Percoco: cambio di testa per cambiare la città. No alle polemiche: l'opposizione non esiste, è solo legata al cemento
L' intervista. Critico il consigliere comunale del Pd
Abbassare i toni, lavorare uniti tutti quanti per la città, essere critici e determinati ma senza mai smettere di essere propositivi. Sono i comandamenti di Giuseppe Percoco, classe 1986, ingegnere, consigliere comunale Pd e punto di riferimento dei giovani democratici molfettesi. Impegnato nell’approvazione del Patto dei Sindaci, per una città più smart e per accedere a una serie di finanziamenti europei (uno tra tanti Horizion2020) racconta il suo impegno politico, promette che la Consulta Giovanile alla quale ha lavorato con entusiasmo partirà a breve e non si sottrae dall’intervenire sull’attualità politica cittadina. Consigliere Percoco tra tensioni e polemiche non sembra un momento facile per il Pd molfettese. Cosa succede? «Succede quello che accade in tutt’Italia. Il PD è una grande comunità e come tale racchiude differenti sensibilità. Per un partito che conta otto consiglieri, tre assessori e quindi rappresenta l’architrave dell’amministrazione, è normale che le responsabilità e le fibrillazioni siano doppie, se non triple rispetto alle altre forze politiche. E’ pur vero che talvolta sfiori anche a me il dubbio che il PD venga usato da taluni come un autobus su cui salire o scendere a seconda delle situazioni. Il fatto che, nel nostro circolo locale, non sia definita in modo chiaro una maggioranza e una minoranza interna non aiuta a sviscerare, affrontare i temi e prendere delle decisioni. Servirebbe che questa comunità ritrovasse la sua dimensione collettiva; visti dall’esterno siamo una pluralità di singolarità. Ciò non aiuta la città». Il Pd ha dei problemi… «Non voglio girarci attorno: è mancato spesso il PD in questo anno e mezzo. E’ mancato il partito che doveva congiuntamente all’amministrazione svolgere la propria funzione propositiva e di controllo. Che doveva sopperire alle mancanze amministrative, che avrebbe dovuto raddrizzare la barra nei momenti più tosti. E’ mancata una regia. In questo vuoto di collettività si sono create le condizioni perché fosse la dimensione dei singoli ad emergere. I prossimi mesi saranno fondamentali: ecco perché auspico una stagione di impegno e collaborazione leale e reciproca fra tutti noi». L’intervento del sindaco Paola Natalicchio alla due giorni organizzata da Sel a Milano (Human Factor) non è andata giù a più di un democratico molfettese… «Per la verità, non è andata giù anche a me. Sia chiaro: il sindaco è libero di partecipare e di esprimere liberamente le proprie opinioni. Ma sui toni non ci siamo. La campagna elettorale è finita e noi abbiamo il dovere di pacificare la città e di governarla. Avevamo promesso di unire ed invece rischiamo di diventare strumento di continua divisione. E ciò non fa altro che allontanare i cittadini dalla politica. Anche qui serve uno sforzo collettivo. E poi questo accanimento contro il PD e contro il presidente del Consiglio-Segretario del mio partito non lo condivido. Se non altro, perché stiamo provando sulla nostra pelle cosa voglia dire provare a cambiare le cose. Conosciamo gli sforzi e le resistenze». Come giudica il caso De Nicolo? «E’ una scivolata; la classica buccia di banana. Va detto che l’avv. Piero de Nicolo ha fatto ciò che in Italia nessuno fa: offrire le proprie dimissioni. E’ questo già indica la cifra di questa esperienza amministrativa, rispetto alla precedente stagione. Comprensibile la reazione del sindaco; io avrei, però, approfondito la situazione, chiedendo maggiori informazioni, per il bene della città, della comunità del Partito Democratico e di De Nicolo stesso, al fine di garantire un equo trattamento per tutti. Chiariamoci, non si tratta di una questione di illegittimità, ma di opportunità. E’ una situazione che prima umanamente e poi politicamente fa male; come quella vissuta con Serena la Ghezza. Quello che mi preoccupa sono le tifoserie che si scatenano in queste occasioni: qui nessuno è un supereroe, l’importante è assumersi le proprie responsabilità quando si sbaglia». Consigliere, la mancata elezione di Patimo all’area metropolitana resta una ferita aperta… «Più che del caso Patimo o Piergiovanni, io parlerei del caso Molfetta. Perché quanto è accaduto è il risultato di una prova muscolare all’interno del centrosinistra cittadino che non è riuscito ad elaborare e tirare fuori una proposta unitaria». Molti hanno polemizzato sulla sua posizione a favore di Michele Emiliano tenuta durante le ultime primarie. Dicono che abbia “tradito” Guglielmo Minervini… «Nessun tradimento. Ho votato Michele Emiliano. Credevo e credo che un ciclo politico si sia chiuso ed esaurito e che fosse necessario aprirne un altro. Questo non vuol dire bocciare il lavoro egregio svolto dal nostro assessore regionale Guglielmo Minervini, soprattutto nel campo delle politiche giovanili. Ma di questo siamo abituati e abbiamo ormai le spalle larghe. In fondo ho votato il mio Segretario Regionale. La scelta di votare Emiliano, tutt’altro che opportunistica, è stata dettata da una visione di vedere le cose in modo oggettivo e radicale che lo stesso Guglielmo mi ha insegnato in questi anni». L’opposizione attacca a testa bassa. Vi accusa di disastro politico… «L’opposizione? Perché esiste a Molfetta? Oltre ad urla, schiamazzi e attacchi personali non vedo nulla. In un anno e mezzo non sono stati capaci di contrapporre un’idea, una proposta alternativa. L’unica visione di futuro che hanno è legata all’urbanistica. Mi chiedo: qualora volessimo cedere alle loro tentazioni, dopo aver riempito di cemento ogni mq. possibile, l’economia delle nostre città si arresterebbe di nuovo e il quesito si ripresenterebbe più forte di prima». All’amministrazione servirebbe un cambio di passo? «Più che un cambio di passo servirebbe un cambio di testa. Dalle forze politiche, alle segreterie, ai consiglieri, agli assessori dovremmo tutti lavorare di più e parlare di meno. Soprattutto dovremmo riscoprire il significato dell’ascolto, senza preclusioni mentali. Dobbiamo recuperare un protagonismo collettivo; c’è voglia da parte di tutti di vivere da protagonisti questa fase amministrativa».
Autore: Onofrio Bellifemine