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Omicidio Bufi, è morto Domenico Bindi: stop ai processi, verità sepolta per sempre
28 dicembre 2012

MOLFETTA - È morto a 65 anni Domenico Bindi, che fu imputato e poi assolto per l’omicidio della 23enne Annamaria Bufi (foto), la sua giovane amante il cui corpo era stato trovato senza vita sulla SS 16bis nella notte tra il 3 e il 4 febbraio 1992 (carponi sullo svincolo Molfetta - zona industriale, direzione nord). Bindi è morto in una struttura oncologica di Castellana perché alcuni mesi fa gli era stato diagnosticato un cancro, ma non si prevedeva una morte così repentina.

Riaperte le indagini nel 2000 da parte del PM dott. Francesco Bretone, Bindi era stato arrestato nell’ottobre 2001 su ordinanza del Gip di Trani dott. Michele Nardi, ma aveva lasciato il carcere per essere trasferito in ospedale per le sue precarie condizioni di salute. Fu assolto dalla Corte di Assise di Trani il 24 luglio 2007, decisione poi confermata dalla Corte d’Assise d’Appello dopo l’impugnazione (25 settembre 2009) della sentenza.

Ad aprile 2011 la Cassazione annullò la sentenza del 2007, rinviando gli atti ad altro collegio della Corte barese, indicando gli ambiti su cui rifare il processo di secondo grado che ha anche avuto difficoltà a decollare per problemi procedurali.

Il processo bis per omicidio volontario era ormai alle battute finali: infatti, il prossimo 14 febbraio 2013 la parola sarebbe passata al PM per la requisitoria davanti la Corte d’Assise d’Appello. La morte di Bindi interromperà il processo perché il reato si è «estinto per la morte del reo»: così si conclude un’annosa e intricata vicenda giudiziaria, ricca di sospetti e veleni, che ha visto coinvolti magistrati, carabinieri, avvocati e giornalisti.

Nessuno potrà ora chiarire la verità di quell’omicidio (per il quale Bindi si è sempre dichiarato innocente), né tantomeno consegnare alla famiglia Bufi (assistita dall’avv. Bepi Maralfa) quella verità per cui si è battuta in questi 20 anni.

Intanto, è ancora in corso uno dei processi paralleli a quello per omicidio davanti al giudice monocratico del Tribunale di Trani, dott. Lorenzo Gadaleta, per le sorelle Teresa e Anna Andriani e la cugina Teresa Cafagna, tutte molfettesi accusate di favoreggiamento. Per l’accusa, il PM Fabio Buquicchio, avrebbero favorito Bindi per eludere le indagini a suo carico, rendendo alla Polizia Giudiziaria dichiarazioni fuorvianti.

 

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La morte del reo (Bindi) estingue il reato, ed il processo (diciamo così) si chiude. Bindi era imputato di omicidio e quindi la sua morte estingue il reato di omicidio. Ma di processi paralleli alla morte di Annamaria Bufi ne esistono altri due. Quello a carico del perito del Tribunale, Tricarico Maria, che secondo i giudici di primo e secondo grado fu colpevole del reato di falsa perizia, per avere omesso di trascrivere la frase (che integrava la confessione del delitto da parte di Bindi) << cosa ho fatto cosa ho fatto , ho ucciso Annamaria >> , incriminazione valsa alla perita la condanna alla pena di anni uno di reclusione ed anni 5 di interdizione dai pubblici uffici. Ma vi è di più. Il prossimo 13 febbraio 2013 sarà letta la sentenza di un altro processo collegato all'omicidio di Annamaria. Quello che vede alla sbarra tre donne molfettesi le quali, secondo l'accusa, aiutarono Bindi a farla franca per venti lunghi anni. La prima, secondo gli atti del processo, corse in aiuto di Bindi dopo il delitto e si trovò dinanzi al cadavere nella povera Annamaria riverso per terra. La seconda e la terza negarono di sapere che l'arma utilizzata dall'assassino per il delitto era una mazza da baseball poi occultata. Esse rispondono del reato di favoreggiamento in omicidio. Nel corso dell'ultima udienza è emerso un CD contenente un racconto fatto ad una ragazza da parte di una delle tre imputate suddette, CD attraverso il quale sembrerebbe che possa finalmente ricostruirsi tutta la verità sull'orrendo crimine: chi uccise Annamaria; chi intervenne subito dopo il delitto e vide il cadavere della Bufi riverso per terra; quale arma fu usata per commettere il crimine; quali erano i retroscena del delitto e quali le verità "scomode" che fanno da antefatto all'orrenda vicenda omicidiaria. Questo CD è venuto fuori qualche giorno prima della "improvvisa" morte di BINDI. Ma nessuno potrà impedire che, attraverso la trascrizione del contenuto di questo CD (operazione che il Tribunale ha già disposto), vengano fuori la verità processuale e le verità "scomode" e che il Tribunale scriva in una sentenza quale fu la dinamica del delitto e quali i retroscena di esso. Bepi Maralfa, legale della famiglia della ragazza uccisa.


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