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Pentagramma del vento silloge poetica di Dino Claudio
15 gennaio 2009

Nella Collana Opera Omnia delle Edizioni Lepisma - Roma 2008 diretta da Emerico Giachery, è recentemente uscito il prezioso volume “Pentagramma del vento” che raccoglie la produzione poetica dello scrittore molfettese di fama nazionale Dino Claudio, già proposta in anni precedenti con largo consenso di intenditori e di studiosi che hanno puntualmente recensito con significativi interventi critici le sue opere in versi e in prosa. In quest'ultima edizione, corredata da interessanti saggi critici di Giuseppe Farinelli e Donato Valli, il poeta e scrittore ha voluto raccogliere in un unico volume le sillogi che costituiscono il corpus lirico, arricchito dall'inserimento di alcune recenti poesie inedite (circa 10) accostate per affinità tematiche ad altre già note. E' giusto che Dino Claudio voglia raccogliere la summa della sua esperienza poetica, ormai più che ventennale, dal momento che essa ha espresso un discorso che ha caratteri ben precisi, rilevanti, personalissimi e merita quindi di essere riproposta ad una rinnovata lettura, anche in considerazione di una ponderosa bibliografia della critica che sull'opera poetica claudiana non è stata mai avara di riconoscimenti e apprezzamenti, come dimostrano la sua inclusione nella Storia della Civiltà Letteraria Italiana - Utet 1996 vol. V pag. 1387 e i numerosi premi tra cui menzoniamo soltanto l'ultimo Firenze Europa 2004. Tra tutte le raccolte in versi centrale è la silloge laterziana “I Sentieri del vento” - 1984, in cui l'autore recupera in una specie di summa quasi tutte le precedenti: Autunno e Puglia 1963; Fine di un'amicizia 1969; Astro calante - 1971-82 e Il bosco illuminato - 1993. Da “I sentieri del vento” a “Pentagramma del vento” si svolge quindi tutta la produzione poetica di Dino Claudio, che percorre “il regno ampio dei venti” di foscoliana memoria, insistentemente rivolto a larghi orizzonti in cui coabitano voci e silenzi di epoche irrimediabilmente perdute. Questo ultimo volume testimonia perciò la continuità di senso nel percorso artisticamente alto e meditato della scrittura poetica di Claudio di cui alcuni punti focali si possono individuare costantemente nelle liriche. Così scrivevo nell'85 interpretando la poesia di Claudio: nel saggio Paese reale e paese dell'anima “Io mi sono ritrovata a percorrere i sentieri del vento attraverso le strade e stradine di Molfetta così spesso trapassate dai soffi del maestrale che le prendono d'infilata nei giorni ventosi, traendone sibili e ululi fuori del tempo, alla ricerca di ciò che il passato ha portato con sé, ma è vivo nella nostra memoria inconscia individuale e collettiva. …E su tutto domina la vastità azzurra del mare che appare sconvolto nel profondo o riposa pronto ad accogliere le vele e gli uomini nella loro dolorosa quotidiana fatica… Ma se facessimo una ricerca dove è presente l'elemento mare, vedremmo come esso intride anche i componimenti che sono una pura ricerca all'interno del territorio più intimo del sentimento, perché l'immagine della vastità e profondità serena o tempestosa del mare metaforicamente esprime la serenità o tempestosità degli stati d'animo del poeta, dei suoi momenti di rasserenata fiducia o di smarrimento nell'angoscia. “Nel bagaglio lungo il cammino mi porto un fagotto di mare” Emerico Giachery nella quarta di copertina del testo insiste sulla “mediterraneità” di questa poesia ricca di “risonanze omeriche e orfiche” e in un certo senso confinante da un lato con Garcia Lorca e dall'altro con Quasimodo “Figlia in gran parte (non però in toto, specie negli esiti più recenti) del Mediterraneo, la poesia di Claudio è appunto colma di miti e di stupore, affascinata d'orizzonte, aperta a “orizzonalità e senso dello spazio, nei ritmi larghi e rallentati e a volte come materiati di silenzi, negli adagi di una contemplazione nostalgica, che parrebbe la sua condizione più feconda”. Ma Dino Claudio ha percorso altri sentieri per le strade del mondo e ne ha riportato l'esigenza della parola poetica che è per lui, come rileva Giorgio Barberi Squarotti “uno strumento di conoscenza, non soltanto un modo di registrare e comunicare affetti e sentimenti… sempre la poesia di Claudio si distingue per la ricerca di un tono alto, sostenuto da una costante tensione verbale che sollecita a fondo la parola fino a sfiorare il supremo gioco del significante”. Una voce poetica che nasce dal silenzio, il cui parlare si attua tacendo, e si perde all'infinito. Accanto al tema del vento troviamo nella poesia di Claudio il tema del silenzio, prospettato dal critico Giuliano Manacorda come elemento sempre sotteso nel suo itinerario poetico, un silenzio invocato o subito come silenzio totale e superato poi come liberazione, “Un silenzio canoro, di astrali melodie, se ci si pone, come egli fa, all'ascolto dell'armonia dell'universo. E' il silenzio in cui operano i poeti e gli scienziati per cogliere ciò che si agita intorno a noi e non è dato cogliere a chi non si estranea, non si chiude in sé per ascoltare meglio. Oppure è un silenzio fin qui assunto a condanna delle genti meridionali, carico di tutti i gridi distorti dalle vicende della storia che sono rimasti impietriti e carichi di onde sonore sulle bocche esterefatte di tutti gli infelici della terra che Claudio ha presenti nella sua profonda umanità”. Cosi analizzavo il motivo del silenzio nel saggio già citato. La seconda raccolta di versi, contenuta in “Pentagramma del vento” dal titolo Il bosco illuminato “ha una struttura poematica che regge in compatta unità tutte le liriche” commenta Federico Roncoroni nella sua felice e profonda Introduzione. “Questi testi portano alle estreme conseguenze la tensione dialettica che da sempre anima e qualifica la ricerca letteraria in verso e in prosa di Dino Claudio: il dissidio mai composto tra buio e luce, tra peccato e grazia, tra scoramento e fiduciosa attesa,… tra il niente come unica certezza e il tutto come speranza; e parallelamente il contrasto così efficacemente poetico, tra la cupezza dei concetti e la luminosità del dettato linguistico…tra la triste consapevolezza di non avere messaggi risolutivi da comunicare al lettore e la purezza cristallina del lessico. “Antitesi perfettamente in sintonia con la significazione del titolo che può richiamare la dantesca allegorica “selva oscura”, metafora di una condizione esistenziale che è misteriosa, intricata e paurosa come un bosco dove è facile perdersi, ma che può diventare un luogo ameno, illuminato dalla luce che quotidianamente si rinnova. Favolose, dolenti e trasognate immagini richiamano le nuove ultime liriche inserite in “Pentagramma del vento” che testimoniano esperienze di sofferenza e di ritrovata Bellezza: in esse si colgono ad un'attenta lettura, perché un lettore superficiale non può penetrare nella poesia di Claudio, tutti gli elementi già riscontrati. Lessemi ad alta frequenza in queste liriche sono: l'azzurro, il colore della meditazione intima e solitaria, il colore del mare e del cielo, l'oro del sole, il buio della notte. Testamento del nostro poeta: l'eterno connubio di vita e morte, di tenebra e splendore nel mondo. Ne citiamo alcune: Arretra l'az-zurra notte, ma i raggi della luce sopravveniente sono temuti nell'animo dolente per il quotidiano assenzio che il giorno porterà. Ancora azzurro in Paestum e la luna: una visione sospesa tra cielo e terra, tra archeologia e storia luna e vento, con un irridente finale riferimento all'uomo ignaro di oggi, in cui si rivela tutta l'amarezza dell'uomo e del poeta /… E già la stella dell'aurora lo strepito attende del carro della luce e il candore dei cavalli alati che illumina il giorno ai primi canti Ma l'uomo, distratto nel vuoto vortice del magma si trastulla: ride insano alla morte dei sogni, ignora la Bellezza. Alle illusioni spente fa spallucce, non gliene importa nulla. La celeste ogiva: una magica visione natia di luce e mare che si inarca dal porto al santuario capovolto nell'acqua. Un magico sogno per perdersi e ritrovarsi ancora. Il titolo della presente raccolta si ritrova in un verso della lirica Lettera dal paese che non c'è, un conciso poemetto in sei strofe in cui ritorna il vento in forma sonora di pentagramma. Ancora silenzio, vento, vento… mare, memoria, rivelazione. Testimonia l'estrema stanchezza, il languore ultimo il rimpianto amaro ma tutto si smorza in una sublimata serenità alla quale il senso religioso della vita dà nuova e felice espressione. Il volto lumeggiato della Dafne berniniana in copertina rispecchia simbolicamente gli effetti rivelatori della luce nel buio. Cosparso è il mio giardino di rose del deserto pietra che si forgia in solitudine mulinelli di sabbia al pentagramma del vento. Il destriero che galoppa all'orizzonte fatuo non è la tua morgana è l'araba fenice nel cielo capovolto Qui si riprende, tra l'altro, il topos poetico della luna “che s'invola e s'inazzurra” presente in tante liriche e nel romanzo Le stelle pazze nell'accorato appello alla luna. Il poeta ha raggiunto esiti di raffinatissima liricità, di trascolorata e intensa raffigurazione metaforica di immagini e sentimenti che lo fa perdere e ritrovare “nelle oscure dimensioni dove si moltiplica estatico il silenzio”. Citando Alfredo Luzi in un recente intervento: “Claudio è convinto che la parola, non isolata nella sua aura metafisica ma strutturata nell'ordine sintattico e nel sistema argomentativo, possieda una sua potenzialità ermeneutica che il poeta ha il dovere, individuale e sociale, di liberare, contribuendo così a dare un senso al mondo e al suo eterno gioco tra essere ed esistere”. Concludo con un giudizio di Giuseppe Farinelli nel saggio introduttivo al testo: “La sua opera poetica, e già i titoli delle raccolte pur dicono qualcosa, affianca alla denuncia del dolore e della rapacità della nostra epoca contemporanea, malata di sporca velocità e di avido consumismo, il pregio di una leggerezza che si esprime nella parola chiara e musicale, per nulla elusiva e sfuggente”, ma sempre atteggiata ad una superiore dignità formale di grande suggestione. Il nostro autore, collegandosi alla più significativa tradizione lirica dell'universo letterario del secondo '900, si colloca come un'autentica e ricercata voce poetica.
Autore: Vittoria Sallustio La Piana
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