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Pronto il libro su Giulio Cozzoli e la Deposizione ESCLUSIVO - L’opera realizzata da Gaetano Mongelli
15 gennaio 2000

di Felice de Sanctis Atteso da tempo, desiderato da molti, auspicato da tutti, finalmente vede la luce, nel quarantennale della morte dell’artista molfettese, nelle “Edizioni Mezzina” di Molfetta, il libro “La Deposizione. Cozzoli scultore (1882-1957)” di Gaetano Mongelli, docente di Storia dell’arte moderna presso la Facoltà di Scienze della Formazione dell’Università di Bari, studioso di questioni artistiche meridionali e autore di numerose apprezzate pubblicazioni e saggi su Bona Sforza, Paolo de Matteis, Federico II e Castel del Monte, Leonardo Minervini, Antonio Lanave e il Petruzzelli, la pietra di Apricena nell’arte e tanti altri. Ma è soprattutto sull’opera e la figura di Giulio Cozzoli che Gaetano Mongelli ha speso in questi ultimi anni tempo ed energie, in una ricerca minuziosa della vicenda artistica e umana dello scultore molfettese. Nasce di qui questa pregevole pubblicazione, che, grazie alla cortese disponibilità dell’autore, siamo riusciti ad avere in anteprima e proponiamo in esclusiva ai nostri lettori. Il volume intende tracciare la biografia del Maestro molfettese attraverso la sua opera maggiore, la Deposizione, finalmente fusa in bronzo, ma dal futuro ancora incerto per colpevoli ritardi del passato, assurde pretese, scelte sbagliate, ignoranza e indecisione di chi avrebbe dovuto acquistarla e consegnarla al patrimonio pubblico cittadino, insensibilità anche degli stessi molfettesi che avrebbero potuto, con un modesto contributo, affidato a una fondazione istituita ad hoc per raccogliere i fondi necessari (QUINDICI avanzò una proposta del genere), recuperare l’opera e collocarla nella giusta cornice della città natale dello scultore. Un po’ per sfortuna, un po’ per ignavia, indolenza, inerzia o altro, la Deposizione attende ancora il suo destino. La pubblicazione del libro rappresenta, perciò, un grande evento editoriale, destinato ad avere vasta eco, soprattutto perché utilizza le migliori energie locali, esaltandone la professionalità, il rigore scientifico e manifestando tutto l’amore per uno scultore la cui opera avrebbe meritato maggiore fortuna. La scarsa disponibilità di tempo (il libro è stato appena stampato e non è ancora disponibile per il pubblico) non ci permette una recensione approfondita che rimandiamo al prossimo numero di “Quindici”. Vi proponiamo, perciò, le note di presentazione dell’opera, inserite nello stesso volume. “Il quarantennale della morte di Giulio Cozzoli, che vede finalmente compiuta la fusione bronzea della sua Deposizione, e la vede presentata al pubblico con prima tappa nella sua città – scrive Rossana Bossaglia nella prefazione – è l’occasione per Gaetano Mongelli di ricapitolare la vicenda dell’artista e di prospettarci una lettura approfondita della sua personalità. (…) Le pagine di Gaetano Mongelli, puntigliose e insieme di ampio respiro, ricostruiscono la storia interna ed esterna di quest’opera di valore, consentendoci di collocarla nella sua giusta dimensione storica”. La statura artistica di Giulio Cozzoli attende ancora un riconoscimento di più ampio spettro al di fuori dei soliti luoghi comuni che, ad eccezione degli esordi, hanno accompagnato quasi sempre il suo cliché di scultore attivo prevalentemente in ambito provinciale, privo oltretutto di «grande biografia». “Uno scultore dal talento naturale – scrive Mongelli - che, già a partire dagli anni dell’adolescenza, non si farà plagiare dalla personalità accentratrice di Filippo Cifariello (Molfetta 1864 - Napoli 1936) suo chiacchierato maestro, interprete come pochi di un verismo fin de siècle dal fondo spesso pascoliano e «di sofisticato intimismo». Perché, poco prima della Grande Guerra, Cozzoli preferiva muoversi con esemplare rigore nell’alveo tracciato dalla statuaria greco-romana, da Michelangelo, da Canova con affondi isolati ed approcci certamente diversi da quelli che erano stati indicati fra l’Italia e la Baviera . Un alveo tanto lontano da schieramenti e da mischie, quanto incapace di «soffocare la sua incrollabile fede nella classicità»: la sola in grado di invertire la rotta del tempo fino a sublimare «il significato eroico dell’immagine con una pratica che potremmo definire neorinascimentale», sia nello spirito che nella sostanza. La stessa pratica che fa della Deposizione (1931-1945), modellata «alla grande» con cinque figure a tutto tondo, un’opera di indubbio rilievo e fra le più intense nel panorama della scultura sacra italiana del Novecento”.
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