Pip, TAR Puglia: ricorso improcedibile. Molfetta in Corte d'appello a spese dei cittadini
Una storia infinita, quella del Pip3 (già descritta da Quindici nel numero di maggio 2012). Una serie horror, imperniata sulla vacua e improduttiva ottusità politico-amministrativa: questa volta la giunta Azzollini ha impugnato dinanzi al Consiglio di Stato la sentenza n.1726/12 del TAR Puglia che, in sede di merito, ha rigettato il ricorso comunale, dichiarato «improcedibile» per sopravvenuto difetto di interesse. Al braccio di ferro con la Regione Puglia, iniziato nel 2010, ora si aggiunge la netta presa di posizione contro lo stesso TAR: il Comune di Molfetta ha assunto le sembianze di un cavallo impazzito che sta scalando tutti i gradi possibili per trovare un pertugio e «far valere presso il superiore consesso le ragioni del Comune di Molfetta eluse dal Giudice di primo grado». Infatti, dopo l’impugnazione della graduatoria regionale nel 2010 (presunta violazione del bando regionale per finanziare le infrastrutture di supporto degli insediamenti produttivi, la cui corretta applicazione avrebbe potuto determinare l’attribuzione di un punteggio maggiore), il TAR Puglia aveva disposto il riesame della domanda del Comune di Molfetta con ordinanza cautelare. La Regione Puglia, riesaminato il procedimento, aveva mantenuto il punteggio già attribuito al Pip3: re-impugnata la determina regionale da parte del Comune, l’ordinanza del TAR nell’aprile 2011 sospendeva i provvedimenti impugnati, ordinava l’accantonamento del finanziamento e condannava la Regione al pagamento delle spese processuali (2mila euro), in attesa di una decisione di merito. IL DIFETTO SOPRAVVENUTO Secondo il TAR Puglia, «il ricorso principale (il primo del Comune di Molfetta, ndr) è diventato improcedibile per carenza di interesse» perché «l’onere conformativo del provvedimento giurisdizionale imponeva all’amministrazione regionale solo di rideterminarsi in merito, senza incidere in alcun modo sulla discrezionalità dell’esercizio del potere e senza imporre per ciò l’adozione di un atto di accoglimento dell’istanza». Scacco matto all’amministrazione Azzollini: il nuovo diniego regionale è esecutivo dell’ordinanza (nella parte in cui esercita la potestà decisionale sull’istanza di finanziamento), ma la stessa decisione della Regione Puglia non è vincolata dai limiti conformativi dell’ordinanza sospensiva. In pratica, il nuovo atto regionale ha sostituito quello gravato con il ricorso del Comune di Molfetta: per questo motivo, rilevato un «difetto sopravvenuto d’interesse» (è «intervenuto un nuovo e diverso provvedimento negativo su cui si sposta l’interesse processuale»), il TAR ha dovuto rimeditare la posizione assunta in fase cautelare. MOLFETTA, MOTIVO INFONDATO Il riesame regionale della graduatoria ha convinto il TAR Puglia, che ha considerato infondate le motivazioni addotte dal Comune di Molfetta nel ricorso. La giunta Azzollini nel 2010 aveva lamentato la mancata attribuzione di 10 punti in graduatoria, che avrebbero permesso di raggiungere il 17esimo posto per ottenere il finanziamento riconosciuto alle proposte classificatesi fino al 21esimo posto. Pomo della discordia, le reti tecnologiche che, come previsto nel bando regionale, sarebbero state finanziate se il loro valore fosse stato superiore al 30% dei lavori a base d’asta. Nella sua istanza il Comune dichiarava di aver inserito nel progetto del Pip3 la realizzazione di questa tipologia di reti (energia elettrica, acque potabili, reflue e piovane, telefonia e pubblica illuminazione). Di contro, secondo la Regione, buona parte delle reti indicate come tecnologiche, in realtà è rappresentata da opere di urbanizzazione primaria, sicché le restanti non raggiungono la quota del 30% richiesta. Allo stesso tempo, le strutture per la conciliazione (centri sanitari, assistenziali, ricreativi, ecc.) non rientrerebbero tra le opere per cui è stato chiesto il finanziamento, come chiarito nella delibera regionale n.568/11: secondo il TAR, nella scheda di sintesi (relazione tecnica) non sono state indicate tra quelle da realizzare con i finanziamenti regionali, bensì tra quelle realizzande nell’area Pip. Inoltre, per quanto concerne la mancata attribuzione di un congruo punteggio, «convincono le difese regionali secondo cui l’impegno all’integrale accollo da parte delle imprese insediate, delle spese per mantenere in esercizio le strutture esistenti e quelle realizzande, non ha valore cogente e obbligatorio, in quanto non proviene da imprese». Allo stesso tempo, il TAR Puglia ha respinto l’eccezione d’improcedibilità posta dalla Regione Puglia per la sopraggiunta sentenza del Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche (TSAP) sull’applicabilità del Piano di Assetto Idrogeologico sul territorio di Molfetta: non solo non condiziona l’inserimento in graduatoria (è condizione ostativa per l’erogazione in concreto del finanziamento), ma non risulta definitivo perché è ancora in atto il ricorso il Cassazione della giunta Azzollini contro la sentenza del TSAP. Insomma, un ribaltone rispetto a quanto deliberato in fase cautelare dal TAR Puglia, che spiazza la posizione della giunta e del sindaco di Molfetta, Antonio Azzollini. Purtroppo, il ricorso alla Corte d’Appello è l’ennesima testimonianza di una posizione retrograda e padronale, in cui si riconosce l’imposizione della propria volontà a tutti i costi, anche a danno dei contribuenti molfettesi. Perché, ad esempio, le spese processuali e la nomina di un nuovo legale rappresentante del Comune peseranno sul bilancio comunale e, dunque, sui portafogli dei cittadini già vessati da imposte varie e dai problemi legati alla disoccupazione e ai mensili sempre più scarnificati.