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Papa Francesco a Molfetta sulle orme di don Tonino: un messaggio per cambiare il mondo
19 aprile 2018

MOLFETTA - Il grande giorno è arrivato. Domani, venerdì 20 aprile, Papa Francesco, dopo aver fatto tappa ad Alessano, arriverà a Molfetta, sulle orme di don Tonino Bello, per il quale è stato avviato il processo di beatificazione. Si tratta di un momento importante, storico. Mai un papa aveva fatto visita a Molfetta. Merito della forza del messaggio di don Tonino, che a Molfetta ha vissuto gli anni del suo vescovado.

Certo, qualche riflessione è d’obbligo, in queste ore. Don Tonino non era un vescovo che amava il potere e le gerarchie. Al contrario, era un vescovo di periferia, in prima linea contro guerre, confini e discriminazioni. Don Tonino era il vescovo degli ultimi, che più di tanti teologi comprendevano, secondo lui, la potenza della solidarietà. Tra i destinatari dei suoi scritti: Antonio il pescatore, Gennaro l'ubriaco, Mohamed il diverso, Marta la scheda perforata.

Insomma, il processo di beatificazione, almeno a un primo sguardo, sembra comportare un rischio: quello di ricondurre la “rottura” di don Tonino entro i “canoni” della chiesa, pur entro le categorie dell’“eccezionalità” connesse con la beatificazione e la santità. La vita di don Tonino, invece, testimonia una continua opera di scardinamento dei canoni, non però attraverso doti soprannaturali, ma con un’azione coraggiosa e determinata contro i potenti, le disuguaglianze materiali, dentro il mondo in cui viviamo.

Forse, allora, Don Tonino apre una sfida, che Papa Francesco sembra voler accogliere, considerando il messaggio contenuto nella sua recente Esortazione apostolica “Gaudete et Exultate”. In quell’esortazione si parla della santità non come qualcosa di eccezionale e riservato, ma come qualcosa di “universale”: la “santità della porta accanto”, che si traduce nella vita quotidiana attraverso l’amore e la carità. Non una santità astratta ma praticabile da tutti, combattendo ogni giorno contro le ingiustizie che abitano il mondo. È questa, del resto, la santità di don Tonino. Un’altra santità, come lui era un altro vescovo, che lottava per un altro mondo.

Forse, allora, la sfida di don Tonino è proprio qui, e la sua carica rivoluzionaria non è ancora perduta. La sua forza continua a ribaltare canoni e idoli, a far tremare vecchie e nuove gerarchie, facendo irrompere, dentro un mondo nelle mani di pochi, la voce dei tanti che si riprendono la storia.

Come scriveva in “Uno per uno fa sempre uno. Verso la Pasqua, casa della Trinità”, su suggerimento di don Vincenzo, un prete che lavorava fra gli zingari: “come le tre Persone divine, anche ogni persona umana è un essere per, un rapporto o, se è più chiaro, una realtà dialogica. Più che interessante, cioè, deve essere inter-essente”. Ma è il “vento della solidarietà” che fa rotolare i macigni dall’imboccatura dei sepolcri, oltre i muri e le trincee. “Coraggio”, diceva don Tonino. Non esistono isole, ma terreni da liberare. Insomma, don Tonino non è un'icona da incensare. Il suo è un messaggio da far vivere lottando.

© Riproduzione riservata

Autore: Giacomo Pisani
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