Politica stop and go
Siamo alle solite. Il centrosinistra continua nella sua azione di sofferenza masochistica per non avere (volere) il candidato sindaco e nel temporizzare (leggi Tommaso Minervini) in attesa delle politiche, brucia un candidato dopo l’altro e anche quel residuo di credibilità acquisito in questi anni di opposizione. Non si ha il coraggio delle scelte, come sottolineavamo nell’editoriale di novembre. Si fanno un passo avanti e due indietro, in un eterno stop and go senza risultati, non guardando in faccia la realtà. Un gattopardismo politico che dice di cambiare per non mutare nulla di uno scenario politico che vede nell’eterna giostra cittadina, sempre gli stessi personaggi che cambiano solo il seggiolino del giro precedente, per ricominciare. L’effetto è quello di una trottola impazzita che non si arresta mai, perché ha paura di fermarsi perché non sa che fare. È la riprova di una scadente qualità della nostra classe dirigente nazionale e locale che vive del piccolo cabotaggio e non è capace di essere visionaria per guardare al futuro in termine di innovazione e sviluppo. Eppure siamo ad un punto di svolta: se non si riesce a venir fuori dalla crisi, il destino è quello di precipitare sempre più in basso, correndo dietro alle sirene del vecchio Berlusconi e del vetusto Azzollini, incantatori di una massa di creduloni da una parte e di pochi furbi interessati dall’altra. Come si possa credere ancora alle false e assurde promesse del “rieccolo” Berlusconi, dopo i disastrosi risultati di questi ultimi anni, resta un mistero. Basterebbe ragionare un pochino con la propria testa e non fare i qualunquisti alla Grillo sparando contro tutto e tutti, per recuperare quella saggezza dei nostri antenati che hanno fatto grande e civile il nostro Paese. A demolire è facile, costruire e governare è più difficile. Certo, la disperazione e la rabbia che abbiamo tutti, ci spinge verso la protesta indiscriminata (c’è chi promette perfino di regalare 1.000 euro al mese ai disoccupati e chi di creare 4 milioni di posti di lavoro, senza spiegare dove trovano le risorse necessarie) e la voglia di astensione o di voto di protesta. Ma proprio il voto di protesta dovrebbe spingerci a cambiare in direzione di un’alternativa non populista, ma concreta che passa, inevitabilmente, attraverso alcuni sacrifici necessari per superare il disastro economico in cui ci hanno precipitato il mancato governo e gli errori dei vari Berlusconi, Tremonti, Azzollini, le cui incapacità sono ormai evidenti. Costoro, dopo aver portato il malato sulla soglia della morte, si ripropongono come medici affettuosi per riprendere la cura: una vera e propria eutanasia. Ma veniamo alle vicende politiche della nostra cara Molfetta, in buona parte raccontata dagli altri articoli presenti in questo numero di “Quindici” ed efficacemente raffigurata nell’immagine della Torre di Babele. Esiste un fastidioso chiacchiericcio, alimentato anche da qualche media improvvisato che, alla fine, si trasforma in pettegolezzo e non produce nulla di buono se non il cecchinaggio dei vari candidati e soprattutto di quelli non espressione dei partiti e della vecchia politica. Mentre nelle conventicole delle riunioni di partitini, gruppi e gruppetti si gioca al piccolo chimico, sperimentando le più varie alchimie politiche per cercare di non restare fuori della partita e vedere cosa “mi tocca e non mi tocca” se cambio casacca. In questo gioco sotterraneo, a rimetterci è proprio il sen. Antonio Azzollini, il cui silenzio anche in questi giorni di campagna elettorale delle elezioni politiche, è emblematico. Noi l’abbiamo raffigurato piangente nella vignetta del nostro Michelangelo Manente che ben esprime lo stato d’animo di chi vede sciogliersi la propria coalizione con gruppi e gruppetti pronti a vendersi al miglior offerente. Troverete nelle pagine interne le vicende di alcuni di questi personaggi da Mariano Caputo a Antonio Ancona e Giuseppe Mezzina che si propongono come novelli verginetti nella coalizione di Bepi Maralfa, non sappiamo con quanta possibilità di essere accolti, viste le preclusioni di principio poste dall’avvocato penalista molfettese verso il recupero di vecchie cariatidi della politica azzolliniana. Paradossalmente, di fronte alle difficoltà del centrodestra, il cui candidato Nicola Camporeale si sente sempre più a rischio di copertura, il centrosinistra che potrebbe organizzarsi per vincere più agevolmente le elezioni, si esercita nello sport della demolizione, grazie ai veti incrociati e alle incertezze. L’unica novità in questo scenario deludente è stata la candidatura, nata dalla società civile, di Paola Natalicchio 34 anni, giornalista precaria, collaboratrice di “Quindici” con cui ha mosso i primi passi ai tempi del liceo ginnasio a 16-17 anni, cresciuta giornalisticamente con noi e poi trasferitasi a Roma dove ha avuto varie esperienze dall’Unità al quotidiano “Pubblico”, oltre all’incarico di portavoce del ministro Melandri e ha scritto anche un libro che sta facendo molto parlare di sé “Il regno di Op” (ed. la meridiana) in cui racconta la sua esperienza di madre di un bambino colpito da un terribile tumore, dal quale sta faticosamente venendo fuori. Paola, in un’intervista esclusiva su “Quindici” ha dichiarato la propria disponibilità a diventare il candidato sindaco di tutto il centrosinistra a condizione che ci fossero sia il Pd, sia Sel, Rifondazione e il movimento delle donne, ma escludendo Udc e repubblicani e altre formazioni ex azzolliniane. Dopo una prima frenata di Sel, l’intesa sembrava ripartire, poi è stato fatto un passo indietro, ora se ne propone uno in avanti, in quell’interminabile stop and go assolutamente improduttivo. Poi ci sono quelli della sinistra autoreferenziale, i “duri e puri” di Rifondazione che non vogliono essere della partita e rischiano ancora una volta, come in passato, di favorire inconsapevolmente la destra: sbagliare è umano, perseverare è diabolico. Ma perché non ci stanno? Non lo dicono. Ve lo diciamo noi: vogliono il candidato sindaco, altrimenti rischiano di non prendere nemmeno un consigliere con la lista Ingroia. E se il candidato sindaco non è uno di loro (Gianni Porta) preferiscono andare da soli, anche a rischio di far vincere la destra, ma di assicurarsi un posto in consigli. Per fare che? Misteri della sinistra radicale. È questo lo scenario che, crediamo, resterà immutato in attesa dei risultati delle elezioni politiche, anche se si perderà tempo prezioso per la campagna delle comunali. A noi Paola sembra un candidato giovane, credibile, amante della propria città (costretta ad emigrare per studio e lavoro, ma disponibile a ritrasferirsi a Molfetta per essere sempre presente al Comune, contrariamente al senatore Azzollini che ha vissuto a Roma, lasciando scoperta la propria città per sete di potere ed incarichi), che ha maturato una propria esperienza politica e professionale. Darebbe, insomma, il segno del cambiamento con idee nuove, progetti innovativi e condivisi all’insegna della partecipazione per il bene comune. Del resto questa candidatura ha avuto già un gran successo e un gran seguito su Facebook, dove molti cittadini si sono detti pronti a sostenerla. Il centrosinistra perderà anche questo treno, per un candidato di ripiego? Così a loro non resterà che cantare con Fiorello: facciamoci del male.
Autore: Felice De Sanctis