solito, dopo tormentate e sfibranti trattative. Nel PD le diverse anime sono in ebollizione, mentre SEL ha lanciato l’ipotesi di Nicola Piergiovanni. Insomma, sarà anche il banco di prova della tenuta della coalizione che sostiene il sindaco Paola Natalicchio, con i soliti mal di pancia. Ma questa è un’altra storia, la solita storia.
Autore: Francesco Del Rosso