“Aria di Molfetta”, quando il mare diventa memoria
Felice de Trizio, Vittoria Pisani e Sabino Annese
MOLFETTA - C’è un’aria antica che soffia sul palco di “Arie de Mlfette”, uno spettacolo del poliedrico Felice de Trizio che affonda le sue radici nella storia e nelle leggende di una città di mare, trasformando il racconto in un viaggio collettivo tra memoria e immaginazione.
A realizzare questo spettacolo dagli sketch sul venditore di aria di Molfetta, che ricorda il Totò che vendeva la Fontana di Trevi, alle canzoni popolari note e meno note, è stata l’Associazione ArTeatro con protagonisti lo stesso Felice de Trizio insieme a Vittoria Pisani e Sabino Annese in una serata, organizzata dall’Aneb e dal suo presidente Michele Laudadio al teatro della chiesa di s. Pio X.
Il mare è il grande protagonista: confine, minaccia e promessa. Attraverso una narrazione che alterna realtà storica e tradizione orale, lo spettacolo rievoca le incursioni saracene che segnarono profondamente la vita della città, fino agli attacchi che colpirono anche un convento di monache di clausura, episodio emblematico di un passato fatto di paura ma anche di resistenza silenziosa.
“Re pèiete de re menècèdde” (le pietre delle monacelle, giovani suore di clausura) è tratto da “Una leggenda molfettese” di Gerardo de Marco e racconta, con l’aiuto di immagini della città vecchia, la storia di queste ragazze rinchiuse in un convento all’ingresso del porto, poi invaso dai saraceni e successivamente distrutto e ingoiato dal mare con le sue narrazioni tra favola e un pizzico di realtà difficile da dimostrare, ma che ne fa accrescere il mito.
La forza di Aria di Molfetta sta nella capacità di intrecciare la dimensione storica con quella leggendaria, senza mai appesantire il racconto. Le voci che emergono sono quelle del popolo, dei marinai, delle donne e delle religiose, figure che restituiscono un’immagine corale della città, sospesa tra il fragore delle onde e il raccoglimento della preghiera.
La scena si fa spazio evocativo più che ricostruzione realistica: pochi elementi bastano a suggerire il vento, il sale, l’odore del mare e la tensione di un tempo in cui l’orizzonte poteva improvvisamente trasformarsi in minaccia. È in questo equilibrio tra parola, atmosfera e memoria che lo spettacolo trova la sua cifra più convincente.
Aria di Molfetta non è soltanto un racconto del passato, ma un invito ad ascoltare le storie che ancora abitano i luoghi. Un lavoro di ricerca, fra testi tradizione orale, che restituisce al teatro la sua funzione più autentica: custodire e trasmettere l’identità di una comunità, trasformando la storia in emozione condivisa.
© Riproduzione riservata