MOLFETTA - Che la scuola pubblica fosse in rivolta questo era noto ormai da giorni. In tutta Italia come a Molfetta non si sono fermate le proteste degli studenti delle scuole superiori, tra cortei e flash mob. L’ultimo a Molfetta si è svolto ieri, in occasione della protesta indetta da Cobas e Cgil.
I motivi di questo stato d'agitazione sono molti e degni di nota e tutti dipendono e sono la causa dello stato di dissesto generale in cui si trova attualmente la scuola pubblica italiana. Il dissenso degli studenti e dei professori nei confronti del Disegno di Legge Aprea (ormai famoso) è il motore di cortei, proteste e occupazioni. Una legge che introduce potere decisionali di membri esterni alla scuola stessa, lontani dagli studenti, e che potenzia i poteri decisionali dei dirigenti scolastici, veri e propri manager di un'azienda. E poi i tagli alla scuola, l'aumento dell'orario di lavoro dei prof, la carenza del materiale didattico e di strutture sicure.
Ed è per tutta questa serie di problemi che ieri in maniera compatta e pacifica tutti gli istituti delle scuole superiori di Molfetta (studenti e professori) sono scesi in piazza per le vie del centro, da via Baccarini passando per Corso Umberto I fino a giungere a Piazza Municipio. I lavoratori e lavoratrici della scuola, insegnanti di ruolo e precari sono ormai stanchi dei continui tagli alla scuola pubblica perpetrati da questo governo e da quelli che lo hanno preceduto. A quanto pare, un ragazzo sarebbe stato condotto alla locale Stazione dei Carabinieri. Evitabili anche i fumogeni sul tetto della palazzina adiacente il Purgatorio, anche se preoccupano i volti coperti dei ragazzi protagonisti di questo episodio.
«Penso che questo governo non abbia la capacità di prendere decisioni così importanti - ha commentato a Quindici Roberta Binetti, rappresentante d’istituto del Liceo Magistrale "Vito Fornari" -. L'incapacità di determinati ministri è stata confermata da frasi quali "Giovani troppo choosy", "il posto fisso è monotono" oppure l'errore del ministro dell'istruzione Profumo quando, durante un'intervista, ha dichiarato un numero errato di ore di lavoro degli insegnanti». Infatti, il ministro dell'istruzione Francesco Profumo sta lavorando ai tagli. Nella legge di stabilità approvata dall'esecutivo Monti ci sarebbe una decurtazione di un miliardo sulla scuola, da concretizzare aumentando l'orario di lavoro dei docenti di medie e superiori per risparmiare sulle supplenze.
Gli studenti sono convinti, tuttavia, che per affrontare i problemi dell'istruzione, e della scuola pubblica in particolare, serva un approccio diverso. Il problema, come sempre, è se la scuola pubblica debba essere trattata come un centro di spesa o come una straordinaria ed insostituibile risorsa per la crescita culturale, sociale, civile e democratica del Paese sulla quale investire. Sotto questo profilo non c'è da aspettarsi molto dal professor Monti: basti ricordare il suo plauso alle “riforme” della Gelmini e di Marchionne, salutate come le uniche vere innovazioni positive di questi anni.
Quello che appare, però, dietro l'alibi della crisi economica e il velo della presunta neutralità tecnica degli interventi è la più piatta continuità con le politiche di distruzione del mandato costituzionale della scuola pubblica portate avanti dal governo precedente. Nell'illustrazione alle Camere del suo programma di governo, Monti ha dedicato alla scuola un breve ma illuminante passaggio: «Sarà necessario mirare all’accrescimento dei livelli di istruzione della forza lavoro, che sono ancora oggi nettamente inferiori alla media europea, anche tra i più giovani. Vi contribuiranno interventi mirati sulle scuole e sulle aree in ritardo – identificando i fabbisogni anche mediante i test elaborati dall’INVALSI – e la revisione del sistema di selezione, allocazione e valorizzazione degli insegnanti».
Ne emerge una visione angusta delle finalità dell'istruzione, tutta piegata ai bisogni della produzione, lontana mille miglia dall'idea che i risultati dei processi di apprendimento non siano misurabili con qualche test e non siano traducibili in termini di valore di scambio. Nel 2012 il ridimensionamento del bilancio dell'istruzione pubblica sfiorerà la cifra record di 4miliardi di euro in meno. I costi di questa operazione graveranno sempre di più sulle famiglie che già oggi, attraverso il cosiddetto contributo volontario, garantiscono il funzionamento delle scuole in misura spesso superiore al finanziamento statale.
L’obiettivo della manifestazione, al di là della Legge Aprea, ha puntato a sollecitare l’elaborazione di un grande piano per la messa in sicurezza delle scuole (nella nostra città degradate e corrose dal tempo) e per la stabilità di decine di migliaia di precari che ieri erano in piazza a manifestare e che per tanti anni, sulla loro pelle, hanno permesso alla scuola di funzionare. La scuola ne guadagnerebbe in qualità.
La scuola è un organismo delicato, avrebbe bisogno di cura, di tanta cura per salvaguardarlo dal business. Lo chiedono con forza gli studenti, i docenti e i genitori che si sono mobilitati frequentemente nell’ultimo periodo. L’impressione, purtroppo, è che le politiche di questo governo vada in tutt'altra direzione.
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