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Paola Natalicchio: Emiliano per motivi elettorali ha ingannato i molfettesi sulla sorte dell’ospedale
15 luglio 2019

Sull’ospedale di Molfetta, Paola Natalicchio, ex sindaco e consigliera comunale di opposizione di Sinistra Italiana, ha condotto una lunga battaglia per evitarne il declassamento. E’ stata anche una delle prime a non credere alle promesse del presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano. Oggi i fatti dicono che non è cambiato nulla, se non un lieve miglioramento, ma la sostanza resta che Molfetta è rimasto ospedale di base. Paola Natalicchio qual è la sua reazione a caldo sui fatti che stanno travolgendo l’ospedale di Molfetta? «Penso che come rappresentanti delle istituzioni di questa città non possiamo consentirci reazioni a caldo su una vicenda così delicata. Il mio sforzo in queste ore è proprio di raffreddare il carico emotivo, la reazione di pancia che tutti abbiamo avuto vedendo quelle immagini di funzionari pubblici di un settore delicato come quello della sanità intenti nell’eludere le regole sul posto di lavoro. Dobbiamo fare uno sforzo e provare a capire al meglio cosa sta accadendo e come possiamo continuare la difesa della sanità pubblica in città senza che questa vicenda, che riguarda una trentina di persone a fronte di 382 dipendenti dell’ospedale, travolga anni di lotte in difesa del diritto alla salute dei cittadini del territorio». Si spieghi meglio. «È semplice. L’ospedale è sotto tiro. Ci sono problemi da anni. Penso alla chiusura del punto nascita e del reparto di Pediatria. Ma devo dire che dal 2015 in poi la situazione è precipitata e i tagli sono stati feroci. La nuova giunta regionale, con il Piano di Riordino (direttamente collegato alla terribile Riforma Lorenzin, forse la peggiore delle Riforme del governo Renzi, il prodotto più doloroso in termini di conseguenze degli anni delle “larghe intese”), ha messo in ginocchio il nostro presidio. Da circa 100 posti letto siamo passati a poco più di 70. Da ospedale centrale nel sistema del Nord Barese siamo stati declassati a Ospedale di Base, con Corato promosso a Ospedale di I livello nonostante una posizione geografica ben più scomoda e meno strategica della nostra e con Bisceglie che, pur essendo classificato come Ospedale di Base in modo simile a Molfetta, è ben più attrezzato e potenziato. La reazione della città è stata forte in questi anni. È nato un Comitato Civico. E anche le forze politiche hanno mostrato maturità e si sono unite nella difesa del presidio, senza troppe distinzioni di parte. Abbiamo votato, a differenza che in passato, un Ordine del giorno all’unanimità che proponeva la difesa dei reparti esistenti e lo sblocco dei fondi per il nuovo Ospedale del Nord Barese, tra Molfetta e Bisceglie». E questo “fronte comune” ha ottenuto risultati positivi? «In parte sì. Nel senso che il sindaco, sostenuto da tutte le forze politiche in consiglio, ha agito una trattativa che ci fa uscire feriti e non morti dal Piano di Riordino. E per ora siamo Ospedale di Base, ma manteniamo la Cardiologia, l’Urologia, Oncologia e Medicina Interna a indirizzo nefrologico e l’ambulatorio di Pediatria (che si sposta, come richiesto anche dal personale, al distretto Socio-Sanitario, sul modello Bitonto, riparandosi così da eventuali nuove ondate di tagli, con pieno mantenimento del servizio). In più sono stati ottenuti 4 posti di Terapia Intensiva Post-Operatoria e questo assicura sicurezza sanitaria. Anche la realizzazione del nuovo blocco operatorio, che si era interrotta, dovrebbe sbloccarsi, a valle di un contenzioso in fase di risoluzione con la Ditta appaltatrice. La nostra battaglia collettiva di difesa del presidio ha consentito di evitare il peggio: la chiusura dell’Ospedale. Certo, se fossi il sindaco sarei adirata con le false promesse di Emiliano». Quali false promesse? «Emiliano aveva assicurato in campagna elettorale al sindaco Tommaso Minervini e ai cittadini di Molfetta che il nostro ospedale avrebbe avuto centralità nel sistema sanitario regionale e soprattutto nel quadrante del Nord Barese. Ha invece chiaramente e smaccatamente avvantaggiato Corato. Sul piano geografico, della raggiungibilità, dell’organico, dell’edilizia Molfetta non ha nulla da invidiare al presidio coratino. Anzi. Per un molfettese o per un giovinazzese, raggiungere Corato è cosa impervia. E’ evidente che i nostri riferimenti sanitari restano Bari San Paolo e, seppur in scala minore, Bisceglie. Mi chiedo: perché mesi e mesi di promesse alla cittadinanza? Per poi uscirne comunque con le ossa rotte? Il vicecapogruppo della formazione politica “NOI”, il dott. Nicola La Forgia si è esposto più e più volte in difesa del presidente Emiliano, promettendo che Molfetta sarebbe stata al centro delle scelte del governatore. Esponenti della giunta e della maggioranza del sindaco hanno millantato per mesi l’amicizia con la giunta Emiliano che ci avrebbe messi finalmente al sicuro. In buona fede, anche una figura come Felice Spaccavento, autore di un libro molto significativo sulla sanità, ha aperto una linea di credito col Presidente. Ma Emiliano cosa ha fatto di tutta questa fiducia? Molto poco. Anche in queste ore, sull’inchiesta della Guardia di Finanza legata all’assenteismo, il presidente Emiliano si rivela fortemente inadeguato nelle affermazioni. Con inferenze sinceramente assurde e imbarazzanti. Ma soprattutto ingiuste e irrispettose». “Il posto che meritano è la galera”, ha dichiarato il Governatore. “Li abbiamo fatti arrestare e siamo contenti”. E ancora: “C’è qualcuno dei nostri dipendenti che si lamenta del fatto che viene trasferito grazie al piano di riordino. Questi sono i dipendenti che vogliono i vecchi ospedali. Avete visto come si comportano”? Questi alcuni dei virgolettati del presidente che abbiamo letto nelle ore immediatamente successive agli arresti e allo scandalo. Come li commenta? «Prendo in prestito le parole di un medico che stimo molto della nostra città, Mino Lucivero, che è stato anche consigliere comunale con Guglielmo Minervini sindaco. Mino ha scritto: “Se il governatore Emiliano desidera emettere sentenze, perché non è rimasto in Magistratura?”. Detto questo, penso che la Guardia di Finanza abbia fatto un lavoro formidabile. Il ringraziamento più convinto va alla nostra comandante, Chiara Iale, peraltro in partenza da Molfetta, e a quella figura di grande valore che è Dario Zifarelli, in forza da molti anni alla nostra tenenza, con cui ogni collaborazione negli anni è stata veramente preziosa. Una risorsa formidabile per il territorio. Io non voglio essere fraintesa: sono e sarò sempre dalla parte della legalità e del rispetto delle regole. Sono sconcertata anch’io dalle immagini che ho visto, da questa storia delle assenze per andare a comprare il pesce o dei falsi permessi per andare a fare compere al Black Friday. Il tema è questo: la generalizzazione è gravissima. E parliamo di indagati. Che hanno diritto di chiarire la loro posizione in sede processuale. E comunque seguendo la giurisprudenza arriveranno le pene giuste per chi ha sbagliato. Ma, lo ripeto: le inferenze di Emiliano mi fanno saltare dalla sedia. Questa contentezza a cui fa riferimento è completamente fuori luogo. E il collegamento tra quanto accaduto e le scelte scellerate del suo Piano Ospedaliero è quanto di più sbagliato si possa fare. Ed è esattamente ciò che più temo». In che senso? «Ma come si permette il governatore di fare di tutta l’erba un fascio? È mai stato un minuto al fianco dei lavoratori e delle lavoratrici del nostro presidio? Ha mai visto i turni consecutivi dei medici del nostro pronto soccorso? Conosce l’emergenza di anestesisti e infermieri che abbiamo, ad esempio, con l’arrivo di ogni estate che impone ai nostri chirurghi, ma anche ai nostri infermieri l’assunzione di serissime responsabilità? Arrivo a chiedermi se è correttamente informato. Parla dei medici, che sono una minoranza assoluta del personale coinvolto nell’inchiesta. E li descrive come persone che non si vogliono trasferire per questioni di comodità. Presunti nemici del grande cambiamento del piano di riordino. Ma chi sarebbero questi medici? Discorsi da bar sport. Emiliano mente sapendo di mentire e cavalca un fatto drammatico e triste della storia della nostra città, con una baldanza del tutto fuori luogo. Il suo Piano di Riordino Ospedaliero resta un attacco senza precedenti alla sanità pubblica del nostro territorio. Non sono gli errori, se pur in alcuni casi gravissimi, di alcuni singoli dipendenti a dare ragione alle politiche sbagliate di questi anni in materia di sanità. Il presidente smetta di fare campagna elettorale sulla pelle dei lavoratori e delle lavoratrici oneste del nostro ospedale. E anche degli indagati, che hanno diritto a difendersi nel processo. E soprattutto, non si permetta di usare questa inchiesta come alibi per il declassamento del nostro ospedale, che resta una scelta politica di cui Emiliano deve assumersi la piena responsabilità». La politica intende reagire con una risposta pubblica a quanto accaduto? «Ho apprezzato l’immediata convocazione, da parte delle forze sindacali cittadine e, in particolare, della CGIL, di un coordinamento aperto in sala consiliare il prossimo 18 luglio. Parteciperò all’appuntamento, perché penso che la polvere non vada messa sotto il tappeto con spirito campanilista e che se ci sono gravi questioni che abbassano la qualità di un servizio pubblico delicato e fondamentale come quello ospedaliero queste questioni vanno affrontate. I dipendenti pubblici devono essere i primi, sempre, a dare il buon esempio. Nel settore della sanità soprattutto, perché sulla pelle dei malati non si scherza. C’è di mezzo la salute, spesso la vita delle persone. Spero che adesso scatti una reazione di orgoglio di tutti coloro i quali fanno l’ospedale ogni giorno e consentono a Molfetta, Giovinazzo, Terlizzi di avere un presidio di soccorso e cura. Mi aspetto anche parole pubbliche della direttrice dell’ospedale, Anna Mundo, con cui ho collaborato molto proficuamente negli anni della mia sindacatura. Sono certa che la direttrice saprà difendere e rilanciare la sua squadra. La riorganizzi al meglio, se necessario. Si è aperta una questione morale e certo ci aspettano mesi non semplici. Tutti avremmo preferito non ricevere queste notizie e non scoprire questa triste realtà. Ma si sa: fa più rumore un albero che cade che una foresta che cresce. Adesso bisogna rimboccarsi le maniche e rimettere in piedi la credibilità del “Don Tonino Bello”. Sono sicura che la direzione e i lavoratori, insieme, troveranno una via d’uscita. Io, nel mio piccolo, sarò sempre accanto chi tutela la sanità».

Autore: Felice de Sanctis
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