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Nuovi riconoscimenti per Il segreto di Chelidonia di Gianni Palumbo
15 dicembre 2014

Scrittore e uomo di grande talento. Misto di sensibilità e profonda cultura. Ha conseguito il Dottorato di ricerca in Italianistica presso l’Università di Messina ed è stato assegnista presso l’Università di Bari. Docente di materie letterarie, è autore di contributi scientifici su scrittori e tematiche dell’Umanesimo- Rinascimento. È redattore della rivista letteraria La Vallisa e delle testate Quindici e Luce e vita. Immerso nella realtà contemporanea tra contraddizioni e luoghi comuni, è permeato da una umanità sentita e vissuta che si mescola con la sua narrazione che spazia dalla cultura ancestrale a quella greca e romana. Con la sua «semplicità di approccio all’umano», come ha spiegato il preside Damiano D’Elia, trasmette al lettore «la meraviglia della sua manifestazione interiore», espressione intrinseca che si libera sempre in tutti gli uomini, accomunandoli. Si tratta di Gianni Antonio Palumbo che ha presentato presso l’Auditorium S. Domenico a Molfetta, la sua ultima fatica (serata organizzata dal “Centro Culturale Auditorium” di San Domenico e dalla libreria “Il Ghigno”). Dopo il grande successo del dramma “Chi ha paura delle ombre?” che gli ha fatto conquistare nel 2013 il primo posto nella sezione “Testi teatrali” del “Premio Letterario Osservatorio” (indetto dal Teatro Osservatorio di Bari), il nostro redattore ha voluto stupire nuovamente il suo pubblico con “Il Segreto di Chelidonia e altre novelle” (Secop Edizioni, pp. 216). Mescolando atmosfere della letteratura dell’età classica o rinascimentale con quelle del mondo di oggi in un unico scritto, Palumbo si destreggia magistralmente attraverso un sviluppo narrativo arduo che vede l’intrecciarsi di stili e contesti storici variegati non solo nel medesimo testo ma anche all’interno della stessa raccolta. Creatività, linguaggi differenti, fiaba, sogno e ironia si concentrano in quello che appare quasi come un mosaico variegato e ricco di umanità fascinosa, un’incantevole descrizione alla scoperta della vita che solo un letterato del suo calibro può rappresentare in maniera così reale, tangibile. L’autore raccoglie in questa sua ultima produzione diciassette novelle, numero definito dall’oratrice Marisa Carabellese, indubbiamente scaramantico. Nel primo dei racconti, il più lungo e per tale ragione quasi paragonabile ad un romanzo breve, si avverte maggiormente l’azzardo ben riuscito del fronteggiarsi ed alternarsi di piani narrativi e temporali non paralleli. Difatti l’autore racconta le peripezie del protagonista, Michelangelo Poli, affannato nell’intento di trovare una cura per la sua bimba malata. In parallelo Palumbo narra, realizzando un salto temporale che trasporta il lettore nel Cinquecento, di un cavaliere intrepido impegnato a salvare la vita della sua amata cortigiana. Entrambi sono accomunati dalla spasmodica ricerca del caradrio, un uccello bianco di cui un testo cinquecentesco di Giovan Battista della Porta vagheggiava l’esistenza. L’animale, secondo la mitologia, sarebbe stato in grado di risucchiare e portare con sé il male che affligge le persone pure, soltanto incrociandone lo sguardo. Da Bari, dove risiede con la moglie Elsa e la figlia Eleonora, a Brindisi sino ad arrivare a Parigi. Ben presto, però le loro ricerche condurranno in quel di Subiaco, dove vive, custodendo il segreto del caradrio, la giovane Chelidonia. Caratterizzata da una scrittura colta ma senza forzature, in questa prima novella il vero protagonista, come ha sottolineato la Carabellese, è l’amore con tutte le sue sfumature. Un amore appassionato e generoso che rinuncia al piacere personale e rende possibile ciò che a prima vista appare impossibile. Proseguendo, tutta la sezione centrale del volume racchiude racconti brevi e ben definiti sia storicamente che dal punto di vista letterario. Un tono maggiormente ironico si assapora invece nei racconti totalmente contemporanei, presenti nella raccolta. Al termine della serata il pubblico è stato deliziato dalla eccellente drammatizzazione da parte degli attori del “Collettivo Gianni Antonio Palumbo” con alcuni testi tratti dalla silloge: “Parola di Barabba” interpretazione a cura di Antonio Annese, “La sposa nel tiglio” parafrasata da Tania Adesso e “Angelica e Rinaldo alla fontana” a cura di Michela Annese, Luigi Giuseppe Baronchelli e Giovanni Ragno. Chapeau ad un uomo di cultura a tutto tondo che, come ha ricordato D’Elia, «con la sua profonda ed essenziale umanità, tira fuori dal provincialismo la storia e la cultura della sua città» attraverso le dediche letterarie sgorganti dal grande radicamento al territorio e dalla grande fierezza di appartenervi.

Autore: Angelica Vecchio
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