MOLFETTA – Otto condanne da 6 mesi a 15 anni di reclusione e 4 assoluzioni, sono state chieste dal Pm del Tribunale di Trani, Giuseppe Maralfa, nei confronti di 11 imputati nel corso del processo per l’operazione by-pass del 6 ottobre 2005 che portò all’arresto di 15 persone.
L’accusa è di associazione a delinquere finalizzata ad estorsioni, ricettazione e furti ai danni della Multiservizi, all’epoca presieduta dall’attuale assessore Michele Palmiotti (foto), 62 anni, eleltto nelle liste di Forza Italia e attuale assessore alle attività produttive della giunta di centrodestra presieduta dal sindaco sen. Antonio Azzollini, che, malgrado il rinvio a giudizio, lo nominò assessore al posto di Saverio Tammacco eletto alla Provincia. Nè lo stesso Palmiotti ha mai accennato all’ipotesi di sue dimissioni.
Per Palmiotti sono stati chiesti 6 mesi di reclusione per voto di scambio. L’assessore fu arrestato (insieme ad altre 15 persone) al rientro da un suo viaggio istituzionale in Australia. L'ordine di arresto fu disposto dal Gip di Trani, dott. Michele Nardi, su richiesta dello stesso Maralfa. L'accusa era di "favoreggiamento personale aggravato" nei confronti di Saverio Piccininni, soprannominato "Settpont", uno dei capi dell'organizzazione criminale. Sarebbe stato lo stesso Piccininni a portare sulla pista giusta gli inquirenti con le sue dichiarazioni.
Per Piccininni, 48 anni, noto alle forze dell’ordine è stata chiesta la pena di 7 anni e 6 mesi di reclusione, mentre per Michele La Forgia, 61 anni, è stata chiesta la pena più alta: 15 anni di reclusione (9 anni e 3mila euro di multa per associazione a delinquere ed estorsione e 6 anni e 16mila euro di multa per sfruttamento della prostituzione). Per Angela Altizio, 55 anni, moglie di Michele La Forgia e per Domenico La Forgia, 38 anni, figlio di Michele, sono stati chiesti 3 anni e 6 mesi di reclusione.
Queste le condanne chieste per gli altri imputati: Michele Castriota di 58 anni, 4 anni di reclusione; Ambrogio Ayroldi di 33 anni, 8 mesi; Giovanbattista De Gennaro di 35 anni, 3 anni e 8 mesi.
Per gli altri 4 imputati Antonio Di Natale di 35 anni, Massimo Iannelli di 29 anni, Antonio Magarelli di 32 anni e Sergio De Pinto di 35 anni, è stata chiesta l’assoluzione, l’ultimo per prescrizione.
L’inchiesta lambì anche presunti rapporti e collusioni tra politici e malavitosi, anche per la partecipazione di alcuni politici al funerale del padre di un boss locale, coinvolto nell’operazione antidroga “Reset-bancomat”.
L’ipotesi di favoreggiamento di Palmiotti verso Piccininni per dichiarazioni che avrebbero eluso le indagini sulla ricettazione di un furgone della Multiservizi e la relativa restituzione del veicolo venne meno per la successiva ritrattazione dello stesso assessore. Alla fine è rimasta l’accusa di voto di scambio.
La vicenda aveva come punto di partenza quella che sembrava una normale carrozzeria che serviva come base logistica di un'organizzazione criminale dedita all'estorsione dai proprietari degli automezzi ai quali veniva promessa la restituzione della vettura o del camion, in cambio di denaro (cosiddetto "cavallo di ritorno”).
Era una vera e propria banda quella che agiva a Molfetta e nel nord barese ed era riuscita a far cadere nella sua trappola anche la "Multiservizi Spa", società a partecipazione comunale, che avrebbe pagato un "pizzo" di 800 euro senza denunciare l'estorsione.
A capo dell'organizzazione c'era un detenuto in semilibertà, Saverio Piccininni di 41 anni, che aveva come braccio destro Michele Laforgia di 54 anni. Furono arrestati anche altri componenti della “banda”: Giuseppe Cuocci, 49 anni; Giuseppe Pati, 30 anni; Massimo Iannelli, 22 anni e Antonio Magarelli, 25 anni, tutti di Molfetta.
L’operazione fu denominata "by pass" frase che - come è risultato spesso dalle intercettazioni telefoniche - era ripetuta dallo stesso Laforgia, mente della banda, il quale riferiva sempre di avere alcuni by-pass che gli impedivano di irritarsi, per cui "era opportuno" per motivi di... salute, evitargli "incazzature" per qualcosa che andava storto. Insomma, una cardiopatia da rispettare.
Furono accertate estorsioni nei confronti di otto imprenditori edili, proprietari di cantieri a Molfetta, e circa 20 episodi di "cavalli di ritorno". Dalle indagini emersero anche numerosi casi di furti e ricettazione di autovetture, mezzi e attrezzature da lavoro. La merce di provenienza furtiva, non destinata al "cavallo di ritorno", veniva consegnata alla carrozzeria di Laforgia che fungeva, come detto, da base operativa dell’organizzazione. Le prime voci sul coinvolgimento della "Multiservizi" nella vicenda avevano ipotizzato il pagamento di un "pizzo" di 800 euro da parte della società a partecipazione pubblica per ottenere la restituzione di un automezzo rubato.
Ma l'aspetto più inquietante della vicenda riguarderebbe il presunto "voto di scambio" che, secondo l’accusa, sarebbe stato posto in essere da Palmiotti attraverso la promessa di un posto di lavoro per la moglie di Piccininni, in "cambio" di voti elettorali. Palmiotti ha sempre negato.
Pesanti le considerazioni dell'ordinanza del Gip Nardi nei confronti di Palmiotti, al quale furono concessi gli arresti domiciliari: "la condotta dell'indagato compromette l'immagine dell'istituzione e innesca un ingiustificato ma inevitabile senso collettivo di sfiducia in una intera classe politica.
Ritenendo di fatto impensabile che un uomo delle istituzioni possa mentire ai carabinieri per coprire le responsabilità di un criminale pluripregiudicato in relazione a un tentativo di estorsione".
Ma Palmiotti rimase e rimane in carica difeso dal sindaco Azzollini. Una circostanza sulla quale, alla luce anche di quello che sta avvenendo a livello nazionale, i cittadini esprimono forti perplessità perché la questione morale deve essere sempre prioritaria, ma di questo la giunta di centrodestra non vuol sentire parlare.
La prossima udienza del processo si terrà il 20 giugno quando sarà data la parola alla difesa degli imputati.
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