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Piano Insediamenti Produttivi, un altro flop dell'azzardo azzolliniano
15 marzo 2012

La zona artigianale di espansione (Pip3) non si farà, almeno come programmata dall’amministrazione Azzollini. Il Tribunale Superiore delle Acque ha rigettato i ricorso del Comune contro il PAI (Piano Assetto Idrogeologico) dell’AdB (Autorità di Bacino), che ha reso carta straccia il progetto del Pip3 e, forse, tutti gli atti conseguenti (bando dell’assegnazione dei suoli, graduatoria delle imprese, finanziamento di 4milioni di euro per le infrastrutture, atti per le procedure d’esproprio). In ogni occasione, i vari esponenti di centrodestra parlavano del Pip3 come di un ulteriore strumento urbanistico per incrementare lo sviluppo economico del sito produttivo (Asi e due zone artigianali) a Ponente della città. Raccontavano di richieste sempre più crescenti di aziende del circondario e oltre per l’insediamento. Sviluppo, lavoro, occupazione e nuovi redditi. Chi poteva opporsi a tanto ben di Dio? Per il sindaco nessuno. E chi provava a sollevare qualche obiezione era bollato come nemico della città. Il nemico assumeva le sembianze di un organismo regionale: l’Autorità di Bacino con il suo Piano Assetto Idrogeologico che individuava a Ponente un alto rischio idrogeologico per la presenza di diverse lame proprio dove sarebbe stata realizzata la nuova zona artigianale. I tecnici comunali, tra cui l’ing. Rocco Altomare, allora dirigente del Settore Territorio, bollavano il PAI perché, secondo loro, era zeppo di errori e, quindi, da contestare al Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche di Roma (TSAP). In seguito, il sindaco Antonio Azzollini, forse rendendosi conto che le determinazioni dell’AdB non erano del tutto infondate, tirò dal cilindro un’opera di protezione: un’opera di mitigazione a monte della zona artigianale, all’incrocio tra Lama Scorbeto e Lama Pulo, per far defluire l’eventuale onda di piena verso una vasca di accumulo realizzata dentro la dolina di Gurgo. INSINUAZIONI E CARTE BOLLATE Il caso diventò politico. Essendo l’AdB un organismo regionale, di riflesso per il centrodestra era una vergognosa ritorsione politica contro un’amministrazione che governava con successo (?) per un futuro di benessere e prosperità. Ad arroventare la polemica, l’esclusione di Molfetta dal bando per i finanziamenti delle infrastrutture a favore degli insediamenti produttivi per vizi di forma. Il Tar dette ragione al Comune, poi collocato in posizione non utile per il finanziamento, perché alcuni parametri non furono considerati dai tecnici regionali, in attesa della sentenza del TSAP. Altra carta bollata e altra sentenza favorevole al Comune. Secondo il Tar, il contenzioso tra Comune e AdB non era condizione sufficiente per escludere il progetto molfettese dal finanziamento: la Regione avrebbe dovuto accantonare i 4 milioni di euro, in attesa della sentenza. I giudizi favorevoli del TAR furono sventolati come la vittoria della guerra: l’amministrazione Azzollini credeva che la realizzazione del nuovo Pip fosse a portata di mano. La propaganda dell’amministrazione di centrodestra cercava di vendere agli imprenditori e all’opinione pubblica qualcosa di non ancora compiuto. Prevedibile l’esito della vicenda. Su una questione delicata come il territorio, zeppo di variabili che spesso emergono in itinere, di fronte ad una certificata dichiarazione di rischio da parte di un’autorità competente (AdB), è improbabile che un giudice possa sentenziare il contrario. AZZARDO AZZO LLINIANO In questa vicenda c’è tutto il repertorio di un modo di fare, definito da Quindici “azzardo azzolliniano”. «Se non s’inizia un’opera, si rischia di non realizzarla mai». Così parlò Azzollini in una seduta del Consiglio comunale in cui si dibattevano le vicende del porto in costruzione. Un’affermazione che esprime la fallimentare filosofia del fare di Azzollini, che spesso lo induce a forzare la mano nella certezza che agli intoppi è sempre possibile rimediare. Questo agire borderline è come giocare d’azzardo: si può vincere o perdere tutto. Infatti, quando invece sono in gioco questioni sensibili, come la trasformazione irreversibile del territorio o la sicurezza dei cittadini, forzare la mano è un gioco pericoloso. Ad esempio, il mausoleo della foresteria della Capitaneria è il dazio pagato dalla città per la smania di far approvare in fretta e furia il Piano Regolatore del Porto, pur sapendo il luogo in cui sarebbe stato realizzato il manufatto. IL PIP CHE VERRÀ Dopo la sentenza del TSAP, l’amministrazione ha diffuso la canonica nota: «attendiamo di leggere le motivazioni della sentenza». È chiaro che una nuova zona artigianale, qualora sia necessaria, dovrà essere progettata e realizzata in sicurezza, dimensionata alle reali esigenze e forse in un’area diversa da quella immaginata da Azzollini, soprattutto con un confronto chiaro e leale con l’AdB. In pratica, si ritorna al punto di partenza, alla delibera madre di tutto il provvedimento, la delibera commissariale n.34/07 in cui si legge: «La presente delibera […] verrà inviata all’Autorità di Bacino per il contestuale parere e in tal senso, acquisterà efficacia con l’emanazione del parere positivo».

Autore: Francesco Del Rosso
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