Pendolare fra due realtà: la dolce Germania di Marisa Fenoglio raccontata all'Aneb di Molfetta
MOLFETTA - “Entriamo nel mondo della Germania” esordisce così Anna la Candia, presidente dell’A.N.E.B (Associazione Nazionale Educatori Benemeriti) di Molfetta, presso cui ancora una volta la Germania è stata oggetto di discussione: le volte precedenti soffermandosi sulla storia della Germania dal Dopoguerra a oggi, e sugli avvenimenti legati alla costruzione del muro di Berlino, questa volta invece sull’immigrazione italiana in Germania negli anni ’50 e ’60.
Il prof. Pasquale Gallo, professore dell’Università degli Studi di Bari (nella foto con Anna la Candia), nuovamente ospite presso la nota associazione molfettese, ha dunque dissertato a proposito di tale argomento dal punto di vista degli italiani, e in particolare, di Marisa Fenoglio, scrittrice piemontese e autrice del libro “Vivere altrove” in cui racconta la propria esperienza all’estero.
Nata ad Alba nel 1933 in una famiglia di commercianti, si laureò nel ’57 a Torino in scienze naturali, e sposò Giuseppe Faussone, dipendente presso la ditta Ferrero ad Alba. In seguito Faussone venne assunto come chef nella filiale tedesca della Ferrero, situata in una piccola cittadina vicino Francoforte; la Fenoglio seguì il marito sebbene non conoscesse il tedesco e non provasse alcuna simpatia per quella terra, culla del nazismo e di innumerevoli atrocità.
Oggi la Germania è la quarta potenza economica mondiale e ricopre un ruolo fondamentale all’interno dell’ Unione Europea, tuttavia nel 1955 richiese forza lavoro, ed offrì contratti lavorativi che portarono molti italiani (provenienti in gran parte dal sud Italia) a lasciare la terra natia e a trasferirsi in Germania per lavorare. Il prof. Gallo ritiene infatti che buona parte dell’industria tedesca debba il proprio successo al lavoro degli italiani, molti dei quali hanno poi preferito costruirsi una vita in Germania, anziché tornare in Italia. Il marito della Fenoglio era perfettamente inserito nell’ambito lavorativo tedesco, mentre lei sopportava a stento la solitudine e il senso di sradicamento dalla propria terra. Tuttavia a partire dagli anni ’60, la sua permanenza in Germania fu meno sofferta: grazie alle opportunità di lavoro offerte dalla Ferrero circa 200 giovani ragazze pugliesi si trasferirono in Germania, dove era richiesta esperta manodopera. Le ragazze, anche minorenni, alloggiavano presso “Villa Piera”, non lontano dalla fabbrica, assieme a sacerdoti ed assistenti sociali. Proprio qui Marisa Fenoglio entrò in contatto con la cultura pugliese e se ne innamorò; nel libro infatti descrive Villa Piera come una tavolozza mediterranea, un concentrato di bellezze brune, di fermento, canti e balli. Era affascinata dall’intraprendenza delle giovani, non soltanto operaie, ma anche eccellenti cuoche e sarte. Varcata la soglia di Villa Piera, la Fenoglio si sentiva a casa, pervasa da calore travolgente della cultura italiana. Un luogo del genere attirava l’attenzione dei tedeschi, che spesso si aggiravano dalle parti della villa e con il tempo, inevitabilmente, molte di loro si sposarono dando inizio a una nuova vita proprio in quella cittadina.
Quarantacinque anni dopo, Marisa Fenoglio scrive “Vivere altrove”, “Ritorno impossibile” ed altri libri in cui racconta la crisi di identità e le conseguenze che deve affrontare chi, trasferendosi all’estero, pendola fra due realtà. Infatti, sebbene chi vive tra due realtà diverse sia in grado di guardare i problemi da una prospettiva diversa, è facile che gli stessi non riescano a sviluppare contemporaneamente un senso di appartenenza a entrambi i luoghi. Il disagio e l’inquietudine che dà questa condizione, portarono la Fenoglio a comprare una villa poco distante da Alba, suo paese d’origine. Assieme al marito e ai figli, trascorreva lì le vacanze estive, nella speranza che i figli potessero imparare ad amare l’Italia proprio come l’amava lei. Tuttavia ciò non fu possibile poiché i ragazzi, nati e cresciuti in Germania, nel frattempo avevano trovato lavoro lì, e consideravano l’Italia nient’altro che un luogo dove trascorrere le vacanze; così vendettero la casa per trasferirsi definitivamente in Germania, dove vivono tuttora.
Una signora, presente alla conferenza, è poi intervenuta raccontando la propria affascinante esperienza di lavoro in Germania negli anni ‘60, quando, appena sposata e con un figlio, lavorava in una fabbrica tedesca che produceva scarpe.
Dunque, nonostante molti abbiano preso le distanze dalla realtà tedesca in seguito agli orrori della Seconda Guerra Mondiale, è necessario andare oltre, e considerare che quella stessa terra ha fornito posti di lavoro e speranze di una vita migliore a molti italiani.
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